LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo
LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo
di
ALLAN KARDEC
Autore de Il libro degli Spiriti
La Dottrina Spiritista è il risultato dell'insegnamento collettivo e concorde degli Spiriti.
La scienza e chiamata a costituire la Genesi secondo le leggi della natura.
Dio prova la Sua grandezza e il Suo potere attraverso l'immutabilità delle Sue leggi e non attraverso l'annullamento di esse.
Per Dio, il passato e il futuro sono il presente.
ALLA PRIMA EDIZIONE PUBBLICATA NEL GENNAIO DEL 1868
Questa nuova opera è un passo in avanti nelle conseguenze e nelle applicazioni dello Spiritismo. Come indica il titolo, essa ha per oggetto lo studio di tre argomenti fino a oggi diversamente interpretati e commentati: la Genesi, i miracoli e le predizioni, nei loro rapporti con le nuove leggi, che derivano dall'osservazione di fenomeni spiritisti.
Due elementi o, se si vuole, due forze reggono l'universo: l'elemento spirituale e l'elemento materiale. Dall'azione simultanea di questi due principi, nascono dei fenomeni speciali, che diventano naturalmente inesplicabili se si separano l'uno dall'altro, esattamente come la formazione dell'acqua sarebbe inspiegabile se si facesse astrazione di uno dei suoi due elementi costitutivi: l'ossigeno o l'idrogeno.
Lo Spiritismo, dimostrando l'esistenza del mondo spirituale e i suoi rapporti con il mondo materiale, ci fornisce la chiave di un'immensità di fenomeni incompresi e considerati, anche in virtù di questa circostanza, inammissibili da parte di una certa classe di pensatori. Questi fenomeni abbondano nelle Scritture, ed è per il fatto di non conoscere la legge che li regge che i commentatori dei due settori opposti, girando senza tregua dentro il medesimo cerchio di idee — facendo astrazione gli uni dei dati positivi della scienza, gli altri del principio spirituale — non sono riusciti a raggiungere una soluzione razionale.
Questa soluzione si trova nell'azione reciproca dello Spirito e della materia. Essa toglie, è vero, alla maggior parte di questi fatti il loro carattere soprannaturale; ma che cosa conta di più: ammetterli come derivanti dalle leggi della natura oppure respingerli del tutto? Il loro rifiuto assoluto implica anche quello della base dell'edificio, mentre la loro ammissione a questo titolo, non sopprimendo che i fatti accessori, lascia questa base intatta. Ecco perché lo Spiritismo porta tanta gente a credere in quelle verità che prima considerava utopie.
Quest'opera è dunque, come abbiamo detto, un complemento delle applicazioni dello Spiritismo da un punto di vista speciale. Pur essendo il materiale pronto, o almeno elaborato da lungo tempo, tuttavia il momento di pubblicarlo non era ancora giunto. Occorreva innanzi tutto che le idee, che avrebbero dovuto costituirne la base, fossero arrivate a maturazione, e occorreva, inoltre, tener conto dell'opportunità delle circostanze. Lo Spiritismo non ha né misteri né teorie segrete; tutto in esso deve essere detto palesemente, affinché ciascuno possa giudicarlo con cognizione di causa. Ma ogni cosa deve venire a suo tempo, per venire con sicurezza. Una soluzione data alla leggera, prima della delucidazione completa della questione, sarebbe causa di ritardo, piuttosto che di avanzamento. Nella questione di cui qui si tratta, l'importanza dell'argomento ci obbligava a evitare ogni precipitazione.
Prima di entrare in argomento, ci è parso necessario definire nettamente il rispettivo ruolo degli Spiriti e degli uomini nell'elaborazione della nuova dottrina. Queste' considerazioni preliminari, che escludono ogni idea di misticismo, costituiscono l'oggetto del primo capitolo, intitolato: Caratteri della rivelazione spiritista. Noi raccomandiamo su questo punto una seria attenzione, perché qui, in qualche modo, sta il nodo della questione.
Nonostante la parte che compete all'attività umana nell'elaborazione di questa dottrina, l'iniziativa appartiene agli Spiriti, ma non è costituita dall'opinione personale di nessuno di essi. Essa non è — né potrebbe essere altrimenti — che la risultante del loro insegnamento collettivo e concordante. A questa sola condizione, essa può dirsi la dottrina degli Spiriti, altrimenti non sarebbe che la dottrina di uno Spirito e non avrebbe che il valore di un'opinione personale.
Generalità e concordanza nell'insegnamento, tale è il carattere essenziale della dottrina, tale la condizione stessa della sua esistenza. Ne risulta così che ogni principio che non abbia ricevuto la consacrazione del controllo della generalità non può essere considerato come parte integrante di questa dottrina stessa, ma come una semplice opinione isolata di cui lo Spiritismo non può assumersi la responsabilità.
È questa concordante collettività dell'opinione degli Spiriti, passata inoltre attraverso il criterio della logica, che crea la forza della Dottrina Spiritista e ne assicura la perpetuità. Perché essa cambiasse, bisognerebbe che cambiasse opinione l'universalità degli Spiriti, e che essi venissero un giorno a sostenere il contrario di ciò che finora hanno sostenuto. Poiché essa ha la sua fonte nell'insegnamento degli Spiriti, perché soccombesse bisognerebbe che gli Spiriti cessassero di esistere. È proprio questo che farà sì ch'essa prevalga sempre sui sistemi personali, le cui radici non si trovano dappertutto, come invece avviene nella Dottrina Spiritista.
Il libro degli Spiriti ha visto consolidarsi la sua attendibilità solo perché è l'espressione di un pensiero collettivo generale. Nel mese di aprile del 1867 ha visto compiersi il suo primo periodo decennale. In questo periodo, i principi fondamentali, di cui esso ha posto le basi, sono stati successivamente completati e sviluppati, grazie all'insegnamento progressivo degli Spiriti, ma nessuno di tali principi ha mai ricevuto alcuna smentita dall'esperienza: tutti, senza eccezione, sono rimasti in piedi, più vivaci che mai; invece, di tutte le idee contraddittorie che si è tentato di opporvi, nessuna ha prevalso, esattamente perché da ogni parte veniva insegnato l'opposto. È questo un risultato caratteristico che ci sentiamo di proclamare senza vanità, poiché non ce ne siamo mai attribuiti il merito.
Avendoci i medesimi scrupoli guidato nella redazione di altre nostre opere, abbiamo potuto dichiararle, in tutta verità, secondo lo Spiritismo, poiché eravamo certi della loro conformità all'insegnamento generale degli Spiriti. La medesima cosa accade con quest'opera che, per motivi simili, possiamo considerare come complemento delle precedenti, a eccezione tuttavia di alcune teorie ancora in fase ipotetica. Abbiamo, però, avuto cura di indicarle come tali, precisando che devono essere considerate soltanto come opinioni personali, fino a quando non saranno confermate o smentite. E ciò per non farne pesare la responsabilità sulla dottrina.
Del resto, i lettori assidui della Rivista Spiritista avranno già avuto modo di notare, in forma d'abbozzo, la maggior parte delle idee che vengono sviluppate in quest'ultima opera, come abbiamo fatto per le precedenti. Spesso la Rivista Spiritista è per noi un terreno di prova destinato a sondare l'opinione degli uomini e degli Spiriti su alcuni principi, prima di inserirli nella dottrina come parti costitutive.
La Genesi
Capitolo I - CARATTERE DELLA RIVELAZIONE SPIRITISTA
Rivelare, dal latino revelare, la cui radice è velum, velo, letteralmente significa uscire da sotto il velo; figuratamente, quindi, significa: scoprire, far conoscere una cosa segreta o sconosciuta. Nella sua accezione comune più' generale, si dice di ogni cosa ignota che venga divulgata, di ogni idea nuova che metta sulla strada di' ciò che non si sapeva.
Da questo punto di vista, tutte le scienze che ci fanno conoscere i misteri della natura sono delle rivelazioni, e si può dire che per noi la rivelazione è incessante. L'astronomia ci ha rivelato il mondo astrale che noi non conoscevamo; la geologia, la formazione della Terra; la chimica, la legge delle affinità; la fisiologia, le funzioni dell'organismo ecc. Copernico, Galileo, Newton, Laplace, Lavoisier sono dei rivelatori.
Ma che cosa sono questi uomini di genio? Perché sono uomini di genio? Da dove vengono? Che cosa diventano? Notiamo che la maggior parte di essi porta in sé, nascendo, delle facoltà trascendenti e delle conoscenze innate, per cui basta un po' di lavoro perché si sviluppino. Essi appartengono realmente all'umanità, poiché nascono, vivono e muoiono proprio come noi. Dove, allora, hanno attinto queste conoscenze visto che non hanno potuto acquisirle durante la loro vita? Si dirà, come dicono i materialisti, che il caso ha dato loro materia cerebrale in maggiore quantità e di migliore qualità? In tal caso, essi non avrebbero più merito di un legume che fosse più grosso e più saporito di un altro.
Si dirà, come dicono certi spiritualisti, che Dio li ha dotati di un'anima privilegiata rispetto a quella della maggior parte degli uomini? Supposizione altrettanto illogica, poiché così si taccerebbe Dio di parzialità. La sola soluzione razionale di questo problema sta nella preesistenza dell'anima e nella pluralità delle esistenze. L'uomo di genio è uno Spirito che ha vissuto per un tempo più lungo; che, di conseguenza, ha acquisito e progredito più di quelli che sono meno avanzati. Incarnandosi egli porta con sé ciò che sa e, siccome sa molto più degli altri senza aver bisogno di apprendere, è lui quello che è detto un uomo di genio. Ma ciò ch'egli sa non è nemmeno il frutto di un lavoro anteriore né il risultato di un privilegio. Prima di rinascere, egli era dunque uno Spirito avanzato; egli si reincarna sia per far sì che gli altri approfittino di ciò ch'egli sa, sia per acquisire lui stesso altre conoscenze.
Gli uomini, indubbiamente, progrediscono da sé stessi e con gli sforzi della loro intelligenza; ma, lasciati in balia delle loro stesse forze, questo progresso è molto lento, se non sono aiutati da uomini più avanzati, come lo scolaro lo è dai suoi insegnanti. Tutti i popoli hanno avuto i loro uomini di genio, che sono venuti in diverse epoche a dare loro un 'impulso e a sottrarli alla inerzia.
Se Dio fa nascere dei rivelatori per le verità scientifiche, Egli può, a maggior ragione, farne nascere per le verità morali, che sono tra gli elementi essenziali del progresso. Sono, questi, i filosofi, le cui idee hanno attraversato i secoli.
Disgraziatamente, le religioni sono state, in ogni tempo, strumenti di dominazione. Il ruolo di profeta ha sempre tentato le ambizioni secondarie degli uomini; si è vista così nascere un'infinità di pretesi rivelatori o messia i quali, avvalendosi del prestigio di questo nome, hanno sfruttato la credulità degli uomini, a vantaggio del loro orgoglio personale, della loro cupidigia o della loro pigrizia, trovando più comodo vivere a spese delle loro vittime. Anche la religione cristiana non è stata al riparo da questi parassiti. Su questo argomento, richiamiamo una seria attenzione sul capitolo XXI de Il Vangelo secondo lo Spiritismo, intitolato “Ci saranno falsi cristi e falsi profeti”.
Queste specie di comunicazioni non presentano niente di strano per chiunque conosca i fenomeni spiritisti e sappia in che modo si stabiliscano i rapporti tra gli incarnati e i disincarnati. Le istruzioni possono essere trasmesse in diversi modi: attraverso l'ispirazione pura e semplice, attraverso l'ascolto della parola, attraverso la visione degli Spiriti istruttori nelle apparizioni, sia in sogno sia nello stato di veglia, come se ne vedono parecchi esempi nella Bibbia, nel Vangelo e nei libri sacri presso tutti i popoli. È dunque rigorosamente esatto dire che, per la maggior parte, i rivelatori sono medium ispirati, auditivi o veggenti; da ciò non deriva, però, che tutti i medium siano dei rivelatori né, ancor meno, che lo siano gli intermediari diretti della Divinità o di Suoi messaggeri.
Possono dunque esservi delle rivelazioni serie e vere, come ve ne sono di apocrife e di menzognere. Il carattere essenziale della rivelazione divina è quello dell'eterna verità. Ogni rivelazione intaccata dall'errore o soggetta a cambiamento non può provenire da Dio. È così che la legge del Decalogo ha tutti i caratteri della sua origine, mentre le altre leggi mosaiche, essenzialmente transitorie, spesso in contraddizione con la legge del Sinai, sono l'opera personale e politica del legislatore ebreo. Essendosi i costumi del popolo mitigati, quelle leggi sono, da sé stesse, cadute in disuso, mentre il Decalogo è rimasto saldo ed eretto, come il faro dell'umanità. Il Cristo ne ha fatto la base del Suo edificio, mentre ha abolito le altre leggi. Se queste fossero state opera di Dio, Egli si sarebbe guardato bene dal toccarle. Cristo e Mosè sono i due grandi rivelatori che hanno cambiato la faccia del mondo, ed è qui la prova della loro missione divina. Un'opera puramente umana non avrebbe un simile potere.
La rivelazione spiritista partecipa infine della rivelazione scientifica in quanto la dottrina non è stata dettata tutta d'un colpo, di sana pianta, né imposta alla fede cieca; in quanto essa è dedotta, attraverso il lavoro dell'uomo, dall'osservazione dei fatti che gli Spiriti mettono sotto i suoi occhi, e dagli insegnamenti che gli vengono impartiti, insegnamenti ch'egli studia, commenta, confronta e di cui egli stesso trae le conseguenze e le applicazioni. In una parola, ciò che caratterizza la rivelazione spiritista è il fatto che la sua sorgente è divina, che l'iniziativa appartiene agli Spiriti e che la sua elaborazione è frutto del lavoro dell'uomo.
Lo Spiritismo, avendo per oggetto lo studio di uno dei due elementi costitutivi dell'universo, tocca necessariamente la maggior parte delle scienze. Esso, perciò, non poteva venire che dopo la loro elaborazione, ed è nato, per forza di cose, dall'impossibilità di poter spiegare tutto con l'aiuto delle sole leggi della materia.
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[1] Il termine elemento non è usato qui nel senso di corpo semplice, elementare, di molecole primitive, ma in quello di parte costituente di un tutto. In questo senso, si può dire che l'elemento spirituale ha una parte attiva nell'economia dell'universo, così come si dice che l'elemento civile e l'elemento militare Figurano nelnumero totale di una popolazione; che l'elemento religioso rientra nell'educazione; che in Algeria c'è l'elemento arabo e l'elemento europeo.
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Lo stesso discorso vale per lo Spiritismo riguardo alla magia e ala stregoneria. Anche queste si basavano sulla manifestazione degli Spiriti, come l'astrologia sul movimento degli astri. Ma, nell'ignoranza delle leggi che reggono il mondo spirituale, esse mescolavano, a questi rapporti, pratiche e credenze ridicole, di cui lo Spiritismo moderno, frutto dell'esperienza e dell'osservazione, ha fatto giustizia. Sicuramente, la distanza che separa lo Spiritismo dalla magia e dalla stregoneria è maggiore di quella che esiste tra l'astronomia e l'astrologia, la chimica e l'alchimia. Volerle confondere è provare che non se ne capisce nulla.
È dunque con ragione che lo Spiritismo è considerato come la terza delle grandi rivelazioni. Vediamo in che cosa queste rivelazioni differiscono, e attraverso quale legame si collegano l'una all'altra.
Questa rivelazione dei veri attributi della Divinità, unita a quella dell'immortalità dell'anima e della vita futura, modificava profondamente i mutui rapporti degli uomini, imponeva loro nuovi obblighi, faceva loro giudicare la vita presente sotto un'altra luce; essa doveva, per ciò stesso, influire sui costumi e sulle relazioni sociali. È incontestabilmente questo, a causa delle sue conseguenze, il punto più importante della rivelazione del Cristo, e la cui importanza non è stata abbastanza compresa. Questo è anche — dispiace dirlo — il punto da cui ci si è maggiormente allontanati; ed è anche il punto che è stato più disconosciuto nell'interpretazione dei suoi insegnamenti.
Se il Cristo non ha detto tutto quello che avrebbe potuto dire, è perché egli ha creduto di dover lasciare certe verità nell'ombra, fino a quando gli uomini non si fossero trovati in condizione di comprenderle. Per sua stessa ammissione, il suo insegnamento era dunque incompleto, dal momento che annuncia la venuta di colui che deve completarlo. Egli prevedeva dunque che ci saremmo ingannati sulle sue parole, che ci saremmo discostati dal suo insegnamento. In una parola, prevedeva che si sarebbe disfatto ciò ch'egli aveva fatto, poiché ogni cosa deve essere ristabilita. Orbene, non si ristabilisce che quanto è stato disfatto.
Chi osa farlo? Innanzi tutto la scienza, che non chiede il permesso a nessuno per far conoscere le leggi della natura e salta a piè pari sugli errori e sui pregiudizi. Chi ha questo diritto? In questo secolo di emancipazione intellettuale e di libertà di coscienza, il diritto di esame appartiene a tutti, e le Sacre Scritture non sono più l'arca santa che nessuno osava toccare neppure con la punta delle dita, senza temere di rimanere folgorato. Riguardo ai lumi speciali necessari, senza contestare quelli dei teologi — per quanto illuminati fossero quelli del Medioevo e, in particolare, i Padri della Chiesa — essi, tuttavia, non lo erano ancora abbastanza per rifiutarsi di condannare, come eresia, il movimento della Terra e la teoria degli antipodi. Ma, senza riandare così indietro, i teologi dei giorni nostri non hanno forse lanciato l'anatema contro i periodi di formazione della Terra?
Gli uomini non hanno potuto spiegare le Sacre Scritture che con l'aiuto di ciò che sapevano, delle nozioni false o incomplete che avevano sulle leggi della natura, più tardi rivelate dalla scienza: ecco perché i teologi stessi hanno potuto ingannarsi, in perfetta buona fede, sul senso di certe parole e di certi fatti del Vangelo. Volendo a tutti i costi trovarvi la conferma di un pensiero preconcetto, essi continuavano a girare sempre nel medesimo circolo, senza abbandonare il loro punto di vista, di modo che non vi vedevano che quanto volevano vedervi. Benché dotti, quei teologi non potevano comprendere le cause dipendenti da leggi ch'essi non conoscevano.
Ma chi sarà giudice delle interpretazioni diverse e spesso contraddittorie, date al di fuori della teologia? L'avvenire, la logica e il buon senso. Gli uomini, sempre più illuminati nella misura in cui nuovi fatti e nuove leggi verranno a rivelarsi, sapranno separare dalla realtà i sistemi utopici. Ora, la scienza fa conoscere certe leggi, lo Spiritismo ne fa conoscere altre. Le une e le altre sono indispensabili per la comprensione dei testi sacri di tutte le religioni, da Confucio e Budda fino al Cristianesimo. Quanto alla teologia, essa non avrà giudiziosamente nulla da obiettare circa le contraddizioni della scienza, dal momento che spesso non è d'accordo neppure con sé stessa.
All'idea vaga della vita futura, lo Spiritismo aggiunge la rivelazione dell'esistenza del mondo invisibile che ci circonda e che popola lo spazio. E con ciò puntualizza la fede; le dà un corpo, una consistenza, una realtà nel pensiero.
Lo Spiritismo definisce i legami che uniscono l'anima e il corpo, e solleva il velo che nascondeva agli uomini i misteri della nascita e della morte.
Attraverso lo Spiritismo, l'uomo sa da dove viene, sa dove va, perché egli è sulla Terra, perché su questa soffre temporaneamente. E dappertutto vede la giustizia di Dio.
L'uomo sa che l'anima progredisce senza sosta attraverso una serie di esistenze successive, fin quando essa non abbia raggiunto quel grado di perfezione che può avvicinarla a Dio.
L'uomo sa che tutte le anime, avendo un medesimo punto di partenza, sono create uguali, con una medesima attitudine a progredire, in virtù del libero arbitrio. Egli sa che sono tutte della medesima essenza e che tra di loro non vi è che la differenza del progresso compiuto. Egli sa che tutte hanno la medesima destinazione e che tutte raggiungeranno il medesimo fine, più o meno prontamente, a seconda del loro impegno e della loro buona volontà.
L'uomo sa che non esistono creature diseredate, né creature più favorite di altre. Sa che Dio non ne ha create di privilegiate e dispensate dal lavoro, né lo ha imposto a delle altre con lo scopo di progredire. Sa che non vi sono esseri perpetuamente votati al male e alla sofferenza. Sa che quelli designati con il nome di demoni sono Spiriti ancora arretrati e imperfetti, che commettono il male nello stato di Spiriti, come lo commettevano nello stato di uomini; ma sa anche che avanzeranno e miglioreranno. Sa che gli angeli o puri Spiriti non sono affatto degli esseri a parte nella creazione, ma Spiriti che hanno raggiunto il fine, dopo aver seguito la trafila del progresso. Sa che non esistono, perciò, creazioni multiple, né differenti categorie tra gli esseri intelligenti, ma che tutta la creazione deriva dalla grande legge d'unità che regge l'universo, e che tutti gli esseri gravitano verso un fine comune, che è la perfezione, senza che gli uni siano favoriti a spese degli altri, tutti essendo figli delle loro stesse opere.
Per la stessa ragione, colui che ha progredito moralmente porta con sé, rinascendo, delle qualità naturali; così come colui che ha progredito intellettualmente porta con sé delle idee innate. Identificato tutto ciò con il bene, egli lo pratica senza sforzo, senza calcolo e, per così dire, senza pensarci. Colui che, invece, è obbligato a combattere con le sue cattive tendenze è ancora in piena lotta. Il primo ha già vinto, il secondo cerca di vincere. Esiste dunque una virtù originale, così come esiste un sapere originale, e anche un peccato o, meglio, un vizio originale.
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[2] Molti padri di famiglia piangono la morte prematura dei figli, per l'educazione dei quali hanno fatto grandi sacrifici e dicono a sé stessi che tutto ciò è andato in pura perdita. Con lo Spiritismo essi non rimpiangono questi sacrifici e sarebbero pronti a farli nuovamente, anche con la certezza di veder morire i loro figli, perché sanno che, se questi ultimi non approfittano di questa educazione nel presente, essa servirà prima di tutto al loro avanzamento come Spiriti; poi, sanno che ciò sarà tanto di guadagnato per una nuova esistenza, e che, quando ritorneranno, essi avranno un bagaglio intellettuale che li renderà più idonei ad acquisire nuove conoscenze. Tali sono quei bambini che, nascendo, portano con sé delle idee innate, che sanno, per così dire, senza aver bisogno di apprendere. Se dei genitori non hanno la soddisfazione immediata di vedere i loro figli mettere questa educazione a profitto, essi ne gioiranno di certo più tardi, sia come Spiriti sia come uomini. Forse saranno di nuovo i padri dei medesimi figli, che sono detti dotati felicemente dalla natura e che devono le loro attitudini a una precedente educazione. Così pure, se dei figli sviano verso il male, in seguito alla negligenza dei loro genitori, costoro possono averne a soffrire più tardi, a causa delle angosce e dei dispiaceri, che quelli susciteranno loro in una nuova esistenza (vedere, nel Vangelo secondo lo Spiritismo, il cap. V, n. 21 “Perdita di persone amate. Morti premature”).
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Oh, voi che combattete lo Spiritismo, se volete che lo si abbandoni per seguire voi, offrite allora più e meglio di quanto esso faccia. Guarite con maggior sicurezza le ferite dell'anima. Offrite più consolazioni, più soddisfazioni al cuore, speranze più legittime, certezze più grandi. Fate dell'avvenire un quadro più razionale e più seducente; ma non pensate, voi, di superarlo, voi con la vostra prospettiva del nulla; voi con la vostra alternativa delle fiamme dell'inferno o della beata e inutile contemplazione perpetua.
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[3] Il nostro ruolo personale, nel grande movimento di idee che si sta preparando da parte dello Spiritismo e che già incomincia ad attuarsi, è quello di un osservatore attento che studia i fatti, per cercarne la causa e trarne le conseguenze. Noi abbiamo confrontato tutti quei fatti che ci è stato possibile radunare. Abbiamo comparato e commentato le istruzioni date dagli Spiriti su tutti i punti del globo; poi abbiamo coordinato il tutto metodicamente. In una parola, abbiamo studiato e dato al pubblico il frutto delle nostre ricerche, senza attribuire al nostro lavoro altro valore che quello di un'opera filosofica, dedotta dall'osservazione e dall'esperienza, senza mai esserci posti a capo di una dottrina, né aver mai voluto imporre le nostre idee a nessuno. Pubblicandole, noi abbiamo usato di un diritto comune, e coloro che le hanno accettate lo hanno fatto liberamente. Se, poi, queste idee hanno ottenuto molte accondiscendenze, il fatto è che esse hanno avuto il vantaggio di rispondere alle aspirazioni di un grande numero di persone, cosa da cui noi non potremmo trarre alcun motivo di vanità, dal momento che l'origine di tali idee non ci appartiene. Il nostro più grande merito è quello della perseveranza e della dedizione alla causa che abbiamo abbracciato. In tutto ciò, noi abbiamo fatto quello che altri avrebbero potuto fare come noi. È per questo che non abbiamo mai avuto la pretesa di crederci dei profeti o dei messia né, ancor meno, di presentarci come tali.
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Questa è una delle cause della rapida diffusione della dottrina. Se fosse nata in un solo punto, se fosse stata l'opera esclusiva di un uomo, essa avrebbe formato attorno a sé delle sette. Ma sarebbe forse trascorso mezzo secolo prima che avesse raggiunto i confini del paese in cui avesse avuto origine. Invece, dopo dieci anni, essa ha piantato le sue radici da un polo all'altro.
Notiamo tuttavia tra le due una sfumatura alquanto notevole, dovuta al progresso dei costumi e delle idee, benché siano state fatte presso il medesimo popolo e nel medesimo ambiente, ma con diciotto secoli d'intervallo. La dottrina di Mosè è assoluta e dispotica; non ammette la discussione e s'impone a tutto il popolo con la forza. Quella di Gesù è essenzialmente consiliare; viene liberamente accettata e non s'impone che con la persuasione. Essa è avversata fin da quando era ancora vivo il suo fondatore, che non disdegnava di discutere con i suoi avversari.
Ora, ogni centro isolato, circoscritto in una cerchia ristretta, che vedeva, il più delle volte, solo un ordine particolare di fatti, a volte apparentemente contraddittori — non avendo generalmente a che fare se non con la medesima categoria di Spiriti, e per di più ostacolato dalle influenze locali e dallo spirito di parte — si trovava nell'impossibilità materiale di abbracciare l'insieme ed era perciò impotente a ricollegare le osservazioni isolate a un principio comune. Valutando ciascuno i fatti dal punto di vista delle sue conoscenze e delle sue credenze anteriori, oppure a seconda dell'opinione particolare degli Spiriti che si manifestavano, ben presto ci sarebbero stati tanti sistemi e tante teorie quanti erano i centri. Nessuno di questi, poi, avrebbe potuto essere completo, per mancanza di elementi di confronto e di controllo. In poche parole, ciascuno si sarebbe fossilizzato nella sua rivelazione parziale, credendo di possedere tutta la verità, ignorando che in cento altri luoghi si stava ottenendo di più o di meglio.
La rivelazione è così stata fatta parzialmente, in diversi luoghi e da una moltitudine di intermediari, ed è in questa maniera che prosegue ancora in questo momento, poiché non tutto è stato ancora rivelato. Ogni centro trova negli altri centri il complemento di ciò che ottiene, ed è questo insieme e questo coordinamento di tutti gli insegnamenti parziali che hanno costituito la Dottrina Spiritista.
Era dunque necessario raggruppare i fatti sparsi per vederne la correlazione, riunire i diversi documenti e le istruzioni date dagli Spiriti in tutti i luoghi e su tutti gli argomenti, per confrontarli, analizzarli, studiarne le analogie e le differenze. Poiché le comunicazioni erano date dagli Spiriti di tutti gli ordini, più o meno illuminati, occorreva valutare il grado di fiducia che la ragione consentiva di accordare loro. Occorreva anche distinguere le idee sistematiche, individuali e isolate, da quelle che avevano avuto la sanzione dell'insegnamento generale degli Spiriti, nonché le utopie dalle idee pratiche. Bisognava scartare quelle idee che erano palesemente smentite da parte dei dati della scienza positiva e della sana logica; utilizzare egualmente gli errori e le informazioni fornite dagli Spiriti, anche del rango più basso, per la conoscenza dello stato del mondo invisibile e formarne un tutto omogeneo. Occorreva, in una parola, un centro di elaborazione, indipendente da ogni idea preconcetta, da ogni pregiudizio settario, risoluto ad accettare la verità divenuta evidente, foss'anche stata contraria alle sue opinioni personali. Questo centro si è formato da sé, per forza di cose, e senza disegni prenzeditati. [4]
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[4] Il libro degli Spiriti, la prima opera che abbia portato Io Spiritismo sulla strada filosofica attraverso la deduzione delle conseguenze morali dei fatti, che abbia considerato tutte le parti della dottrina, toccando le questioni più importanti ch'essa solleva, è stato, fin dal suo primo apparire, il punto d'incontro verso cui sono spontaneamente confluiti i lavori individuali. È noto che la pubblicazione di quel libro segna l'inizio dell'era dello Spiritismo filosofico, rimasto fino ad allora nel dominio delle esperienze di curiosità. Se quel libro ha conquistato le simpatie della maggioranza, è perché esso era l'espressione dei sentimenti di questa stessa maggioranza e perché rispondeva alle sue aspirazioni; non solo, ma anche perché ognuno vi trovava la conferma e una spiegazione razionale di ciò che ognuno otteneva in particolare. Se quel libro fosse stato in disaccordo con l'insegnamento generale degli Spiriti, non avrebbe goduto di alcun credito e sarebbe ben presto caduto nell'oblio. Ora, qual è quel punto di convergenza? Non certo l'uomo, il quale in sé e per sé non è nulla, un semplice meccanismo che muore e scompare; ma quel punto di convergenza è l'idea di uomo, la quale non muore e non scompare, dal momento che essa proviene da una sorgente superiore all'uomo.
Questa concentrazione spontanea di forze sparse ha dato luogo a una corrispondenza immensa, monumento unico al mondo, quadro vivente della vera storia dello Spiritismo moderno, su cui si riflettono contemporaneamente i lavori parziali, i sentimenti molteplici che la dottrina ha fatto nascere, i risultati morali, le dedizioni e i fallimenti; archivi preziosi per la posterità, la quale potrà giudicare gli uomini e le cose attraverso dei documenti autentici. In presenza di queste testimonianze irrefutabili, che avverrà, con lo scorrere del tempo, di tutte le false dichiarazioni e delle diffamazioni nate dall'invidia e dalla gelosia?
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Gli Spiritisti si sono così ritrovati più forti, hanno lottato con più coraggio, sono andati avanti con passo più sicuro, quando non si sono più visti isolati, quando hanno avvertito un punto d'appoggio, un legame che li univa alla grande famiglia. I fenomeni di cui erano testimoni non sono più sembrati loro strani, anormali, contraddittori, quando hanno potuto collegarli alle generali leggi d'armonia, quando hanno potuto abbracciare con un solo colpo d'occhio tutto l'edificio e vedere in tutto questo insieme un fine grandioso e umanitario. [5]
Ma come sapere se un principio è insegnato dappertutto o se non è che il risultato di un'opinione individuale? Poiché i gruppi isolati non erano in grado di sapere ciò che si diceva altrove, era necessario che un centro raccogliesse tutte le istruzioni per fare una sorta di spoglio delle voci, e portare così a conoscenza di tutti l'opinione della maggioranza. [6]
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[5] Una significativa testimonianza, tanto notevole quanto toccante, di questa comunione d'idee che si stabilisce tra gli Spiritisti attraverso la conformità delle loro credenze, è data dalle domande di preghiere che ci vengono fatte dalle più lontane contrade, dal Perù fino alle estremità dell'Asia, da parte di persone di religione e nazionalità diverse, e che noi non abbiamo mai viste. Non è questo forse il preludio della grande unificazione che si sta preparando? Non è forse la prova delle forti radici che lo Spiritismo sta mettendo in ogni dove?
Degno di nota è il fatto che, di tutti i gruppi formatisi con l'intenzione premeditata di attuare una scissione, proclamando dei principi divergenti, e, allo stesso modo, di tutti coloro che, per ragioni di amor proprio o altro, e che non volendo aver l'aria di subire la legge comune, si sono creduti abbastanza forti da proseguire da soli, abbastanza illuminati da fare a meno dei consigli, di tutti costoro nessuno è arrivato a costituire un'idea preponderante e vitale. Tutti si sono estinti o hanno vegetato nell'ombra. Come poteva accadere diversamente, dal momento che per distinguersi, invece di sforzarsi di offrire un maggior numero di soddisfazioni, essi, dei principi della dottrina, rifiutavano precisamente ciò che ne fa l'attrattiva più forte, ciò che in essa v'è di più consolante, di più incoraggiante e di più razionale? Se essi avessero compreso la potenza degli elementi morali che ne hanno costituito l'unità, non si sarebbero cullati in un'illusione chimerica. Ma essi hanno preso la loro piccola cerchia per l'universo, non hanno visto negli adepti che una consorteria che poteva essere facilmente rovesciata da un'altra consorteria. Ciò voleva dire ingannarsi in modo singolare sui caratteri essenziali della dottrina, e questo errore non poteva condurre che a delusioni. Invece di rompere l'unità, essi hanno spezzato il solo legame che poteva dar loro la forza e la vita (vedere Rivista Spiritista, aprile 1866, pp. 106 e 111: "Lo Spiritismo senza gli Spiriti"; "Lo Spiritismo indipendente").
[6] Tale è l'oggetto delle nostre pubblicazioni, che possono essere considerate come il risultato di questo spoglio. Vi sono discusse tutte le opinioni, ma le questioni sono formulate in forma di principi solo dopo aver ricevuto la consacrazione di tutti i controlli, i quali sono i soli a poter dar loro la forza di legge e a permettere di affermarle. Ecco perché noi non preconizziamo senza riflettere alcuna teoria; ed è per questo che la, dottrina, procedendo dall'insegnamento generale, non è il prodotto di un sistema preconcetto. Ed è anche da questo ch'essa trae la sua forza, garantendo così il suo futuro.
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C'è, tuttavia, tra il progresso dello Spiritismo e quello delle scienze una differenza capitale. Il fatto è che le scienze hanno raggiunto il punto dove sono arrivate soltanto dopo lunghi intervalli, mentre allo Spiritismo sono stati sufficienti alcuni anni, per raggiungere se non proprio il punto culminante, per raccogliere almeno una quantità di osservazioni abbastanza grande da poter costituire una dottrina. Ciò dipende dalla innumerevole moltitudine di Spiriti che, per volontà di Dio, si sono manifestati simultaneamente, portando ciascuno il contributo delle sue conoscenze. Ne è risultato che tutte le parti della dottrina, invece di venire elaborate successivamente durante parecchi secoli, lo sono state pressappoco simultaneamente in pochi anni, ed è bastato poi raggrupparle per farne un tutt'uno.
Dio ha voluto che fosse così, prima di tutto perché si arrivasse al tetto dell'edificio più rapidamente, in secondo luogo, perché si potesse, attraverso la comparazione, avere un controllo per così dire immediato e permanente nell'universalità dell'insegnamento, avendo ogni sua parte valore e autorità solo attraverso la sua connessione con l'insieme, e, dovendo tutte le parti armonizzare tra loro, trovare il loro posto nello schedario generale e arrivare ciascuna a suo tempo.
Non affidando a un solo Spirito il compito della promulgazione della dottrina, Dio ha voluto, inoltre, che il più piccolo come il più grande, fra gli Spiriti come fra gli uomini, apportasse la sua pietra all'edificio, al fine di stabilire fra loro un legame cooperativo di solidarietà, legame che è mancato a tutte le dottrine provenienti da un'unica sorgente.
D'altronde, ogni Spirito, così come ogni uomo, non possiede che un bagaglio limitato di conoscenze, ragion per cui gli Spiriti, individualmente, sarebbero stati inabili a trattare in modo esauriente e con competenza le innumerevoli questioni riguardo allo Spiritismo. Ecco perché, allo stesso modo, la dottrina, in ottemperanza ai disegni del Creatore, non poteva essere l'opera né di un solo Spirito né di un solo medium. Essa poteva nascere soltanto dalla collettività dei lavori controllati gli uni dagli altri. [7]
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[7] Vedere ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo, "Introduzione" pp. 18-19. Vedere anche Rivista Spiritista, aprile 1864, p. 90, "Autorità della dottrina spiritista; controllo universale dell'insegnamento degli Spiriti".
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Lo Spiritismo pone, dunque, come principio assoluto soltanto ciò che è dimostrato con evidenza oppure ciò che risulta in modo logico dall'osservazione. Toccando tutte le branche dell'economia sociale, alle quali offre l'appoggio delle sue stesse scoperte, assimilerà sempre tutte le dottrine progressive, di qualsiasi ordine esse siano, giunte allo stadio di verità pratiche e uscite dal dominio dell'utopia; senza ciò, esso sarebbe votato al suicidio; cessando di essere ciò che è, verrebbe meno alla sua origine e al suo fine provvidenziale. Lo Spiritismo, marciando di pari passo con il progresso, non sarà mai superato, poiché, se nuove scoperte gli dimostrassero ch'esso è in errore su un certo punto, su questo punto esso si modificherebbe. Se, poi, una nuova verità si rivela, esso l'accetta.[8]
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[8] Di fronte a dichiarazioni così nette, e così categoriche come quelle che sono contenute in questo capitolo, cadono tutte le asserzioni di tendenza all'assolutismo e all'autocrazia dei principi, tutte le false equiparazioni, che persone prevenute o malinformate attribuiscono alla dottrina. Queste dichiarazioni, d'altronde, non sono nuove. Noi le abbiamo ripetute abbastanza spesso nei nostri scritti, per non lasciare alcun dubbio a questo riguardo. Esse ci assegnano, inoltre, il nostro vero ruolo, il solo cui noi aspiriamo: quello di semplici lavoratori.
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Dal punto di vista morale, Dio ha senza dubbio dato all'uomo una guida nella stessa sua coscienza, la quale gli dice: "Non fare ad altri ciò che tu non vorresti si facesse a te". La morale naturale è certamente inscritta nel cuore degli uomini, ma sanno tutti leggerla? Non sono mai stati disconosciuti i suoi saggi precetti? Che cosa si è fatto della morale del Cristo? Come la praticano quegli stessi che la insegnano? Non se n'è forse fatta lettera morta, una bella teoria buona per gli altri, ma non per sé stessi? Rimproverereste a un padre di ripetere dieci e anche cento volte gli stessi insegnamenti ai suoi figli, se costoro non ne traggono profitto? Perché Dio dovrebbe fare meno di quanto fa un padre di famiglia? Perché non dovrebbe inviare di tanto in tanto, fra gli uomini, degli speciali messaggeri incaricati di richiamarli ai loro doveri, di rimetterli sulla retta via quando se ne allontanano, di aprire gli occhi dell'intelligenza a coloro che li hanno chiusi, così come gli uomini più progrediti inviano dei missionari presso i barbari e i selvaggi?
Gli Spiriti non insegnano altra morale che quella del Cristo, per la ragione che non ve n'è una migliore. Ma allora a che pro il loro insegnamento se dicono ciò che noi già sappiamo? Altrettanto si potrebbe dire della morale del Cristo, che fu insegnata cinquecento anni prima di lui da Socrate e da Platone, e in termini pressoché identici; e altrettanto si potrebbe dire di tutti i moralisti che ripetono le stesse cose in tutti i toni e sotto tutte le forme. Ebbene! Gli Spiriti molto semplicemente vengono ad aumentare il numero dei moralisti, con la differenza che, manifestandosi dappertutto, si fanno intendere nella capanna come nel palazzo, dagli ignoranti come dalla gente istruita.
Ciò che l'insegnamento degli Spiriti aggiunge alla morale del Cristo è la conoscenza dei principi che reggono le relazioni tra i morti e i vivi, completando così le vaghe nozioni ch'Egli aveva dato dell'anima, del suo passato e del suo avvenire, e dando come approvazione alla Sua dottrina le medesime leggi della natura. Con l'aiuto dei nuovi lumi portati dallo Spiritismo e dagli Spiriti, l'uomo comprende la solidarietà che lega tutti gli esseri; la carità e la fraternità diventano una necessità sociale; ed egli fa per convinzione ciò che prima faceva soltanto per dovere. E lo fa meglio.
Allorché gli uomini praticheranno la morale del Cristo, allora soltanto potranno dire che non hanno più bisogno di moralisti incarnati o disincarnati. Ma, allora, Dio non ne invierà più.
L'obiezione sarebbe grave, se tale rivelazione consistesse soltanto nell'insegnamento degli Spiriti, se noi dovessimo riceverla esclusivamente da loro e accettarla a occhi chiusi. Essa è, invece, senza valore dal momento che l'uomo vi apporta il contributo della sua intelligenza e del suo giudizio; che gli Spiriti lo mettono sulla strada delle deduzioni ch'egli può trarre dall'osservazione dei fatti. Orbene, le manifestazioni nelle loro innumerevoli varietà sono dei fatti. L'uomo li studia e ne cerca la legge; ed è aiutato in questo dagli Spiriti di ogni ordine, i quali sono dei collaboratori piuttosto che dei rivelatori nel senso corrente del termine. Egli sottopone i loro giudizi al controllo della logica e del buon senso. In questo modo beneficia delle conoscenze speciali ch'essi devono alla loro posizione, senza ch'egli abdichi per questo all'uso della propria ragione.
Non essendo gli Spiriti nient'altro che le anime degli uomini, comunicando con loro, noi non usciamo fuori dall'umanità, circostanza questa fondamentale e di cui va tenuto conto. Gli uomini di genio, che sono stati le fiaccole dell'umanità, sono usciti dunque dal mondo degli Spiriti, così come vi sono rientrati lasciando la Terra. Dal momento che gli Spiriti possono comunicare con gli uomini, questi stessi geni possono dar loro delle istruzioni sotto la forma spirituale, come hanno fatto sotto la forma corporea. Possono istruirci dopo la loro morte, come facevano quand'erano vivi. Sono invisibili invece d'essere visibili: ecco tutta la differenza. La loro esperienza e il loro sapere non devono essere considerati minori. Se la loro parola, come uomini, aveva dell'autorità, non ne deve aver meno per il fatto che sono nel mondo degli Spiriti.
Prima di tutto, come abbiamo già detto, essi si rifiutano di darci ciò che noi possiamo acquisire per mezzo del lavoro. In secondo luogo, ci sono cose che non è loro permesso di rivelare, perché il nostro grado di avanzamento non lo ammette. Ma, questo a parte, le condizioni della loro nuova esistenza allargano il cerchio delle loro percezioni. Essi vedono ora ciò che sulla Terra non vedevano; affrancati dagli ostacoli della materia, liberati dagli affanni della vita corporale, essi giudicano le cose da un punto di vista più elevato e, pertanto, più sano; la loro perspicacia abbraccia un orizzonte più vasto. Comprendono i loro errori, rettificano le loro idee e si sbarazzano dei pregiudizi umani.
È in questo che consiste la superiorità degli Spiriti, in relazione alla umanità corporea, ed è per questo che i loro consigli possono essere, tenuto conto del loro grado di avanzamento, più giudiziosi e più disinteressati dei consigli degli incarnati. L'ambiente nel quale essi si trovano permette loro, inoltre, di iniziarci alle cose della vita futura, che noi ignoriamo e che non possiamo apprendere nell'ambiente in cui ci troviamo. Finora l'uomo aveva soltanto formulato delle ipotesi sul suo futuro. Ecco perché le sue credenze su questo punto sono state suddivise in sistemi tanto numerosi e tanto divergenti, dal nichilismo fino alle fantastiche concezioni dell'inferno e del paradiso. Oggi, sono i testimoni oculari, gli interpreti stessi della vita d'oltretomba che vengono a riferirci che cosa accade. E sono i soli che possano farlo. Queste manifestazioni sono dunque servite a farci conoscere il mondo invisibile che ci circonda, e che noi non sospettavamo neppure. E già questa sola conoscenza sarebbe d'una importanza capitale, quand'anche supponessimo che gli Spiriti non fossero capaci di insegnarci niente di più.
Se andaste in un paese a voi sconosciuto, rifiutereste le indicazioni del più umile contadino in cui potreste imbattervi? Rifiutereste di interrogarlo sulle condizioni della strada, solo perché non è che un contadino? Voi, certamente, non vi attenderete da lui chiarimenti di elevatissima portata, ma uno come lui potrà, su certi punti, informarvi nella sua sfera meglio di uno scienziato che non conoscesse il paese. Voi trarrete, dalle sue indicazioni, conclusioni che lui stesso non saprebbe trarre, ma sarà pur sempre stato uno strumento utile per le vostre osservazioni; non foss'altro, egli è servito a farvi conoscere i costumi dei contadini. La stessa cosa avviene per quanto riguarda i rapporti con gli Spiriti, dove anche il più piccolo può servire a farci apprendere qualche cosa.
Una nave carica di emigranti parte per una lontana destinazione. Trasporta uomini di tutte le condizioni, che sono parenti e amici di coloro che restano. Un giorno si apprende che questa nave ha fatto naufragio; non ne è rimasta alcuna traccia, né alcuna notizia è pervenuta sulla sua sorte; si pensa che tutti i passeggeri siano periti; il lutto entra in tutte le famiglie. Tuttavia, l'equipaggio al completo e tutti i passeggeri, senza eccettuare un solo uomo, sono sbarcati su una terra sconosciuta, rigogliosa e fertile, dove tutti vivono felici sotto un cielo clemente. Ma di tutto ciò, nessuno sa nulla. Orbene, ecco che un giorno un'altra nave approda su questa terra e vi trova tutti i naufraghi sani e salvi. La felice notizia si diffonde con la velocità del lampo. Tutti esclamano: "Non sono perduti i nostri amici!" e ne rendono grazie a Dio. Non possono vedersi ma si corrispondono, si scambiano testimonianze d'affetto, ed ecco che la gioia succede alla tristezza.
Tale è l'immagine della vita terrena e della vita d'oltretomba, prima e dopo la rivelazione moderna. Essa, simile alla seconda nave, ci porta la buona notizia della sopravvivenza di coloro che ci sono cari, e la certezza di raggiungerli un giorno. Il dubbio sulla loro sorte e sulla nostra non esiste più. Lo scoraggiamento, davanti alla speranza, svanisce.
Ma altri risultati hanno appena resa feconda questa rivelazione. Dio, giudicando l'umanità matura per penetrare il mistero della sua destinazione e contemplare a sangue freddo le nuove meraviglie, ha permesso che il velo, che separa il mondo visibile dal mondo invisibile, fosse sollevato. Il fenomeno delle manifestazioni non ha nulla di sovrumano. È l'umanità spirituale che viene a conversare con l'umanità corporale e le dice:
"Noi esistiamo, dunque il nulla non esiste. Ecco ciò che noi siamo ed ecco ciò che voi sarete. L'avvenire è a voi come lo è a noi. Voi marciavate nelle tenebre, noi veniamo a illuminarvi il cammino e a spianarvi la strada. Procedete pure casualmente, noi vi mostreremo la meta. La vita terrena era tutto per voi, perché voi non vedevate niente al di là. Noi, mostrandovi la, vita spirituale, veniamo a dirvi: la vita terrena non è niente. La vostra vista si arrestava alla tomba, noi vi mostriamo, al di là di essa, un orizzonte splendido. Voi non sapevate perché doveste soffrire sulla Terra, ora, nella sofferenza voi vedrete la giustizia di Dio. Il bene era senza frutti evidenti per l'avvenire, d'ora in poi esso avrà uno scopo e sarà anzi una necessità. La fraternità non era che una bella teoria, ora essa poggia su una legge della natura. Sotto il dominio della credenza secondo cui tutto finisce con la vita, l'immensità è vuota, l'egoismo regna sovrano fra di voi, e la vostra parola d'ordine è: ‘Ciascuno per sé’. Con la certezza dell'avvenire, gli spazi infiniti si popolano all'infinito, il vuoto e la solitudine non sono più da nessuna parte, e la solidarietà lega tutti gli esseri al di qua e al di là della tomba. È, questo, il regno della carità, che ha per motto: 'Uno per tutti, e tutti per uno'. Infine, al termine della vita voi pronunciavate un eterno addio a quelli che vi sono cari, ora voi direte loro: ‘Arrivederci!’"
Tali sono, riassumendo, i risultati della nuova rivelazione; essa è venuta a colmare il vuoto creato dall'incredulità, a risollevare gli animi abbattuti dal dubbio o dalla prospettiva del nulla e a donare a tutte le cose una ragion d'essere. È dunque senza importanza questo risultato? Ed è senza importanza il fatto che gli Spiriti non vengano a risolvere i problemi della scienza, a offrire il sapere agli ignoranti, e ai pigri i mezzi per arricchirsi senza fatica? Tuttavia i risultati che l'uomo deve trarne non riguardano soltanto la vita futura. Egli ne gioirà sulla Terra, per la trasformazione che queste nuove credenze devono necessariamente operare sul suo carattere, sui suoi gusti, sulle sue tendenze e, di conseguenza, sulle abitudini e relazioni sociali. Mettendo fine al regno dell'egoismo, dell'orgoglio e della incredulità, esse preparano quello del bene, che è il regno di Dio annunciato dal Cristo.[9]
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[9] L'uso dell'articolo davanti alla parola Cristo (dal greco Chirstós, unto), impiegata in senso assoluto, è più corretto, considerato che questa parola non è il nome del Messia di Nazareth, ma una qualità assunta come sostantivo. Si dirà perciò: Gesù era Cristo; egli era il Cristo annunciato; la morte del Cristo e non di Cristo; mentre si dirà: la morte di Gesù e non del Gesù. In Gesù-Cristo, le due parole riunite formano un solo nome proprio. È per la stessa ragione che si dice: il Budda; Gautama conquistò la dignità di Budda per le sue virtù e la sua austerità; la vita del Budda, così come si dice: l'armata del Faraone e non di Faraone, Enrico IV era re, il titolo di re la morte del re e non dire.
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Capitolo II - DIO
Esistenza di Dio
Se un uccello che fende l'aria viene raggiunto da piombo mortale, si ritiene che un abile tiratore l'abbia colpito, benché il tiratore non si veda. Non sempre, dunque, è necessario aver visto una cosa per sapere che esiste. In tutto, è osservandone gli effetti che si giunge alla conoscenza delle cause.
Se si domandasse chi è il costruttore di un certo ingegnoso meccanismo, che cosa si penserebbe di colui il quale rispondesse che si è fatto completamente da solo? Allorché si guardi un capolavoro dell'arte o dell'industria, si dice che questo deve essere il prodotto di un uomo di genio, perché solo un'alta intelligenza ha potuto presiedere alla sua concezione. Nondimeno si pensa che un uomo ha dovuto farlo, perché si sa che la cosa non è al di sopra della capacità umana. A nessuno, però, verrà l'idea di dire che essa è uscita dalla mente di un idiota o di un ignorante, e ancor meno ch'essa è il lavoro di un animale o il prodotto del caso.
Le opere dette della natura sono prodotte da forze materiali che agiscono meccanicamente in base alle leggi di attrazione e di repulsione; le molecole dei corpi inerti si aggregano e si disgregano sotto il potere di queste leggi. Le piante nascono, germogliano, crescono e si moltiplicano sempre allo stesso modo, ciascuna nella sua specie, in virtù di quelle stesse leggi; ciascun soggetto è simile a quello da cui è nato. La crescita, la fioritura, la fruttificazione e la colorazione sono subordinate a cause materiali, quali il calore, l'elettricità, la luce, l'umidità ecc. Lo stesso è per gli animali. Gli astri si formano a causa dell'attrazione molecolare e si muovono perpetuamente nelle loro orbite per effetto della gravitazione. Questa regolarità meccanica nell'impiego delle forze naturali non dimostra affatto una intelligenza libera. L'uomo muove il suo braccio quando vuole e come vuole, ma colui che lo muovesse sempre nello stesso senso dalla nascita alla morte sarebbe un automa. Orbene, le forze organiche della natura sono puramente automatiche.
Tutto ciò è vero. Ma queste forze sono degli effetti che devono pur avere una causa, e nessuno pretende che esse costituiscano la Divinità. Esse sono materiali e meccaniche; di per sé stesse non so no affatto intelligenti, e questo è ancora vero. Ma vengono messe in azione, distribuite e adattate alle necessità di ogni cosa da una intelligenza che non è quella degli uomini. L'utile applicazione di queste forze è un effetto intelligente che denota una causa intelligente. Un pendolo si muove con una regolarità automatica, ed è in questa regolarità che sta il merito. È tutta materiale la forza che lo fa muovere e non ha nulla di intelligente. Ma che cosa sarebbe questo pendolo se una intelligenza non avesse combinato, calcolato e distribuito l'impiego di questa forza per farlo andare con precisione? Per il fatto che l'intelligenza non risiede nel meccanismo del pendolo, e per il fatto che non la si vede, sarebbe razionale concludere ch'essa non esiste? Giudichiamola dai suoi effetti.
L'esistenza dell'orologio attesta l'esistenza dell'orologiaio; l'ingegnosità del meccanismo attesta l'intelligenza e l'abilità dell'orologiaio. Quando un pendolo vi dà, a un determinato momento, l'indicazione di cui avete bisogno, è mai venuto in mente a qualcuno di dire: ecco un pendolo molto intelligente?
Così è per il meccanismo dell'universo: Dio non si mostra, ma si rivela attraverso le Sue opere.
Della natura divina
Senza la conoscenza degli attributi di Dio, sarebbe impossibile comprendere l'opera della creazione. Questo è il punto di partenza di tutte le fedi religiose, ed è per non aver fatto riferimento a essa — come a un faro che poteva dirigerle — che parecchie religioni hanno errato nei loro dogmi. Quelle che non hanno attribuito a Dio l'onnipotenza hanno immaginato una pluralità di dei; quelle che non Gli hanno attribuito la suprema bontà, ne hanno fatto un dio geloso, collerico, parziale e vendicativo.
Dio non ha una forma che possa essere valutata dai nostri sensi, altrimenti Egli sarebbe materia. Noi diciamo: la mano di Dio, l'occhio di Dio, la bocca di Dio, perché l'uomo, non conoscendo che sé stesso, prende sé stesso come termine di paragone di tutto ciò che non comprende. Quelle immagini, in cui si rappresenta Dio attraverso la figura di un vegliardo dalla lunga barba e avvolto in un manto, sono ridicole. Esse hanno, tra gli altri inconvenienti, quello di ridurre l'Essere supremo alle meschine proporzioni dell'umanità. Da qui, ad attribuirGli le passioni umane, a farne un Dio collerico e geloso, non c'è che un passo.
L'infinito di una qualità esclude la possibilità dell'esistenza d'una qualità contraria che possa sminuire o annullare l'infinito di quella qualità. Un essere infinitamente buono non potrebbe avere la più piccola particella di cattiveria, né l'essere infinitamente malvagio potrebbe avere la più piccola particella di bontà; così come un oggetto non potrebbe dirsi d'un nero assoluto se avesse la più leggera sfumatura di bianco, né potrebbe dirsi d'un bianco assoluto quello che avesse la più piccola traccia di nero.
Dio non potrebbe essere allo stesso tempo buono e cattivo, perché allora, non possedendo né l'una né l'altra di queste qualità al grado supremo, non sarebbe Dio; tutte le cose sarebbero soggette al Suo capriccio, e per nessuna cosa ci sarebbe stabilità. Egli, dunque, non potrebbe che essere o infinitamehte buono o infinitamente malvagio. Ora, siccome le Sue opere testimoniano della Sua saggezza, della Sua bontà e della Sua sollecitudine, bisogna concluderne che, non potendo Egli essere contemporaneamente buono e malvagio senza cessare d'essere Dio, Egli deve essere infinitamente buono.
La sovrana bontà implica la sovrana giustizia. Infatti s'Egli agisse ingiustamente o con parzialità anche in una sola circostanza o verso una sola delle Sue creature, non sarebbe sovranamente giusto e, di conseguenza, non sarebbe sovranamente buono.
Gli attributi di Dio, essendo infiniti, non sono suscettibili né di accrescimento né di diminuizione. Senza ciò, essi non sarebbero infiniti, e Dio non sarebbe perfetto. Se si togliesse la più piccola particella di uno solo dei Suoi attributi, non si avrebbe più Dio, poiché potrebbe esistere un essere più perfetto.
Ed è così che, essendo l'esistenza di Dio costatata attraverso le Sue opere, si arriva, per deduzione logica, a determinare gli attributi che Lo caratterizzano.
Questo è il cardine sul quale poggia l'edificio universale; questo è il faro i cui raggi si estendono sull'intero universo, il solo che può guidare l'uomo nella ricerca della verità; seguendolo egli non si smarrirà mai e se così spesso ha deviato è per non aver seguito la strada che gli veniva indicata.
Questo è anche il criterio infallibile di tutte le dottrine filosofiche e religiose. Per giudicarle, l'uomo ha una misura rigorosamente esatta negli attributi di Dio, e si può dire con certezza che ogni teoria, ogni principio, ogni dogma, ogni credenza, ogni pratica che fosse in contraddizione anche con uno solo di questi attributi, o che tendesse non solo ad annullarlo, ma semplicemente ad affievolirlo, non può essere nella verità.
Nella filosofia, nella psicologia, nella morale e nella religione, non c'è del vero che in ciò che non si discosta neppure di un millimetro dalle qualità essenziali della Divinità. La religione perfetta sarebbe quella in cui nessun articolo di fede fosse in opposizione con queste qualità, in cui tutti i dogmi potessero subire la prova di questo controllo, senza riceverne alcun danno.
La Provvidenza
“Come può Dio, così grande, così potente, così superiore a tutto coinvolgersi in infimi particolari, preoccuparsi delle più piccole azioni e dei minimi pensieri di ciascun individuo? Questa è la domanda che si pone l'incredulo, per cui conclude che, pur ammettendo l'esistenza di Dio, la Sua azione non deve estendersi che sulle leggi generali dell'universo; che l'universo funziona da tutta l'eternità in virtù di queste leggi alle quali ogni creatura è sottoposta nella sua sfera d'azione, senza che sia necessario l'intervento incessante della Provvidenza.”
Supponiamo un fluido abbastanza sottile da penetrare tutti i corpi; questo fluido, essendo inintelligente, agisce meccanicamente attraverso le sole forze materiali. Ma se supponiamo questo fluido dotato d'intelligenza, di facoltà percettive e sensitive, esso agirà non più alla cieca ma con discernimento, con volontà e con libertà; egli vedrà, capirà e sentirà.
Il fluido perispiritistico non è il pensiero dello Spirito, ma l'agente e l'intermediario di questo pensiero. Siccome è lui a trasmettere il pensiero, ne è in qualche modo impregnato. Nell'impossibilità, in cui noi ci troviamo, di isolarlo, il pensiero sembra non fare che un tutt'uno con il fluido. Allo stesso modo, il suono sembra non fare che un tutt'uno con l'aria, dimodoché noi possiamo, per così dire, materializzarla. Così, come noi diciamo che l'aria diventa sonora, potremmo egualmente dire, prendendo l'effetto per la causa, che il fluido diventa intelligente.
Per estendere la Sua sollecitudine su tutte le Sue creature, Dio non ha bisogno di lanciare il Suo sguardo dall'alto dell'immensità. Le nostre preghiere, per essere intese da Lui, non hanno bisogno di varcare lo spazio né di essere dette con voce squillante, poiché, stando Egli di continuo al nostro fianco, i nostri pensieri si ripercuotono in Lui. I nostri pensieri sono come i rintocchi di una campana, che fanno vibrare tutte le molecole dell'aria circostante.
Un fenomeno analogo ha luogo tra la creazione e Dio. Dio è dappertutto nella natura, come lo Spirito è dappertutto nel corpo. Tutti gli elementi della creazione sono in costante rapporto con Lui, come tutte le cellule del corpo umano sono in costante rapporto con l'essere spirituale. Non c'è dunque ragione perché dei fenomeni del medesimo ordine, non si producano nello stesso modo, nell'uno e nell'altro caso.
Un arto si agita: lo Spirito lo sente; una creatura pensa: Dio lo sa. Tutte le membra sono in movimento, i diversi organi sono in vibrazione: lo Spirito avverte tutte queste manifestazioni, le distingue e le localizza. Le diverse creazioni, le diverse creature si agitano, pensano, agiscono diversamente, e Dio, che sa tutto ciò che avviene, assegna a ciascuna ciò che le è proprio.
Da ciò, si può egualmente dedurre la solidarietà della materia e dell'intelligenza, la solidarietà di tutti gli esseri di un mondo tra di loro, la solidarietà di tutti i mondi e, infine, quella della creazione e del Creatore" (Quinemant, Società di Parigi, 1867).
La visione di Dio
Alla prima è facile rispondere. I nostri organi materiali hanno delle percezioni limitate, che li rendono inadatti alla visione di determinate cose, anche materiali. È così che certi fluidi sfuggono totalmente alla nostra vista e ai nostri strumenti d'analisi, e tuttavia noi non dubitiamo della loro esistenza. Noi vediamo gli effetti della peste, e non vediamo il fluido che la trasporta; noi vediamo i corpi muoversi sotto l'influenza della forza di gravità, ma non vediamo questa forza.
La medesima cosa avviene riguardo all'anima. L'involucro perispiritistico, benché invisibile e impalpabile per noi, è per l'anima una vera materia, ancora troppo grossolana per certe percezioni. Questo involucro si spiritualizza nella misura in cui l'anima si eleva in moralità. Le imperfezioni dell'anima sono come coltri di nebbia che oscurano la sua vista. Ogni imperfezione di cui essa si disfa è una macchia in meno; ma è solo dopo essersi completamente purificata ch'essa può godere pienamente delle sue facoltà.
Capitolo III - IL BENE E IL MALE
Origine del bene e del male
Nel primo caso ci sarebbero due potenze rivali, che lottano senza tregua, cercando ciascuna di disfare ciò che fa l'altra, e che si osteggiano vicendevolmente. Questa ipotesi è inconciliabile con l'unità di vedute che si rivela nell'ordinamento dell'universo.
Nel secondo caso, essendo questo essere inferiore a Dio, sarebbe a Lui subordinato. Non potendo esistere da tutta l'eternità, come Dio, senza essere Suo uguale, avrebbe dovuto avere un inizio. Se è stato creato, non può esserlo stato che da Dio; Dio avrebbe così creato lo Spirito del male, la qual cosa sarebbe la negazione della bontà infinita (vedere Il Cielo e l'Inferno, cap. IX, "I demoni").
I mali di ogni specie, fisici o morali, che affliggono l'umanità, formano due categorie che è importante distinguere: vi sono i mali che l'uomo può evitare e quelli che non dipendono dalla sua volontà. Fra questi ultimi, bisogna collocare i flagelli naturali.
L'uomo, le cui facoltà sono limitate, non può penetrare né abbracciare l'insieme dei disegni del Creatore. L'uomo giudica le cose dal punto di vista della sua personalità, dagli interessi fittizi e convenzionali che si è creato, e che non sono compresi nell'ordine naturale delle cose. È per questo che spesso egli trova cattivo e ingiusto ciò che troverebbe giusto e ammirevole se ne vedesse la causa, lo scopo e il risultato finale. Cercando la ragion d'essere e l'utilità di ciascuna cosa, verificherebbe che tutto porta l'impronta della saggezza infinita, e s'inchinerebbe davanti a questa saggezza, anche riguardo alle cose che non comprende.
È così che l'uomo risana le terre insalubri, che neutralizza i miasmi pestiferi, che fertilizza le terre incolte e s'ingegna a preservarle dalle inondazioni. È così che si costruisce delle abitazioni più sane e più solide, che resistano ai venti, tanto necessari alla purificazione dell'atmosfera, mettendosi in tal modo al riparo dalle intemperie. È così, infine, che a poco a poco, la necessità lo ha indotto a creare le scienze, con il cui aiuto egli migliora l'abitabilità del globo e accresce il proprio benessere.
Dio ha stabilito leggi piene di saggezza, che non hanno altro scopo che il bene. L'uomo trova in sé stesso tutto ciò che gli occorre per seguirle; la sua strada è tracciata nella sua coscienza; la legge divina è scolpita nel suo cuore. Inoltre Dio gliela ricorda di continuo attraverso i suoi messia e i suoi profeti, attraverso tutti gli Spiriti incarnati che hanno ricevuto la missione di illuminarlo, di moralizzarlo, di migliorarlo, e, in questi ultimi tempi, attraverso la moltitudine di Spiriti disincarnati che si manifestano da tutte le parti. Se l'uomo si conformasse rigorosamente alle leggi divine, senza dubbio eviterebbe i mali più intensi e vivrebbe felice sulla Terra. Se non lo fa, ciò è a causa del suo libero arbitrio, e ne subisce le conseguenze (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. V, nn. 4-6 e ss.).
Prendiamo, come esempio, un fatto comune. Il proprietario di un campo sa che al confine delle sue terre c'è un luogo pericoloso, dove chi vi si avventurasse potrebbe morire o ferirsi. Che cosa fa questi per prevenire gli incidenti? Colloca vicino al luogo un avviso che fa divieto di andare oltre, a causa di un pericolo. Ecco la legge: essa è saggia e previdente. Se, malgrado ciò, un imprudente non ne tiene conto, passa oltre e ne esce malconcio con chi può lamentarsene se non con sé stesso?
Altrettanto accade di tutto il male; l'uomo lo eviterà se osserverà le leggi divine. Per esempio, Dio ha posto un limite alla soddisfazione dei bisogni: l'uomo ne è avvertito dalla sazietà; se oltrepassa questo limite, lo fa di sua volontà. Le malattie, le infermità e la morte, che possono esserne la conseguenza, provengono dunque dalla imprevidenza dell'uomo e non da Dio.
Se l'uomo fosse stato creato perfetto, egli sarebbe fatalmente portato al bene. Ora, in virtù del suo libero arbitrio, egli non è fatalmente portato né al bene né al male. Dio ha voluto ch'egli fosse soggetto alla legge del progresso, e che questo progresso fosse il frutto del suo stesso lavoro, affinché ne avesse lui il merito, allo stesso modo ch'egli ha la responsabilità del male che commette di sua volontà. Il problema è, dunque, quello di sapere qual è, nell'uomo, l'origine della sua propensione al male. [10]
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[10] L'errore consiste nel pretendere che l'anima sia uscita perfetta dalle mani del Creatore, quando Egli, al contrario, ha voluto che la perfezione fosse il risultato della graduale purificazione dello Spirito e sua stessa opera. Dio ha voluto che l'anima, in virtù del suo libero arbitrio, potesse scegliere tra il bene e il male, e che arrivasse ai suoi ultimi fini attraverso una vita partecipativa e resistendo al male. Se Egli l'avesse fatta perfetta come Lui, e se, uscita dalle Sue mani, l'avesse associata alla Sua beatitudine eterna, Egli l'avrebbe fatta non a Sua immagine, ma simile a Sé stesso [Bonnamy, giudice istruttore: La raison du Spiritisme (La ragione dello Spiritismo), cap. VI].
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La destinazione dello Spirito è la vita spirituale; ma nelle prime fasi della sua esistenza corporale, esso non ha che dei bisogni materiali da soddisfare, e a questo scopo l'esercizio delle passioni è una necessità per la conservazione della specie e degli individui, materialmente parlando. Ma, uscito da questo periodo, lo Spirito ha altri bisogni, bisogni dapprima semi morali e semi materiali, poi esclusivamente morali. Ed è allora che lo Spirito domina la materia; se si libera dal suo giogo, esso avanza sulla sua via provvidenziale e si avvicina alla sua destinazione finale. Se, al contrario, si lascia dominare da essa, rallenta, rendendosi simile al bruto. In questa situazione, ciò che un tempo era un bene, perché era una necessità di per sé stessa naturale, diventa un male, non solo perché ciò non è più una necessità, ma perché diventa nocivo alla spiritualizzazione dell'essere. Così, ciò che è qualità nel bambino diventa difetto nell'adulto. Il male è dunque relativo, e la responsabilità è proporzionale al grado di avanzamento.
Tutte le passioni hanno dunque la loro utilità provvidenziale. Senza ciò, Dio avrebbe fatto qualcosa di inutile e di nocivo. È nell'abuso che risiede il male, e l'uomo può abusare in virtù del suo libero arbitrio. Più tardi, illuminato dal suo stesso interesse, egli sceglie liberamente tra il bene e il male.
L'istinto e l'intelligenza
L'istinto è la forza occulta che sollecita gli esseri organici a degli atti spontanei e involontari, in vista della loro conservazione. Negli atti istintivi, non c'è né riflessione né combinazione né premeditazione. È così che la pianta cerca l'aria, si volge verso la luce, dirige le sue radici verso l'acqua e verso la terra che la nutre; è così che il fiore si apre e si chiude alternativamente secondo il bisogno; che le piante rampicanti si avvolgono attorno al sostegno e vi si aggrappano con i loro viticci. È per istinto che gli animali avvertono ciò che è loro utile da ciò che è nocivo; che si dirigono, secondo le stagioni, verso i climi a essi più propizi; che costruiscono, senza previ insegnamenti, con più o meno arte, a seconda delle specie, morbidi giacigli, ripari per la loro prole, arnesi per prendere in trappola la preda di cui si nutrono; che usano con destrezza le armi offensive e difensive di cui sono provvisti. È per istinto, infine, che i sessi si uniscono; che la madre cova i suoi piccoli e che questi cercano il seno della madre. Nell'uomo, l'istinto domina esclusivamente all'inizio della vita. È per istinto che il bambino compie i suoi primi movimenti, prende il suo nutrimento, grida per esprimere le sue necessità, imita il suono della voce, prova a parlare e a camminare. Nell'adulto stesso, certi atti sono istintivi; tali sono i movimenti spontanei per sottrarsi a un pericolo, per evitare un rischio, per mantenere l'equilibrio. Istintivi sono anche: lo sbattere delle palpebre per mitigare il bagliore della luce, l'aprirsi meccanico della bocca per respirare ecc.
Ogni atto meccanico è istintivo. Quello che denota riflessione, combinazione, deliberazione è un atto intelligente. L'uno è libero, l'altro non lo è.
L'istinto è una guida sicura che non s'inganna mai; l'intelligenza, per il solo fatto di essere libera, è talvolta soggetta a errori.
Se l'atto istintivo non ha il carattere dell'atto intelligente, esso nondimeno rivela una causa intelligente, essenzialmente atta a prevedere. Se si ammette che l'istinto ha la sua origine nella materia, bisogna ammettere che la materia è intelligente, anzi sicuramente più intelligente e previdente dell'anima, poiché l'istinto non s'inganna mai, mentre l'intelligenza s'inganna.
Se si considera l'istinto come un'intelligenza rudimentale, come si spiega il fatto che esso sia, in certi casi, superiore all'intelligenza raziocinante? Che esso dia la possibilità di eseguire cose che l'intelligenza non può realizzare?
Se esso è l'attributo d'uno speciale principio spirituale, che cosa diviene questo principio? Poiché l'istinto si cancella, accadrà che questo principio si distrugga? Se gli animali non sono dotati che dell'istinto, il loro avvenire è senza via d'uscita, e le loro sofferenze non hanno ricompensa. Questo non sarebbe conforme né alla giustizia né alla bontà di Dio (cap. II, n. 19).
Se così fosse, nell'uomo intelligente che perde la ragione e che è guidato solo dall'istinto, l'intelligenza ritornerebbe al suo stato primitivo; e quando egli recupera la ragione, l'istinto ritornerebbe intelligenza, e così alternativamente a ogni accesso, la qual cosa non è ammissibile.
D'altronde, l'intelligenza e l'istinto si mostrano spesso simultaneamente nel medesimo atto. Nel camminare, per esempio, il movimento delle gambe è istintivo; l'uomo mette un piede davanti all'altro macchinalmente, senza pensarci. Ma quando vuole accelerare o rallentare il passo, sollevare un piede o deviare, per evitare un ostacolo, allora v'è calcolo e combinazione: egli agisce con deliberato proposito. L'impulso involontario del movimento è l'atto istintivo; la direzione calcolata del movimento è l'atto intelligente. L'animale carnivoro è spinto dall'istinto a nutrirsi di carne; ma le precauzioni che prende e che varia, a seconda delle circostanze, per afferrare la preda, e la sua previsione dell'eventualità sono atti dell'intelligenza.
Sappiamo, adesso, che Spiriti disincarnati hanno per missione di vegliare sugli incarnati, di cui sono i protettori e le guide. Sappiamo, adesso, che li circondano dei loro effluvi fluidici, e che l'uomo agisce spesso in modo inconscio, sotto l'azione di questi effluvi.
Sappiamo, inoltre, che l'istinto, il quale produce lui stesso degli atti inconsci, predomina sui bambini e, in generale, sugli essere la cui ragione è debole. Orbene, secondo questa ipotesi l'istinto non sarebbe un attributo né dell'anima né della materia; non apparterrebbe propriamente all'essere vivente, ma sarebbe un effetto dell'azione diretta dei protettori invisibili, i quali supplirebbero all'imperfezione dell'intelligenza, provocando essi stessi gli atti inconsci necessari alla conservazione dell'essere. Ciò assomiglierebbe un po' all'uso delle briglie per bambini, per sostenerli quando ancora non sanno camminare. Ma, allo stesso modo con cui gradualmente si elimina l'uso delle briglie, via via che il bambino si sostiene da solo, così gli Spiriti protettori lasciano a sé stessi i loro protetti nella misura in cui questi sono in grado di lasciarsi guidare dalla loro stessa intelligenza.
Così l'istinto, lungi dall'essere il prodotto di una intelligenza rudimentale e incompleta, lo sarebbe di una intelligenza estranea nel pieno della sua forza. Si tratterebbe, cioè, di un'intelligenza protettrice, suppletiva dell'insufficienza, sia di una intelligenza più giovane — che essa spingerebbe a fare inconsciamente, per il suo stesso bene, ciò che è ancora incapace di fare da sola —, sia di una intelligenza matura, ma momentaneamente ostacolata nell'uso delle sue facoltà, come accade nell'uomo durante l'infanzia e nei casi di idiozia e di affezioni mentali.
Proverbialmente si dice che c'è un dio per i bambini, per i folli e per gli ubriachi. Tale detto è più vero di quanto non si creda; questo dio altri non è che lo Spirito protettore che veglia sull'essere incapace di proteggersi con la sua stessa ragione.
Se si osservano gli effetti dell'istinto, si nota innanzi tutto una unità di vedute e d'insieme, una sicurezza di risultati che non esistono più appena l'istinto è sostituito dall'intelligenza libera. Inoltre, all'adeguamento così perfetto e così costante delle facoltà istintive ai bisogni di ciascuna specie, si riconosce una profonda saggezza. Questa unità di vedute non potrebbe esistere senza l'unità di pensiero, e l'unità di pensiero è incompatibile con la diversità delle attitudini individuali. Essa soltanto poteva produrre questo insieme così perfettamente armonioso che persiste fin dall'origine dei tempi e in tutti i climi, con regolarità e precisione matematiche, senza mai venir meno. L'uniformità nel risultato delle facoltà istintive è un fatto caratteristico, che per forza di cose implica l'unità della causa. Se questa causa fosse inerente a ogni individualità, ci sarebbero tante varietà di istinti quanti sono gli individui, dalla pianta fino all'uomo. Un effetto generale, uniforme e constante deve avere una causa generale, uniforme e costante; un effetto che attesti saggezza e preveggenza deve avere una causa saggia e preveggente. Pertanto, una causa saggia e preveggente essendo necessariamente intelligente, non può essere esclusivamente materiale.
Non trovando nelle creature, incarnate o disincarnate, le qualità necessarie per produrre un tale risultato, è necessario risalire più in alto, vale a dire al Creatore stesso. Se ci si riporta alla spiegazione che è stata data circa il modo in cui si può concepire l'azione provvidenziale (cap. II, n. 24), se ci si figurano tutti gli esseri pervasi dal fluido divino, sovranamente intelligente, si comprenderà la saggezza preveggente e l'unità di vedute che presiedono a tutti i movimenti istintivi, per il bene di ciascun individuo. Questa sollecitudine è tanto più attiva, quanto meno risorse l'individuo ha in sé e nella sua stessa intelligenza. È per questo che essa, negli animali e negli esseri inferiori, si mostra più grande e più assoluta che nell'uomo.
Secondo questa teoria, si comprende come l'istinto sia una guida sempre sicura. L'istinto materno, il più nobile di tutti, che il materialismo abbassa al livello delle forze attrattive della materia, si ritrova considerato e nobilitato. In ragione delle sue conseguenze, bisognava ch'esso non fosse abbandonato alle eventualità capricciose dell'intelligenza e del libero arbitrio. Attraverso la madre, Dio stesso veglia sulle Sue creature nascenti.
L'istinto è una guida sicura, sempre buona. In un determinato momento, esso può diventare inutile, ma mai nocivo. Esso, poi, si affievolisce per il predominare dell'intelligenza.
Le passioni, nelle prime età dell'anima, hanno questo in comune con l'istinto: gli esseri vi sono sollecitati con una forza egualmente inconscia. Le passioni nascono principalmente dalle necessità del corpo e dipendono, più che dall'istinto, dall'organismo. Ciò che soprattutto le distingue dall'istinto è il fatto che esse sono individuali e non producono, come quest'ultimo, degli effetti generali e uniformi. Variano, al contrario, di intensità e di natura a seconda degli individui. Esse sono utili, come stimolanti, fino allo sbocciare del senso morale, che di un essere passivo fa un essere raziocinante. Da questo momento esse diventano non più solamente inutili, ma nocive all'avanzamento dello Spirito, di cui ritardano la smaterializzazione. S'indeboliscono con lo sviluppo della ragione.
Distruzione degli esseri viventi, gli uni con gli altri
A colui che non vede che la materia, che limita la sua visione della vita a quella presente, questa sembrerebbe in effetti un'imperfezione nell'opera divina. Il fatto è che, in generale, gli uomini giudicano la perfezione di Dio dal loro punto di vista. E, misurandone la saggezza con il giudizio che di essa hanno, pensano che Dio non potrebbe fare meglio di quanto essi stessi farebbero. Non permettendo la loro corta vista di giudicare l'insieme, essi non comprendono che un bene reale può derivare da un male apparente. La conoscenza del principio spirituale, considerato nella sua vera essenza, e della grande legge di unità, che costituisce l'armonia della creazione, è la sola che possa dare all'uomo la chiave di questo mistero e mostrargli la saggezza provvidenziale e l'armonia, esattamente là dove egli non vedeva che un'anomalia e una contraddizione.
Attraverso l'incessante spettacolo della distruzione, Dio insegna agli uomini la poca importanza ch'essi devono dare all'involucro materiale e suscita in loro l'idea della vita spirituale, facendogliela desiderare come un compenso.
Dio, si dirà, non poteva arrivare al medesimo risultato con altri mezzi, senza costringere gli esseri viventi a distruggersi tra loro? Se nella Sua opera tutto è saggezza, noi dobbiamo supporre che questa saggezza non deve mancare su questo punto più che sugli altri; se non comprendiamo ciò, dobbiamo attribuirne la causa al nostro scarso progresso. Tuttavia, noi possiamo provare a cercarne la ragione, prendendo come bussola questo principio: Dio deve essere infinitamente giusto e saggio. Cerchiamo, dunque, in ogni cosa la Sua giustizia e la Sua saggezza e inchiniamoci davanti a quanto oltrepassa le nostre cognizioni.
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[11] Vedere Rivista Spiritista dell'agosto 1864, pag. 241, "Estinzione delle razze".
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La lotta è necessaria allo sviluppo dello Spirito; è nella lotta ch'esso esercita le sue facoltà. Quello che attacca per avere il suo nutrimento e quello che si difende per conservare la sua vita compiono un attacco basato sull'astuzia e sull'intelligenza e aumentano così le loro forze intellettive. L'uno dei due soccombe. Ma che cosa, in realtà, il più forte o il più abile ha tolto al più debole? La sua veste di carne, niente altro. Lo Spirito, che non è morto, più tardi ne prenderà un'altra.
Presso l'uomo, c'è un periodo di transizione in cui, a fatica, egli si distingue dal bruto. Nelle ere primordiali, domina in lui l'istinto animale, e la lotta ha ancora come movente la soddisfazione dei bisogni materiali; più tardi, l'istinto animale e il sentimento morale si controbilanciano. L'uomo allora lotta, non più per nutrirsi, ma per soddisfare la sua ambizione, il suo orgoglio, il suo bisogno di dominare; per questo, deve ancora distruggere. Ma, nella misura in cui il senso morale prende il sopravvento, il bisogno di distruzione diminuisce e finisce addirittura per cancellarsi. Tale bisogno diviene allora odioso all'uomo, il quale inizia ad avere in orrore il sangue.
Tuttavia, la lotta è sempre necessaria allo sviluppo dello Spirito, poiché, pur giunto a questo punto, che a noi sembra culminante, l'uomo è ben lungi dall'essere perfetto. È solo a prezzo della sua attività ch'egli acquisisce conoscenze ed esperienza e che si spoglia delle ultime tracce di animalità. Ma da questo momento, la lotta, da sanguinosa e brutale che era, diventa puramente intellettuale; l'uomo lotta contro le difficoltà e non più contro i suoi simili. [12]
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[12] Senza voler dare prematuramente giudizi sulle conseguenze che si potrebbero trarre da questo principio, noi abbiamo soltanto voluto dimostrare, con questa spiegazione, che la distruzione degli esseri viventi, gli uni verso gli altri, non inficia in nulla la saggezza divina, e che tutto si concatena nelle leggi della natura. Questa concatenazione è necessariamente infranta se si prescinde dal principio spirituale. È per questo che tanti problemi rimangono insoluti, se si considera soltanto la materia.
Le dottrine materialiste portano in sé il principio della loro distruzione. Esse hanno contro di sé non solo il loro antagonismo, con le aspirazioni dell'universalità degli uomini, non solo le loro conseguenze morali, che faranno sì ch'esse siano respinte quali disgregatrici della società, ma anche il bisogno che si prova di rendersi conto di tutto ciò che nasce dal progresso. Lo sviluppo intellettuale porta l'uomo alla ricerca delle cause; ora, per poco ch'egli rifletta, non tarderà a riconoscere l'impossibilità del materialismo a spiegare tutto. In quale Modo, dottrine che non soddisfano né il cuore né la ragione né l'intelligenza, che lasciano insolute le questioni più vitali, potrebbero mai prevalere? Il progresso delle idee ucciderà il materialismo, così come ha ucciso il fanatismo.
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Capitolo IV - RUOLO DELLA SCIENZA NELLA GENESI
Così, prima che l'uomo entrasse in possesso di questi elementi di valutazione, tutti i commentatori della Genesi, la cui ragione si bloccava di fronte a delle impossibilità materiali, si rigiravano nel medesimo cerchio senza riuscire a venirne fuori. Ci sono riusciti solo quando la scienza ha aperto la strada, facendo breccia nel vecchio edificio delle credenze. Allora tutto ha cambiato aspetto. Una volta trovato il filo conduttore, le difficoltà si sono prontamente appianate; al posto di una Genesi immaginaria, si è avuta una Genesi positiva e in qualche modo sperimentale; i confini dell'universo si sono estesi all'infinito. Si sono visti la Terra e gli astri formarsi gradualmente secondo leggi eterne e immutabili, che testimoniano della grandezza e della saggezza di Dio molto meglio di una creazione miracolosa uscita tutt'a un tratto dal nulla, come un cambiamento a scena aperta, per un'idea improvvisa della Divinità dopo un'eternità di inazione.
Poiché è impossibile concepire la Genesi senza i dati forniti dalla scienza, si può dire in tutta verità che la scienza è chiamata a costruire la vera Genesi secondo le leggi della natura.
No di certo, ma è incontestabile che ne ha distrutto irrevocabilmente tutti gli errori capitali e che, su dati irrefutabili, ne ha gettato le basi più essenziali. I punti ancora incerti non sono, per essere esatti, che questioni di dettaglio, la cui soluzione, qualunque essa sia in futuro, non può pregiudicare l'insieme. D'altronde, malgrado tutte le risorse di cui la scienza ha potuto disporre, le è mancato finora un elemento importante, senza il quale l'opera non potrebbe mai essere completa.
Come mai, però, non si è sollevato ben prima questo velo? Da un lato, c'è la mancanza di lumi che soltanto la scienza e una sana filosofia potevano dare, dall'altro, il principio dell'immutabilità assoluta della fede, conseguenza di un rispetto troppo cieco per una lettura alla lettera — rispetto che anche la ragione doveva osservare — e, in seguito, la paura di compromettere l'impalcatura di credenze costruite sul senso letterale. Partendo queste credenze da un punto primitivo, si è temuto che, se il primo anello della catena fosse venuto a spezzarsi, tutte le maglie della rete avrebbero finito col separarsi. È per questo che si sono voluti ostinatamente chiudere gli occhi. Ma chiudere gli occhi di fronte a un pericolo non significa evitarlo. Quando un edificio sta cedendo, non è forse più prudente sostituire le pietre in cattivo stato con delle nuove, piuttosto che attendere — per rispetto verso l'antichità dell'edificio — che il danno sia senza rimedio e che si debba ricostruirlo da cima a fondo?
Delle due, l'una: la scienza o ha torto o ha ragione; se ha ragione, essa non può fare in modo che un'opinione contraria sia vera; né c'è rivelazione che possa vincere sull'autorità dei fatti.
Incontestabilmente Dio, che è tutta verità, non può indurre gli uomini in errore, né consapevolmente né inconsapevolmente, altrimenti non sarebbe Dio. Se dunque i fatti contraddicono le parole che Gli sono attribuite, bisogna logicamente concludere che Egli non le ha pronunciate o che esse sono state erroneamente intese.
Se la religione soffre in alcune sue parti di queste contraddizioni, il torto non è da addebitare alla scienza, la quale non può far sì che quanto è non sia, ma agli uomini, per aver stabilito prematuramente dei dogmi assoluti — di cui hanno fatto una questione di vita o di morte — su delle ipotesi suscettibili d'essere smentite dall'esperienza.
Ci sono delle cose al cui sacrificio bisogna rassegnarsi, volenti o nolenti, quando non si può fare diversamente. Quando il mondo è in cammino, non può la volontà di alcuni arrestarlo. La cosa più saggia da farsi è seguirlo e adattarsi al nuovo stato di cose, piuttosto che aggrapparsi al passato che crolla, col rischio di crollare con esso.
Ma la storia dell'uomo, considerato come essere spirituale, si collega a uno speciale ordine di idee che non sono di dominio della scienza propriamente detta, la quale, per questo motivo, non ne ha fatto l'oggetto delle sue indagini. La filosofia che più particolarmente comprende, nelle sue attribuzioni, questo genere di studio, non ha formulato su questo punto che dei sistemi contraddittori: dalla spiritualità pura fino alla negazione del principio spirituale e di Dio stesso, senza altre basi che le idee personali dei loro autori. In assenza di una sufficiente verifica ha quindi lasciato la questione senza soluzione.
Su tutte le questioni di tal genere, la scienza si mantiene muta. La filosofia non dà che delle soluzioni che arrivano a conclusioni diametralmente opposte, ma almeno essa permette di discutere, il che fa sì che molti si collochino al suo fianco, piuttosto che a quello della religione, che non discute.
Tale è l'inevitabile effetto delle epoche di transizione: l'edificio del passato crolla, e quello del futuro è ancora da costruire. Questo uomo è come l'adolescente, che non ha più la fede ingenua dei suoi primi anni e non ha ancora le conoscenze dell'età matura. Egli non ha che delle vaghe aspirazioni che non sa definire.
Capitolo V - ANTICHI E MODERNI SISTEMI DEL MONDO
Vedendo il sole apparire al mattino da un lato dell'orizzonte e scomparire la sera dal lato opposto, si concluse naturalmente che esso girava attorno alla Terra, mentre questa restava immobile. Se allora si fosse detto agli uomini che è il contrario che avviene, essi avrebbero risposto che ciò non poteva essere: "Perché — avrebbero detto — noi vediamo il sole cambiare di posto, ma non sentiamo la Terra muoversi".
La Terra era dunque per loro una superficie piana e circolare come una macina di mulino, che si estendeva a perdita d'occhio in direzione orizzontale; da qui l'espressione usata ancor oggi: andare in capo al mondo. I suoi limiti, il suo spessore, il suo interno, la sua faccia inferiore e quanto c'era sotto, tutto ciò era l'incognito. [13]
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[13] "La mitologia indù insegnava che l'astro del giorno si spogliava la sera della sua luce e attraversava il cielo durante la notte, scuro in volto. La mitologia greca rappresentava il carro di Apollo trainato da quattro cavalli. Anassimandro di Mileto sosteneva, a quanto riferisce Plutarco, che il Sole era un carro pieno d'un fuoco molto vivo che usciva da un'apertura circolare. Epicuro, secondo alcuni, sarebbe stato dell'opinione che il Sole prendesse fuoco al mattino e si spegnesse la sera nelle acque dell'oceano; secondo altri, egli avrebbe fatto di questo astro una sorta di pietra pomice, riscaldata fino all'incandescenza. Anassagora guardava al Sole come a un ferro arroventato dell'estensione del Peloponneso. Osservazione tanto singolare per gli antichi, i quali erano invincibilmente portati a considerare la grandezza apparente di questo astro come reale, che perseguitarono questo temerario filosofo per aver osato attribuire un tale volume alla fiaccola del giorno. Fu necessaria tutta l'autorità di Pericle per salvarlo da una condanna a morte che fu commutata in una sentenza d'esilio." [Flammarion, Studi e letture sull'astronomia, pag. 6]
Di fronte a tali idee, profferite nel quinto secolo avanti Cristo, ai tempi più fiorenti della Grecia, non ci si può stupire di quelle che, sul sistema del mondo, nutrivano gli uomini delle prime ere.
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Quantunque al giorno d'oggi le idee siano ben altre, l'uso delle antiche espressioni si è conservato. Si dice ancora, per esempio: la volta stellata, sotto la calotta del cielo.
Queste idee originarie, molto semplicistiche, hanno costituito, per lunghi e secolari periodi, la base delle credenze religiose e sono anche servite di base a tutte le cosmogonie antiche.
Ma su che cosa era poggiata la Terra? Sarebbe inutile riferire tutte le ridicole supposizioni enfatizzate dall'immaginazione, a partire da quella degli indiani, i quali raccontavano che fosse portata da quattro elefanti bianchi e che questi fossero a loro volta trasportati sulle ali di un immenso avvoltoio. I più saggi ammettevano che, loro, non ne sapevano nulla.
Nel movimento diurno della sfera stellata, si notò l'immobilità della stella polare, intorno alla quale le altre stelle descrivevano, in ventiquattro ore, dei cerchi obliqui paralleli più o meno grandi, a seconda della loro distanza dalla stella centrale. Questo fu il primo passo verso la conoscenza dell'obliquità dell'asse del mondo. Viaggi più lunghi permisero di osservare la differenza degli aspetti del cielo, secondo le latitudini e le stagioni. La verifica del fatto che l'elevazione della stella polare al di sopra dell'orizzonte variava con la latitudine aprì la strada alla percezione della sfericità della Terra. È così che, a poco a poco, ci si fece un'idea più giusta del sistema del mondo.
Verso l'anno 600 a.C., Talete da Mileto (Asia Minore) scoprì la sfericità della Terra, l'obliquità dell'eclittica e la causa delle eclissi.
Un secolo più tardi, Pitagora da Samo scopre il moto diurno della Terra sul suo asse, il suo moto annuale intorno al Sole e annette i pianeti e le comete al sistema solare.
Nel 160 a.C., Ipparco d'Alessandria d'Egitto inventa l'astrolabio, calcola e predice le eclissi, osserva le macchie solari, determina l'anno tropico e la durata delle rivoluzioni della Luna.
Per quanto preziose fossero queste scoperte per il progresso della scienza, esse ci misero quasi duemila anni per divulgarsi. Le idee nuove, non avendo allora, per diffondersi, nient'altro che dei rari manoscritti, restavano appannaggio di alcuni filosofi, i quali le trasmettevano a degli allievi privilegiati. Le masse, che nessuno quasi mai si sognava di illuminare, non ne traevano alcun beneficio e continuavano a nutrirsi delle vecchie credenze.
Secondo il Sistema Tolemaico, la Terra è una sfera al centro dell'universo.Essa si componeva di quattro elementi: la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco. C'era una prima regione, che era detta elementare. La seconda regione, detta eterea, comprendeva undici cieli, o sfere concentriche, che giravano attorno alla Terra, e cioè: il cielo della Luna, i cieli di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno, delle stelle fisse, del primo cristallino, sfera solida trasparente; poi, del secondo cristallino e, infine, del primo mobile, che dava il movimento a tutti i cieli inferiori e faceva loro compiere una rivoluzione ogni ventiquattro ore. Al di là degli undici cieli stava, l’Empireo, dimora dei beati, così chiamato dal greco par, che significa fuoco, poiché si credeva che questa regione risplendesse di luce come il fuoco.
La credenza in molti cieli sovrapposti ha per lungo tempo prevalso; ma si variava sul numero. Il settimo cielo era generalmente considerato come il più elevato; da qui l'espressione: essere estasiato fino al settimo cielo. San Paolo ha detto ch'egli era stato innalzato al terzo cielo.
Indipendentemente dal movimento comune, gli astri avevano, secondo Tolomeo, dei movimenti propri, più o meno ampi, a seconda della loro distanza dal centro. Le stelle fisse compivano una rivoluzione in 25.816 anni. Quest'ultima valutazione denota la conoscenza della precessione degli equinozi, che si compie in effetti in 25.868 anni.
Circa un secolo più tardi, nel 1609, Galileo, nato a Firenze, inventa il telescopio. Nel 1610 scopre i quattro satelliti di Giove e calcola le loro rivoluzioni; riconosce che i pianeti non hanno luce propria come le stelle, ma sono illuminati dal Sole; constata che sono delle sfere simili alla Terra; osserva le loro fasi e ne determina la durata della rotazione sul loro asse. Egli conferma così definitivamente, attraverso prove materiali, il sistema di Copernico.
Da allora la costruzione dei cieli sovrapposti crollò del tutto. I pianeti furono riconosciuti come mondi simili alla Terra e, come la Terra, senza dubbio abitati; le stelle come innumerevoli soli, probabili centri di altrettanti sistemi planetari; e il Sole, anch'esso, fu riconosciuto come una stella, centro di un turbinio di pianeti che gli sono soggetti. Le stelle non sono più confinate in una zona della sfera celeste ma irregolarmente disseminate nello spazio senza limiti. Quelle che sembrano sfiorarsi si trovano a distanze incommensurabili le une dalle altre; le più piccole in apparenza sono le più lontane da noi; le più grandi, quelle che sono le più vicine, sono ancora a centinaia di miliardi di leghe da noi.
I gruppi ai quali si è dato il nome di costellazioni non sono, in realtà, che dei raggruppamenti apparenti, dovuti dalla distanza; le loro figure sono effetti della prospettiva, come ne formano, alla vista di chi si trovi in un certo punto, delle luci sparse in una vasta pianura o degli alberi in una foresta. Ma questi raggruppamenti, in realtà, non esistono. Se ci si potesse trasportare nella regione di una di queste costellazioni, via via che ci si avvicinasse, quella figura scomparirebbe, e nuovi raggruppamenti si disegnerebbero di fronte a noi.
Dal momento che questi raggruppamenti esistono solo in apparenza, il significato che una popolare credenza superstiziosa attribuisce loro è illusorio, e la loro influenza non potrebbe esistere che nella immaginazione.
Per distinguere le costellazioni, si sono dati loro nomi quali: Leone, Toro, Gemelli, Vergine, Bilancia, Capricorno, Cancro, Orione, Ercole, Orsa Maggiore o Grande Carro, Orsa Minore o Piccolo Carro, Lira ecc. Sono state rappresentate con le figure che richiamano questi nomi, per la maggior parte di fantasia, ma che, in ogni caso, non hanno alcun rapporto con la forma apparente del gruppo di stelle. Sarebbe perciò inutile che si cercassero queste figure nel cielo.
La credenza nell'influenza delle costellazioni, di quelle soprattutto che costituiscono i dodici segni dello zodiaco, viene dall'idea legata ai nomi ch'esse portano. Se quella chiamata leone fosse stata chiamata asino o agnello certamente le sarebbe stato attribuito tutt'altro influsso.
Quanto grande è l'universo in confronto alle meschine proporzioni che gli assegnavano i nostri padri! Quanto sublime è l'opera di Dio, allorché vediamo ch'essa si realizza secondo le eterne leggi della natura! Ma anche quanto tempo, quanti sforzi di genio, quanta abnegazione sono stati necessari per aprire gli occhi agli uomini e strappar loro la benda dell'ignoranza!
Capitolo VI - URANOGRAFIA GENERALE
Lo spazio e il tempo
Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.
Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.
Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.
Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!
Ecco che cos'è lo spazio!
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!
La materia
Tuttavia, noi possiamo asserire, in via di principio assoluto, che, qualsiasi differenza possano presentare tutte le sostanze conosciute e sconosciute, sia dal punto di vista della loro costituzione interna, sia in rapporto alla loro azione reciproca, non sono, in effetti, che dei modi diversi sotto cui la materia si presenta; sono, insomma delle varietà nelle quali la materia si è trasformata sotto la direzione delle innumerevoli forze che la governano.
In compenso essa ha scoperto un numero considerevole di principi fino ad allora sconosciuti, che le è subito parso possibile potessero formare, attraverso loro determinate combinazioni, le diverse sostanze e i diversi corpi che essa ha studiato, e che agiscono simultaneamente, secondo certe leggi e in certe proporzioni, nei lavori che si realizzano nel grande laboratorio della natura. Questi principi sono stati dalla chimica denominati corpi semplici, precisando così ch'essa li considera primitivi e indecomponibili e che nessuna operazione, fino a oggi, potrebbe ridurli in parti relativamente più semplici di quanto essi stessi già non siano. [15]
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[15] I principali corpi semplici sono: tra i corpi non metallici, l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il cloro, il carbonio, il fosforo, lo zolfo, lo iodio; fra i corpi metallici, l'oro, l'argento, il platino, il mercurio, il piombo, lo stagno, lo zinco, il ferro, il rame, l'arsenico, il sodio, il potassio, il calcio, l'alluminio ecc.
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Dunque, che la sostanza che si considera appartenga ai fluidi propriamente detti, vale a dire ai corpi imponderabili, o che essa sia rivestita dei caratteri e delle proprietà ordinarie della materia, non c'è, in tutto l'universo, che una sola sostanza primitiva: il cosmo o materia cosmica degli uranografi.
Le leggi e le forze
Se, tuttavia, per un effetto meraviglioso della sua nuova potenza, quello stesso essere giungesse a elevarsi al di sopra delle sue tenebre eterne, fino alla superficie del mare, non lontano dalle rive lussureggianti di un'isola dalla vegetazione splendida, dal sole fecondo, dispensatore d'un benefico calore, quale giudizio esso darebbe allora delle sue anticipate teorie sulla creazione universale, teorie ch'esso ben presto cancellerebbe attraverso una più ampia valutazione, ma ancora relativamente incompleta quanto la prima? Tale, o uomini, è l'immagine della vostra scienza interamente speculativa! [16]
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[16] Tale è anche la situazione dei negatori del mondo degli Spiriti allorché, dopo aver abbandonato il loro involucro carnale, si offrono ai loro occhi gli orizzonti di quel mondo. Essi comprendono allora il vuoto delle teorie con le quali pretendevano di spiegare tutto attraverso la sola materia. Tuttavia, questi orizzonti hanno ancora per loro dei misteri che si dissolveranno solo successivamente, nella misura in cui essi si eleveranno attraverso la purificazione. Ma, fin dai loro primi passi in questo nuovo mondo, essi sono costretti a riconoscere la loro cecità e quanto fossero lontani dalla verità.
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Ora, come non c'è che una sola sostanza semplice, primitiva, generatrice di tutti i corpi, ma diversificata nelle sue combinazioni, così tutte queste forze dipendono da una legge universale diversificata nei suoi effetti e che, nei decreti eterni, è stata sovranamente imposta alla creazione per costituirne l'armonia e la stabilità.
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[17] Noi rapportiamo tutto a ciò che conosciamo, e di ciò che sfugge alla percezione dei nostri sensi non comprendiamo più di quanto il cieco dalla nascita non comprenda gli effetti della luce e l'utilità degli occhi. È possibile dunque che, in altri ambienti, il fluido cosmico abbia delle proprietà, delle combinazioni di cui noi non abbiamo alcuna idea, degli effetti appropriati a bisogni che ci sono sconosciuti, dando luogo a delle nuove percezioni o ad altri modi di percepire. Noi non comprendiamo, per esempio, che si possa vedere senza gli occhi del corpo e senza la luce. Ma chi ci dice che non esistano altri agenti, oltre alla luce, ai quali sono adeguati organismi speciali? La vista sonnambolica, che non viene arrestata né dalla distanza né dagli ostacoli materiali né dall'oscurità, ce ne offre un esempio. Supponiamo che, in un mondo qualsiasi, gli esseri siano normalmente quello che i nostri sonnambuli sono solo eccezionalmente; essi non avranno bisogno né della nostra luce né dei nostri occhi, e tuttavia essi vedranno ciò che noi non possiamo vedere. La medesima cosa è per tutte le altre sensazioni. Le condizioni di vitalità e di percettibilità, le sensazioni e i bisogni variano secondo gli ambienti.
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Voi non potreste apprezzare questa legge in tutto il suo valore, poiché le forze che la rappresentano nel vostro campo d'osservazione sono ristrette e limitate. Tuttavia, la gravitazione e l'elettricità possono essere considerate come una vasta applicazione della legge primordiale che regna al di là dei cieli.
Tutte queste leggi sono eterne — spiegheremo, poi, questa parola — e universali come la creazione. Essendo esse inerenti al fluido cosmico, agiscono necessariamente in tutto e dappertutto, modificando la loro azione attraverso la loro simultaneità o la loro successione; qui predominando, più lontano cancellandosi; potenti e attive in certi punti, latenti od occulte in altri; ma, infine, preparando, dirigendo, conservando e distruggendo i mondi nei loro diversi periodi di vita, governando i lavori meravigliosi della natura in qualsiasi punto essi si realizzino, assicurando per sempre l'eterno splendore della creazione.
La creazione primaria
Cerchiamo, ora, di comprendere meglio la grandezza dell'azione divina e la sua perennità sotto la mano dell'Essere assoluto! Dio è il sole degli esseri; è la luce del mondo. Ora, l'apparizione del sole dà istantaneamente origine a fiotti di luce, che vanno spandendosi da tutte le parti, nella infinita distesa. Egualmente l'universo, nato dall'Eterno, risale ai periodi inimmaginabili dell'infinito di durata; al Fiat lux! dell'inizio.
Quale mortale potrebbe mai dire delle magnificenze sconosciute e superbamente velate sotto la notte dei tempi, che si svilupparono in quelle antiche ere, in cui nessuna delle meraviglie dell'universo attuale esisteva; in quell'epoca primitiva, in cui — essendosi la voce del Signore fatta sentire — i materiali, che in avvenire si sarebbero aggregati simmetricamente e da sé stessi per formare il tempio. della natura, si trovarono improvvisamente in seno a vuoti infiniti; allorché, a quella voce misteriosa, che ogni creatura venera e ama come quella d'una madre, si produssero delle note armoniosamente varie, per andare a vibrare insieme e modulare il concerto dei vasti cieli!
Il mondo, al suo nascere, non si presentò affatto nella sua virilità e nella sua pienezza di vita. No! Il potere creatore non si contraddice mai, e, come tutte le cose, l'universo nacque bambino. Rivestita delle leggi più sopra menzionate e dell'impulso iniziale, inerenti alla sua stessa formazione, la materia cosmica diede successivamente origine a vortici, ad agglomerati di questo fluido diffuso, ad ammassi di materia nebulosa che si divisero essi stessi all'infinito per dar vita, nelle incommensurabili regioni dello spazio, a diversi centri di creazione simultanei o successivi.
In ragione delle forze che predominarono sull'uno o sull'altro e delle ulteriori circostanze che presiedettero ai loro sviluppi, questi centri primitivi diventarono i focolai di una vita speciale: gli uni, meno disseminati nello spazio e più ricchi in forze e principi attivi, incominciarono fin da quel momento la loro particolare vita astrale; gli altri, che occupavano una distesa illimitata, non s'ingrandirono che con estrema lentezza oppure si divisero di nuovo in altri centri secondari.
Ancora una volta, cerchiamo di comprendere meglio la natura. Sappiamo che l'eternità sta dietro di noi, come davanti a noi, che lo spazio è teatro di una successione e di una simultaneità inimmaginabile di creazioni. Certe nebulose, che a stento noi distinguiamo nei più lontani punti del cielo, sono degli agglomerati di soli in via di formazione; certe altre sono vie lattee di mondi abitati; altre ancora, infine, sono sede di catastrofi o di deperimenti. Sappiamo anche che, come siamo collocati in mezzo a un'infinità di mondi, allo stesso modo siamo collocati in mezzo a una duplice infinità di durate anteriori e ulteriori. Sappiamo, infine, che la creazione universale non è affatto limitata a noi e che non possiamo applicare questa espressione alla formazione isolata del nostro piccolo globo.
La creazione universale
La materia cosmica primitiva conteneva gli elementi materiali, fluidici e vitali di tutti gli universi che distendono le loro magnificenze davanti all'eternità. Essa è la madre feconda di tutte le cose, la prima antenata e, soprattutto, l'eterna generatrice. Non è affatto scomparsa quella sostanza da cui provengono le sfere siderali; non è affatto morta quella potenza, poiché essa ancora, incessantemente, dà alla luce nuove creature e, incessantemente, riceve i principi ricostituiti dei mondi che si cancellano dal libro eterno.
La materia eterea, più o meno rarefatta, che discende fra gli spazi interplanetari; questo fluido cosmico che riempie il mondo, più o meno rarefatto nelle regioni immense, ricche di agglomerati di stelle, più o meno condensato là dove il cielo astrale ancora non brilla, più o meno modificato da diverse combinazioni a seconda delle località dello spazio, altro non è che la sostanza primitiva in cui risiedono le forze universali, da cui la natura ha tratto tutte le cose. [18]
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[18] Se ci domandassero qual è il principio di queste forze e come può questo principio trovarsi nella, sostanza stessa che lo produce, noi risponderemmo che la meccanica ce ne offre numerosi esempi. L'elasticità, la quale fa sì che una molla si tenda, non si trova forse nella molla stessa e non dipende forse dal modo di aggregazione delle molecole? Il corpo che obbedisce alla forza centrifuga riceve il suo impulso dal movimento primitivo che gli è stato impresso.
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Le molecole del minerale hanno una certa parte di questa vita, come pure il seme e l'embrione, e si raggruppano, come nell'organismo, in figure simmetriche, le quali costituiscono gli individui.
È molto importante rendersi ben conto di questa nozione: la materia cosmica primitiva era investita non solo dalle leggi che assicurano la stabilità dei mondi, ma anche dal principio vitale universale che forma generazioni spontanee su ogni mondo, nella misura in cui si manifestano le condizioni della conseguente esistenza degli esseri e quando scocca l'ora della comparsa dei figli della vita durante il periodo creatore.
Si effettua così la creazione universale. È dunque giusto dire che, essendo le operazioni della natura l'espressione della volontà divina, Dio ha sempre creato, creato senza tregua e sempre creerà.
Riguardo al modo con cui sono stati creati gli Spiriti, tenuto anche conto della mia stessa ignoranza, io non posso dare che informazioni molto limitate. Inoltre, devo anche tacere su certe questioni, benché mi sia stato dato il permesso di approfondirle.
A coloro che sono religiosamente desiderosi di conoscenza e di sapere e che sono umili davanti a Dio, supplicandoli tuttavia di non basare sulle mie parole alcun sistema prematuro, io dirò: lo Spirito non giunge a ricevere l'illuminazione divina — che gli dà, nello stesso tempo, con il libero arbitrio e con la coscienza, anche la nozione dei suoi altri destini — senza prima essere passato attraverso la serie divinamente fatale degli esseri inferiori, fra i quali si elabora lentamente l'opera della sua individualità. È soltanto a decorrere dal giorno in cui il Signore imprime sulla sua fronte il Suo augusto sigillo, che lo Spirito prende posto in seno alle umanità.
Ancora una volta vi invito a non basare assolutamente sulle mie parole _ i vostri ragionamenti, così tristemente celebri nella storia della metafisica. Mille volte preferirei tacere su delle questioni così elevate, tanto al disopra delle nostre ordinarie meditazioni, piuttosto che farvi correre il pericolo di snaturare il senso del mio insegnamento e di gettarvi, per colpa mia, nei dedali inestricabili del deismo o del fatalismo.
I soli e i pianeti
Il movimento circolare, prodotto dalla gravitazione rigorosamente uguale di tutte le zone molecolari verso il centro, modificò ben presto la sfera primitiva per condurla, di movimento in movimento, verso la forma lenticolare. Stiamo parlando dell'insieme della nebulosa.
Allo stesso modo che un movimento troppo veloce della fionda ne spezza la corda e ne lancia lontano il proiettile, così la predominanza della forza centrifuga distaccò il cerchio equatoriale della nebulosa, e da quell'anello si formò una nuova massa, isolata dalla prima, ma tuttavia sottoposta al suo dominio. Questa massa ha conservato il suo movimento equatoriale che, modificato, diviene il suo movimento di traslazione attorno all'astro solare. Inoltre, il suo nuovo stato le dà un movimento di rotazione attorno al suo proprio centro.
La nebulosa quindi non avrà dato origine a un solo astro, ma a centinaia di mondi distaccatisi dal focolaio centrale, da essa generati secondo il modo di formazione più sopra menzionato. Ora, ciascuno di questi mondi, investito come il mondo primitivo dalle forze naturali che presiedono alla creazione degli universi, genererà in seguito nuovi globi che d'ora in avanti graviteranno intorno a lui, come esso gravita unitamente ai suoi fratelli intorno al focolaio della loro esistenza e della loro vita. Ciascuno di questi mondi sarà un sole, centro di un sistema di pianeti distaccatisi in seguito dal suo equatore. Questi pianeti riceveranno una vita speciale, particolare, benché dipendente dal loro astro generatore.
I satelliti
È così che la Terra ha dato origine alla Luna, la cui massa, meno considerevole, ha dovuto subire un raffreddamento più rapido. Ora, le leggi e le forze, che presiedettero al suo distacco dall'equatore terrestre, e il suo movimento di traslazione in questo stesso piano si effettuarono in modo tale che questo mondo, invece di assumere la forma sferoidale, assunse quella d'un globo ovoidale — vale a dire la forma allungata che ha l'uovo — il cui centro di gravità è fissato nella parte inferiore.
Da qui, le due nature essenzialmente distinte sulla superficie del mondo lunare. L'una, senza alcuna possibile analogia con il mondo terrestre, poiché i corpi fluidici ed eterei le sono sconosciuti; l'altra, leggera rispetto alla Terra, poiché tutte le sostanze meno dense si portarono su questo emisfero. La prima perpetuamente volta verso la Terra, senza acqua e senza atmosfera, se non talvolta ai limiti di questo emisfero sub terrestre; l'altra ricca di fluidi, perpetuamente opposta al nostro mondo. [19]
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[19] Questa teoria della Luna, completamente nuova, spiega attraverso la legge della gravitazione, la ragione per la quale questo astro presenti alla Terra sempre la medesima faccia. Il suo centro di gravità, invece di essere al centro della sfera, si trova su uno dei punti della sua superficie e, di conseguenza, esso è attirato verso la Terra da una forza maggiore di quella delle parti più leggere. La Luna produrrebbe così l'effetto di quelle figure chiamate misirizzi, che costantemente si raddrizzano sulla loro base, mentre i pianeti, il cui centro di gravità è a uguale distanza dalla superficie, girano regolarmente sul loro asse. I fluidi vivificanti, gassosi o liquidi, grazie alla loro leggerezza specifica, si troverebbero accumulati nell'emisfero superiore, costantemente opposto alla Terra. L'emisfero inferiore, il solo che noi vediamo, ne sarebbe privo e, di conseguenza, inadatto alla vita, mentre questa regnerebbe sull'altro. Se, dunque, l'emisfero superiore è abitato, i suoi abitanti non hanno mai visto la Terra, a meno che non facciano delle escursioni nell'altro emisfero, cosa, però, che sarebbe loro impossibile, dal momento che non vi sono le condizioni necessarie alla vivibilità.
Siccome questa teoria, quantunque sia razionale e scientifica, non ha ancoera potuto essere confermata da alcuna osservazione diretta, essa non può essere accettata che a titolo d'ipotesi, potendo, come idea, servire da punto base alla scienza. Ma si deve convenire che questa teoria è la sola, finora, che dà una spiegazione soddisfacente delle particolarità che presenta questo globo.
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Le comete
Ma, prima di esplorare, con l'aiuto di queste viaggiatrici dell'universo, i domini celesti, sarà bene far conoscere, tanto quanto sarà possibile, la loro natura intrinseca e il loro ruolo nell'economia planetaria.
Lì, la forma ellittica passa alla forma parabolica, e la marcia diventa tanto lenta che la cometa non riesce a percorrere più di qualche metro, nel medesimo tempo durante il quale, nel suo perigeo, percorreva molte migliaia di leghe. Forse un sole più potente di quello che ha appena lasciato esercita su questa cometa un'azione preponderante tanto da accoglierla nella schiera dei suoi sudditi. Allora, sulla vostra piccola Terra, invano le creature, attonite, ne attenderanno il ritorno, che avevano predetto basandosi su osservazioni incomplete. In questo caso, noi, che con il pensiero abbiamo accompagnato in quelle regioni sconosciute la cometa errante, ne incontreremo una, che gli occhi terreni non possono incontrare, inimmaginabile per gli Spiriti che abitano la Terra, inconcepibile perfino per le loro menti, poiché sarà teatro di inesplorate meraviglie.
Siamo giunti nel mondo astrale, in quel mondo abbagliante di immensisoli, che risplendono nello spazio infinito e che sono i fiori delmagnifico giardino della creazione. Là giunti, sapremo che cos'è la Terra.
La Via Lattea
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[20] Più di 3 trilioni e 400 bilioni di leghe.
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Ho detto "niente" perché le nostre determinazioni riguardano non solo l'estensione materiale e fisica dei corpi che studiamo — il che sarebbe poco —, ma anche, e soprattutto, il loro stato etico come abitazione, e il grado che occupano nell'eterna gerarchia degli esseri.
La creazione si mostra qui in tutta la sua maestà, creando e propagando, tutt'attorno al mondo solare e in ciascuno dei sistemi che l'attorniano da ogni parte, le manifestazioni della vita e dell'intelligenza.
Le stelle fisse
Là, gli anni non si misurano più secondo gli stessi periodi, né i giorni secondo gli stessi soli, e quei mondi illuminati da una doppia fiamma hanno ricevuto in sorte delle condizioni d'esistenza inimmaginabili per coloro che ancora non sono usciti da questo piccolo mondo terrestre.
Altri astri, senza corteggi, privi di pianeti, hanno ricevuto i migliori elementi di abitabilità che non sono mai stati conferiti a nessun altro. Le leggi della natura sono diversificate nella loro immensità, e se l'unità è la grande espressione dell'universo, non meno la varietà infinita ne è l'eterno attributo.
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[21] È ciò cui, in astronomia, si dà il nome di "stelle doppie". Si tratta di due soli di cui l'uno gira attorno all'altro, come un pianeta attorno al suo sole. Di quale singolare e magnifico spettacolo devono godere gli abitanti dei mondi che compongono questi sistemi illuminati da un doppio sole! Ma, anche, quanto diverse devono essere lì le condizioni della vitalità!
In una comunicazione data ulteriormente, lo Spirito di Galileo aggiunge: "Ci sono perfino sistemi più complicati, nei quali differenti soli esplicano, l'uno di fronte all'altro, il ruolo di satelliti. Si producono allora degli effetti di luce meravigliosi per gli abitanti dei globi che essi illuminano; tanto più che, malgrado la loro apparente vicinanza, mondi abitati possono circolare tra di loro e ricevere alternativamente onde di luce diversamente colorate, la cui riunione ricompone la luce bianca".
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Ora, questa marcia non è affatto fortuita, ed esso non se ne va, errando nei vuoti infiniti, a smarrire lontano dalle regioni che gli sono assegnate i suoi figli e i suoi sudditi. No di certo. La sua orbita è determinata e, unitamente ad altri soli del suo stesso ordine e circondati come lui da un certo numero di terre abitate, esso gravita attorno a un sole centrale. Il suo moto di gravitazione, come quello dei soli suoi fratelli, non è valutabile attraverso delle osservazioni annuali, perché periodi secolari in grande numero sarebbero a stento sufficienti a marcare il tempo di uno di questi anni astrali.
Noi potremmo costatare questa subordinazione consecutiva di soli ad altri soli fin quando la nostra immaginazione non sia stanca di inerpicarsi su per una tale gerarchia; perché — non dimentichiamolo — nella Via Lattea, si può contare un numero tondo di circa trenta milioni di soli, subordinati gli uni agli altri come giganteschi ingranaggi di un immenso sistema.
Questi sistemi di sistemi apparirebbero, da lontano, all'occhio investigatore del filosofo che sapesse abbracciare il quadro sviluppato dallo spazio e dal tempo, come una polvere di perle d'oro sollevata in vortici, sotto il soffio divino che fa volare i mondi siderali nei cieli, come i granelli di sabbia sulle dune del deserto.
Non c'è, in nessuna parte, né immobilità né silenzio né notte! Il grandioso spettacolo che si dispiegherebbe in tal modo davanti ai nostri sguardi sarebbe dunque la creazione reale, immensa e piena della vita eterea, che lo sguardo infinito del Creatore abbraccia nel suo insieme immenso.
Ma noi fin qui non abbiamo parlato che di una nebulosa. Sei milioni di soli, sei milioni di terre abitate non formano, come già abbiamo detto, che un'isola nell'arcipelago infinito.
I deserti dello spazio
Ora, si ricordi che la nebulosa stellare misura, in numero tondo, mille volte la distanza delle più vicine stelle, presa come unità di misura, vale a dire qualche centinaio di migliaia di trilioni di leghe. La distanza che si estende tra di esse, essendo di gran lunga maggiore, non potrebbe essere espressa con dei numeri accessibili alla comprensione del nostro spirito. Solo l'immaginazione, nelle sue più alte concezioni, è atta a valicare questa immensità prodigiosa, queste solitudini mute e prive di ogni apparenza di vita, e a considerare in qualche modo l'idea di questa infinità relativa.
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[22] Si dà, in astronomia, il nome di nebulose irresolubili a quelle di cui non si sono ancora potute distinguere le stelle che le compongono. In principio, erano state considerate come degli ammassi di materia cosmica in via di condensazione per formare dei mondi; ma oggi, in generale, si pensa che questa apparenza sia dovuta alla distanza e che, con strumenti abbastanza potenti, tutte sarebbero risolubili.
Un paragone familiare può dare un'idea, sebbene molto imperfetta, delle nebulose risolubili: sono i gruppi di scintille proiettate dai fuochi d'artificio, al momento della loro esplosione. Ciascuna di queste scintille rappresenterà una stella, e l'insieme di esse sarà la nebulosa o gruppo di stelle riunite in un punto dello spazio e sottoposte a una legge comune d'attrazione e di movimento. Viste da una certa distanza, queste scintille si distinguono a malapena, e il loro gruppo ha l'apparenza di una piccola nuvola di fumo. Questo paragone non reggerebbe se si trattasse di masse di materia cosmica condensata.
La nostra Via Lattea è una di queste nebulose. Essa conta quasi 30 milioni di stelle o soli, che non occupano meno di alcune centinaia di trilioni di leghe d'estensione, e tuttavia non è la più grande. Supponiamo soltanto una media di 20 pianeti abitati che girano attorno a ciascun sole. Si tratterebbe di circa 600 milioni di mondi per il nostro solo gruppo.
Se potessimo trasferirci dalla nostra nebulosa in un'altra, noi saremmo come nel mezzo della nostra Via Lattea, ma con un cielo stellato di tutt'altro aspetto. Questa, inoltre, nonostante le sue colossali dimensioni rispetto a noi, da lontano ci apparirebbe come un piccolo batuffolo lenticolare perduto nell'infinito. Ma prima di raggiungere la nuova nebulosa, noi saremmo come un viaggiatore che lasci una città e percorra una vasta regione disabitata prima di giungere in un'altra città. Noi, in tal caso, avremmo varcato spazi incommensurabili privi di stelle e di mondi, ciò insomma che Galileo chiama i deserti dello spazio. Via via che noi avanzassimo, vedremmo la nostra nebulosa fuggire dietro di noi, diminuendo di estensione ai nostri occhi. Nello stesso tempo, davanti a noi, si presenterebbe quella verso la quale noi ci dirigiamo, sempre più distinta, simile alla massa di scintille dei fuochi d'artificio. Trasportandoci con la mente nelle regioni dello spazio, al di là dell'arcipelago della nostra nebulosa, noi vedremo tutt'intorno a noi milioni di arcipelaghi e di forme diverse, ognuno dei quali racchiude milioni di soli e centinai di milioni di mondi abitati.
Tutto ciò che ci permette di assimilare l'immensità dell'estensione spaziale alla struttura dell'universo è utile all'ampliamento delle nostre idee, così ristrette a causa delle credenze popolari. Dio aumenta la Sua grandezza ai nostri occhi, nella misura in cui meglio comprendiamo la grandezza delle Sue opere e la nostra infimità. Noi siamo lontani, come ben si vede, da quella credenza stabilita dalla Genesi mosaica, la quale fa della nostra piccola e impercettibile Terra la creazione principale di Dio, e dei suoi abitanti i soli oggetti della Sua sollecitudine. Noi comprendiamo la vanità di quegli uomini, i quali credono che tutto è stato fatto per loro nell'universo, e anche di quelli che osano mettere in discussione l'esistenza dell'Essere supremo. Fra alcuni secoli, ci si stupirà che una religione fatta per glorificare Dio Lo abbia ridotto a così meschine proporzioni e che abbia respinto, come se fossero concezioni dello Spirito del male, quelle scoperte che avrebbero invece potuto aumentare la nostra ammirazione per la Sua onnipotenza, iniziandoci così ai grandiosi misteri della creazione. Ancor di più ci se ne stupirà, quando si saprà che tali scoperte sono state respinte, perché avrebbero dovuto emancipare lo spirito degli uomini e togliere così il predominio a coloro che si ritenevano i rappresentanti di Dio sulla Terra.
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Eterna successione dei mondi
Noi sappiamo già che queste leggi presiedono alla storia del Cosmo. Ciò che ora importa sapere è come esse presiedano egualmente alla distruzione degli astri, poiché la morte non è solo una metamorfosi dell'essere vivente, ma anche una trasformazione della materia inanimata. E se è vero dire, in senso letterale, che soltanto la vita è accessibile alla falce della morte, è anche esatto aggiungere che la sostanza deve in tutta necessità subire le trasformazioni inerenti alla sua costituzione.
Ora, si penserà forse che questa terra spenta e senza vita continuerà a gravitare negli spazi celesti, senza scopo, e passerà come un'inutile cenere nel vortice dei cieli? Si penserà forse che essa rimarrà iscritta nel libro della vita universale, dal momento che è diventata lettera morta e priva di senso? No, di certo. Le medesime leggi che l'hanno elevata al di sopra del caos tenebroso e che l'hanno gratificata degli splendori della vita, le medesime forze che l'hanno governata durante i secoli della sua adolescenza, che l'hanno sostenuta nei primi passi della sua esistenza e che l'hanno condotta all'età matura e alla vecchiaia, quelle medesime leggi presiederanno alla disgregazione dei suoi elementi costitutivi per renderli al laboratorio, dove la potenza creatrice attinge senza tregua le condizioni della stabilità generale. Questi elementi ritorneranno a quella massa comune dell'etere, per assimilarsi ad altri corpi o per rigenerare altri soli. E questa morte non sarà un avvenimento inutile né per questa Terra né per le sue sorelle: essa rinnoverà, in altre regioni, altre creazioni d'una natura differente, e là, dove sistemi di mondi sono svaniti, presto rinascerà un altro giardino di fiori più splendenti e più profumati.
Là dove i vostri occhi, sotto la volta della notte, ammirano splendide stelle, là dove il vostro spirito contempla magnifici irraggiamenti che risplendono in lontani spazi, là da molto tempo il dito della morte ha spento quegli splendori, da molto tempo il vuoto è succeduto a quei bagliori e ha, anzi, ricevuto nuove creazioni ancora sconosciute. La distanza immensa di quegli astri — per cui la luce che essi ci inviano impiega migliaia di anni per giungere fino a noi — fa sì che noi riceviamo soltanto oggi i raggi che essi ci hanno inviato molto tempo prima della creazione della Terra, e che ammireremo ancora per migliaia di anni dopo la loro reale sparizione. [23]
Che cosa sono i seimila anni dell'umanità storica, di fronte ai periodi secolari? Dei secondi nei vostri secoli. Che cosa sono le vostre osservazioni astronomiche di fronte allo stato assoluto del mondo? L'ombra eclissata dal Sole.
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[23] Questo è un effetto del tempo che la luce impiega per attraversare lo spazio. Essendo la sua velocità di 70.000 leghe al secondo, essa ci arriva dal Sole in 8 minuti e 13 secondi. Ne consegue che, se sulla superficie del Sole si verifica un fenomeno, noi lo percepiamo soltanto 8 minuti più tardi e, per la medesima ragione, lo vedremo ancora 8 minuti dopo la sua scomparsa. Se, in ragione della sua lontananza, la luce di una stella impiega mille anni per giungere fino a noi, noi non vedremo questa stella che mille anni dopo la sua formazione (vedere, per la spiegazione 'e la descrizione completa di questo fenomeno, la Rivista Spiritista di marzo e maggio 1867, p. 93 e p. 151; recensione di Lumen, attraverso il medium Camilo Flammarion).
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E quando questi periodi della nostra immortalità saranno passati sopra le nostre teste, quando la storia attuale della Terra ci apparirà come una vaga ombra in fondo ai nostri ricordi; e se avremo abitato, per secoli incalcolabili, questi diversi gradi della nostra gerarchia cosmologica; e se i più lontani domini delle età future saranno stati perlustrati in innumerevoli peregrinazioni, avremo davanti a noi la successione illimitata dei mondi e come prospettiva l'immobile eternità.
La vita universale
Una medesima famiglia umana è stata creata nell'universalità dei mondi, e i legami di una fraternità, da parte vostra non ancora apprezzati, sono stati attribuiti a questi mondi. Se questi astri, che si armonizzano nei loro vasti sistemi, sono abitati da intelligenze, non lo sono da esseri sconosciuti gli uni agli altri, ma al contrario da esseri marcati in fronte dal medesimo destino, che devono incontrarsi momentaneamente secondo le loro funzioni di vita, e ritrovarsi secondo le loro mutue simpatie. È la grande famiglia degli Spiriti, che popolano le terre celesti. È il grande irraggiamento dello Spirito divino che abbraccia la vastità dei cieli e che permane come genere primitivo e finale della perfezione spirituale.
Diversità dei mondi
Gettate per un istante lo sguardo su una qualsiasi regione del vostro globo e su una delle produzioni della vostra natura: non vi riconoscete forse il sigillo di una varietà infinita e la prova di un'attività senza eguali? Non vedete forse, sull'ala di un passerotto delle Canarie, sul petalo di un bocciolo di rosa appena schiuso, la prestigiosa fecondità di questa bella natura?
Che i vostri studi si applichino agli esseri che si librano nell'aria, che essi discendano fino alla violetta dei boschi, che s'inabissino nelle profondità dell'oceano, in tutto e dappertutto voi leggerete questa verità universale: la natura onnipotente agisce secondo le leggi, i tempi e le circostanze. Essa è una nella sua armonia generale, ma multipla nelle sue produzioni; essa si prende gioco di un sole come di una goccia d'acqua; essa popola di esseri viventi un mondo immenso con la medesima facilità con cui fa schiudere l'uovo deposto dalla farfalla d'autunno.
Non cercate di vedere, attorno a ciascun sole dello spazio, sistemi simili al vostro sistema planetario. Non cercate di vedere su questi pianeti sconosciuti i tre regni della natura che brillano attorno a voi. Ma pensate che, come non c'è un volto d'uomo che assomigli, nell'intero genere umano, a un altro volto, così una diversità prodigiosa e inimmaginabile è stata disseminata nelle dimore eteree che vagano in seno allo spazio.
Per il fatto che la vostra natura animata incominci nello zoofito per terminare nell'uomo, per il fatto che l'atmosfera alimenti la vita terrestre, per il fatto che l'elemento liquido la rinnovi incessantemente, per il fatto che le vostre stagioni facciano sì che in questa vita si avvicendino i fenomeni che le distinguono, non deducetene che i milioni di milioni di terre che vagano nell'immensa distesa siano simili alla Terra. Al contrario esse differiscono secondo le diverse condizioni che sono state loro assegnate e secondo il loro rispettivo ruolo sulla scena del mondo. Sono le gemme variegate di un immenso mosaico, i diversi fiori di un meraviglioso giardino.
Capitolo VII - ABBOZZO GEOLOGICO DELLA TERRA
Periodi geologici
La geologia è dunque una scienza tutta d'osservazione. Essa non trae conseguenze se non da ciò che vede; sui punti dubbi, essa non afferma nulla: emette soltanto delle opinioni da discutere, per la cui soluzione definitiva si dovranno attendere osservazioni più complete. Senza le scoperte della geologia, come pure senza quelle dell'astronomia, Genesi del mondo sarebbe ancora nelle tenebre della leggenda. Grazie alla geologia, oggi l'uomo conosce la storia della sua dimora, e il castello di favole che circondava la sua origine è crollato, per non riemergere mai più.
Da questi caratteri si deduce che tali strati si sono formati consecutivamente, depositandosi l'uno sull'altro in condizioni e per cause differenti. Naturalmente, i più profondi si sono formati per primi, i più superficiali posteriormente. L'ultimo di tutti, quello che si trova in superficie, è lo strato di terra vegetale, che deve le sue caratteristiche ai detriti delle materie organiche provenienti dalle piante e dagli animali.
Attraverso l'analisi della natura di queste rocce o strati, si può riconoscere, da determinati segni, che alcuni strati provengono da materiali fusi e, a volte, vetrificati dall'azione del fuoco; che altri provengono da sostanze terrose depositate dalle acque e che alcune di queste sostanze si sono conservate disgregate come, per esempio, le sabbie; che altri strati ancora, in principio allo stato pastoso, sotto l'azione di certi agenti chimici o per altre cause, si sono induriti e hanno acquisito, a lungo andare, la consistenza della pietra. I banchi di pietre sovrapposte rivelano depositi successivi. Il fuoco e l'acqua hanno dunque avuto la loro parte attiva nella formazione dei materiali che compongono la struttura solida del globo.
Da queste considerazioni, si può concludere con certezza che tutti gli strati pietrosi provenienti da depositi acquosi, in una posizione perfettamente orizzontale, sono stati formati nel corso dei secoli da acque tranquille; mentre tutte le volte che tali strati hanno una posizione inclinata, è perché il suolo è stato tormentato e dislocato posteriormente da sconvolgimenti generali o parziali più o meno considerevoli.
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[24] Fossile, dal latino fossíle, derivato di fóssus, part. pass. di fodére “scavare”. Questo termine si impiega, in geologia, per indicare corpi o relitti di corpi organici provenienti da esseri che erano vissuti anteriormente ai tempi storici. Per estensione, questo termine si impiega egualmente per indicare delle sostanze minerali che portano le tracce della presenza di esseri organici, quali le impronte di vegetali o di animali.
Il termine pietrificazione si usa soltanto per i corpi trasformati in pietra attraverso l'infiltrazione di materie silicee o calcaree nei tessuti organici. Tutte le pietrificazioni sono necessariamente dei fossili, ma non tutti i fossili sono delle pietrificazioni.
Gli oggetti che si rivestono di uno strato pietroso, quando sono immersi in talune acque cariche di sostanze calcaree, come quelle del ruscello di Saint-Allyre, presso Clermont, in Alvernia, non sono delle pietrificazioni propriamente dette, ma delle semplici incrostazioni.
I monumenti, le iscrizioni e gli oggetti che provengono dalla fabbricazione umana appartengono alla archeologia.
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[25] Al livello in cui Georges Cuvier ha portato la scienza paleontologica, spesso è sufficiente un solo osso per determinare il genere, la specie, la forma di un animale e le sue abitudini, e ricostruirlo così tutto intero.
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Le perturbazioni e i cataclismi, che hanno avuto luogo sulla Terra fin dalla sua origine, ne hanno dunque cambiato le condizioni di capacità verso il sostentamento della vita e hanno fatto scomparire generazioni intere di esseri viventi.
E quanti secoli di secoli, certamente, e quante migliaia di secoli, forse, sono accorsi a ciascun periodo per completarsi?! E quale possente forza è occorsa per spostare e rispostare l'oceano, sollevare le montagne?! Quante rivoluzione fisiche, quanti violenti sconvolgimenti la Terra ha dovuto attraversare prima di essere come noi la vediamo dall'inizio dei tempi storici?! E si vorrebbe che tutto questo fosse opera eseguita in meno tempo di quanto ne occorrerebbe per far spuntare una pianta!
Stato primitivo del globo
Dice il proverbio: "Non c'è fumo senza fuoco". Questa frase rigorosamente vera, è un'applicazione del principio: non c'è effetto senza causa. Per la medesima ragione, si può dire: non c'è fuoco senza focolaio. Ora, attraverso i fatti che scorrono sotto i nostri occhi, non si tratta solo del fumo che viene prodotto, ma del fuoco molto reale, che deve avere un suo focolaio. Venendo questo fuoco dall'interno del pianeta e non dall'alto, interno deve essere il focolaio; ed essendo permanente il fuoco, egualmente deve esserlo il focolaio.
Il calore, che aumenta nella misura in cui si penetra nell'interno della Terra e che, a una certa distanza dalla superficie, raggiunge una temperatura altissima; le sorgenti termali, tanto più calde quanto maggiore è la profondità da cui provengono; i fuochi e le masse di materie fuse e infuocate, che erompono dai vulcani come da immensi sfiatatoi, o dalle fenditure del suolo, provocate da certi sconvolgimenti della Terra, non possono lasciare alcun dubbio sull'esistenza di un fuoco interiore.
Benché questa sia soltanto una congettura, deducendo la causa attraverso l'effetto, essa ha tutti i caratteri della probabilità e si giunge così alla conclusione secondo cui la Terra è ancora una massa incandescente ricoperta d'una crosta solida dello spessore di 25 leghe tutt'al più, il che è appena la centoventesima parte del suo diametro. In proporzione, ciò sarebbe molto meno dello spessore della più sottile scorza d'arancia.
Del resto lo spessore della crosta terrestre è molto variabile, poiché vi sono zone, soprattutto nei terreni vulcanici, in cui il calore e la flessibilità del suolo indicano che non è affatto considerevole. L'alta temperatura delle acque termali è egualmente indice della vicinanza del fuoco centrale.
Periodo primario
Lo strato granitico è dunque il primo che si sia formato sul globo; esso lo avviluppa nella sua interezza e ne costituisce in qualche modo la struttura ossea; è il prodotto diretto della materia in fusione solidificatasi. È su questo strato e nelle cavità che presentava la sua superficie tormentata che si sono successivamente depositati gli strati degli altri terreni formatisi posteriormente. Lo strato granitico si distingue da questi ultimi per l'assenza di qualsiasi stratificazione, esso cioè forma una massa compatta e uniforme in tutto il suo spessore e non è disposto a strati. L'effervescenza della materia incandescente vi avrebbe prodotto numerose e profonde fenditure, attraverso cui tale materia si espandeva.
Sotto l'influenza di questi diversi agenti, la superficie granitica subì alternative alterazioni. Si produssero dei miscugli che formarono i terreni primitivi propriamente detti, che, sebbene distinti dalla roccia granitica, si presentavano tuttavia in masse confuse e senza stratificazioni regolari.
Vennero in seguito le acque che, cadendo su un suolo ardente, vaporizzavano di nuovo, ricadevano in piogge torrenziali e così di seguito, fin quando la temperatura non permise loro di rimanere sul suolo allo stato liquido.
È con la formazione dei terreni granitici che si dà inizio alla serie dei periodi geologici, ai quali converrebbe aggiungere quello dello stato primitivo dell'incandescenza del globo.
È impossibile assegnare una determinata durata a questo primo periodo, non più che ai periodi seguenti. Ma, tenuto conto del tempo che occorre a una sfera di un dato volume, riscaldata al calore bianco perché la sua superficie si raffreddi al punto che una goccia d'acqua possa restarvi allo stato liquido, si è calcolato che, se questa sfera avesse il volume della Terra, occorrerebbe più di un milione di anni.
Periodo di transizione
Le acque, poco profonde, ricoprivano quasi tutta la superficie del globo, fatta eccezione delle parti sollevate che formavano delle terre basse, frequentemente sommerse.
L'aria si era a poco a poco purificata dalle materie più pesanti, momentaneamente allo stato gassoso, le quali, condensandosi per effetto del raffreddamento, erano precipitate sulla superficie del suolo ed erano poi state trascinate via e dissolte dalle acque.
Quando si parla di raffreddamento riferito a quell'epoca, bisogna interpretare questa parola in senso relativo, cioè in rapporto allo stato primitivo, perché la temperatura doveva essere ancora ardente.
I densi vapori acquei, che si levavano da ogni parte dell'immensa superficie liquida, ricadevano in piogge abbondanti e calde e oscuravano l'aria. Tuttavia, attraverso quell'atmosfera brumosa, incominciavano ad apparire i raggi del sole.
Una delle ultime sostanze da cui l'aria dovette purificarsi, poiché il suo stato naturale è quello gassoso, fu l'acido carbonico, che ne formava allora una delle sue parti costitutive.
Appaiono allora i primi esseri viventi del regno vegetale e del regno animale. Dapprima in piccolo numero, se ne trovano poi tracce sempre più frequenti, nella misura in cui si sale negli strati di questa formazione. È degno di nota il fatto che, dappertutto, la vita si manifesti non appena le condizioni le sono propizie, nascendo ogni specie non appena si realizzano le condizioni adatte alla sua esistenza.
Gli animali di questo periodo, succeduti ai primi vegetali, sono esclusivamente marini: in principio sono polipi, raggiati e zoofiti, animali il cui organismo semplice e, per così dire, rudimentale si avvicina maggiormente a quello dei vegetali. Più tardi verranno crostacei e pesci le cui specie, però, non esistono più al giorno d'oggi.
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[26] Pianta palustre, volgarmente chiamata coda di cavallo.
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Questi detriti, accumulatisi durante una lunga serie di secoli, formarono degli strati di grande spessore. Sotto l'azione del calore, dell’umidità, della pressione esercitata dai depositi terrosi posteriori e, senza dubbio, sotto l'azione dei diversi agenti chimici, dei gas, degli acidi e dei sali, prodotti dalla combinazione degli elementi primitivi, queste materie vegetali subirono una fermentazione che le convertì in carbon fossile o litantrace. Le miniere di carbon fossile sono dunque il prodotto diretto della decomposizione di ammassi di vegetali accumulatisi durante il periodo di transizione. È per questo che lo si trova in quasi tutti i paesi. [27]
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[27] La torba si è formata alla stessa maniera, per la decomposizione di ammassi di vegetali in terreni paludosi; ma con questa differenza: essendo molto più recente e trovandosi senza dubbio in altre condizioni, non ha avuto il tempo di carbonizzarsi.
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Questo periodo ha dovuto essere molto lungo, a giudicare dal numero degli strati carboniferi e dal loro spessore. [28]
Supponendo solo mille anni per la formazione di ciascuno di questi livelli, sarebbero già 68.000 anni solo per questo strato carbonifero.
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[28] Nella baia di Fundy (Nuova Scozia), il geologo scozzese Lyell ha trovato, in uno strato di carbon fossile dello spessore di 400 metri, 68 livelli differenti, che presentavano tracce evidenti di numerosi suoli di foreste. I tronchi degli alberi avevano ancora le loro radici (L. Figuier).
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Periodo secondario
La vegetazione è meno rapida e meno colossale che nel periodo precedente, senza dubbio in seguito alla diminuzione del calore e dell'umidità e in seguito a modificazioni sopraggiunte negli elementi costitutivi dell'atmosfera. Alle piante erbacce e polpose si aggiungono quelle dal fusto legnoso e i primi alberi propriamente detti.
L'ittiosauro, specie di pesce-lucertola che giungeva fino ai 10 metri di lunghezza, e le cui mascelle, prodigiosamente allungate, erano armate di 180 denti. In generale la sua forma ricorda un po' quella di un coccodrillo, ma senza la corazza scagliosa. I suoi occhi avevano il volume della testa di un uomo; aveva pinne natatorie come la balena e, come la balena, rigettava l'acqua dagli sfiatatoi.
Il plesiosauro, altro rettile marino, grande quanto l'ittiosauro, aveva un collo lungo in modo abnorme, che si snodava come quello di un cigno, dandogli l'aspetto di un enorme serpente attaccato a un corpo di tartaruga. Aveva la testa di una lucertola e i denti di un coccodrillo; la sua pelle doveva essere liscia come quella dell'ittiosauro, poiché non è stata trovata traccia né di scaglie né di carapace. [29]
Il teleosauro si avvicina molto agli attuali coccodrilli, i quali sembrano esserne le copie ridotte. Come questi ultimi, aveva una corazza scagliosa e viveva sia nell'acqua sia sulla terra; la sua lunghezza era intorno ai 10 metri, di cui ben 3 o 4 solo per la testa; le fauci, enormi, avevano un'apertura di 2 metri.
Il megalosauro, grande lucertola, era una specie di coccodrillo di 14 o 15 metri di lunghezza, essenzialmente carnivoro, nutrendosi di rettili, di piccoli coccodrilli e di tartarughe. La sua formidabile mascella era armata di denti a forma di lama di roncola a doppio taglio, curvati all'indietro, di modo che, una volta penetrati nella preda, a questa non era più possibile di liberarsi.
L' iguanodonte, la più grande delle lucertole che siano mai esistite sulla Terra, misurava tra i 20 e i 25 metri, dalla testa all'estremità della coda. Il suo muso era sormontato da un corno osseo simile a quello dell'iguana dei giorni nostri, dalla quale sembra differire solo per la taglia, raggiungendo quest'ultima appena 1 metro di lunghezza. La forma dei denti prova che era erbivoro, e quella dei piedi che era un animale terrestre.
Lo pterodattilo era uno strano animale della grandezza d'un cigno, che aveva nello stesso tempo il corpo di un rettile e la testa di un uccello. Una membrana carnosa, simile a quella dei pipistrelli, gli univa le dita, che erano di una prodigiosa lunghezza. Di tale membrana si serviva come di un paracadute, quando si precipitava sulla preda dall'alto di un albero o di una roccia. Non aveva affatto ‘un becco corneo come gli uccelli, ma le ossa delle mascelle, lunghe quanto la metà del corpo e dotate di denti, terminavano a punta come un becco.
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[29] I primo fossile di questo animale è stato scoperto in Inghilterra nel 1823. Dopo, ne sono stati trovati altri in Francia e in Germania.
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Periodo terziario
La superficie del suolo divenne allora molto ineguale. Le acque che, fino ad allora, lo ricoprivano in maniera quasi uniforme nella maggior parte della sua estensione, furono respinte nelle parti più basse lasciando in secca o vasti continenti o sommità di montagne isolate dando così origine alle isole.
Questo è il grande fenomeno che si è verificato nel periodo terziari e che ha trasformato l'aspetto del globo. Esso non è avvenuto né istantaneamente né simultaneamente su tutti i punti del globo, ma in fasi susseguenti e in epoche più o meno distanziate.
È così che, a grandi altezze, si trovano considerevoli banchi di conchiglie, formatisi originariamente in fondo ai mari. È al giorno d'oggi perfettamente riconosciuto che in nessuna epoca il mare ha potuto raggiungere una tale altezza, poiché non basterebbero tutte le acque che esistono sulla terra, quand'anche ce ne fossero cento volte di più. Sarebbe necessario dunque supporre che la quantità d'acqua è diminuita, e allora ci si domanderebbe che ne è stato della parte scomparsa. I sollevamenti, che sono al giorno d'oggi un fatto incontestabile, spiegano in maniera tanto logica quanto rigorosa i depositi marini che si incontrano su certe montagne. [30]
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[30] Si sono trovati strati di calcare conchilifero sulle Ande d'America, a 5.000 metri sul livello dell'Oceano.
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Possiamo farci un'idea dell'intensità di questo fuoco, considerando che alcuni vulcani si aprono perfino in seno al mare, e che la massa d'acqua, che li ricopre e penetra in essi, non basta a spegnerli.
I successivi spostamenti di questa massa liquida hanno forzatamente travagliato e tormentato la superficie del suolo. Le acque, scorrendo, hanno trascinato con sé una parte dei terreni di formazione anteriore, messi allo scoperto dai sollevamenti; hanno denudato certe montagne che da esse erano ricoperte; hanno messo in luce la loro base granitica o calcarea; hanno scavato profonde vallate e altre ne hanno colmate.
Ci sono dunque montagne formate direttamente dall'azione del fuoco centrale: si tratta soprattutto delle montagne granitiche. Altre, invece, sono dovute all'azione delle acque che, trascinando con sé le terre mobili e le materie solubili, hanno scavato delle valli attorno a una base resistente, calcarea o di altra natura.
Le materie trascinate dalla corrente delle acque hanno formato gli strati del periodo terziario, i quali si distinguono facilmente da quelli dei periodi precedenti, più per la loro disposizione che per la loro composizione, la quale risulta essere quasi la stessa.
Gli strati del periodo primario, di transizione e secondario, formatisi su una superficie poco accidentata, sono uniformi su quasi tutta la Terra. Quelli del periodo terziario, al contrario, formatisi su una base molto ineguale e anche per la furia delle acque, presentano un carattere più locale. Dappertutto, scavando a una certa profondità, si trovano tutti gli strati anteriori e nell'ordine della loro formazione; non dappertutto, invece, è facile trovare terreno del periodo terziario, né di questo terreno sono reperibili tutti gli strati.
Periodo diluviale
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[31] È uno di questi blocchi, evidentemente proveniente, per la sua composizione, dalle montagne della Norvegia, che serve da piedistallo alla statua di Pietro il Grande, a San Pietroburgo.
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[32] Nel 1771, il naturalista russo Pallas ha trovato in mezzo ai ghiacci del Nord il corpo integrale di un mammut rivestito della pelle, e che conservava ancora una parte delle carni. Nel 1799, se ne scoprì un altro, anch'esso racchiuso in un enorme blocco di ghiaccio, alla foce della Lena, in Siberia, e fu descritto dal naturalista Adams. Gli Iacuti dei dintorni ne fecero a pezzi le carni per nutrire i loro cani. La pelle era coperta da crini neri e il collo era guarnito da una folta criniera. La testa, senza tener conto delle zanne che misuravano più di 3 metri, pesava più di 400 libbre. Il suo scheletro è ora nel museo di San Pietroburgo. Nelle isole e sulle coste del Mar Glaciale si trova una tale quantità di zanne, tanto da essere oggetto di un considerevole commercio sotto la denominazione di avorio fossile o della Siberia.
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Si suppone, abbastanza generalmente, che un brusco cambiamento abbia avuto luogo nella posizione dell'asse e dei poli della Terra: da qui un rovescio violento e generale delle acque sulla superficie terrestre. Se quel cambiamento si fosse verificato con lentezza, le acque si sarebbero spostate gradualmente, senza scosse; tutto, invece, indica una scossa violenta e improvvisa. Stante l'ignoranza assoluta della vera causa, non si possono fare che ipotesi.
Lo spostamento improvviso delle acque può anche essere stato causato dal sollevamento di alcune parti della crosta solida e dalla formazione di nuove montagne in seno ai mari, come è accaduto agli inizi del periodo terziario; ma oltre al fatto che allora il cataclisma non fu generale, questo non spiegherebbe il cambiamento improvviso della temperatura dei poli.
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[33] Si conoscono in gran numero simili caverne, alcune delle quali hanno un'estensione considerevole. Ne esistono alcune in Messico che misurano parecchie leghe; quella di Adelsberg – nome tedesco della città di Postumia –nella Carniola (Austria), non misura meno di tre leghe. Una delle più notevoli è quella di Gailenreuth, nel Wiirtemberg. Ve ne sono parecchie in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Sicilia e in altri paesi dell'Europa.
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Periodo postdiluviale o attuale - Nascita dell'uomo
Ciò che aveva indotto a pensare che l'apparizione degli uomini fosse posteriore al diluvio è il fatto che non si era trovata alcuna autentica traccia della loro esistenza durante il periodo anteriore. Le ossa scoperte in diversi luoghi e che hanno fatto credere all'esistenza d'una pretesa razza di giganti antidiluviani sono state riconosciute come ossa di elefanti.
Non è messo in dubbio, invece, il fatto che l'uomo non esistesse né nel periodo primario né in quello di transizione e neppure nel periodo secondario, non solo perché non se ne trovano assolutamente tracce, ma perché allora non esistevano per l'uomo le condizioni di vitalità. Se è comparso nel periodo terziario, ciò non può essere che verso la fine, e tuttavia doveva essere ben poco diffuso.
Del resto, il periodo diluviale, essendo stato breve, non ha apportato notevoli cambiamenti nelle condizioni atmosferiche; gli animali e i vegetali erano gli stessi tanto prima quanto dopo. Non è dunque impossibile che l'apparizione dell'uomo abbia preceduto quel grande cataclisma. La presenza della scimmia in quel periodo è oggi comprovata, e recenti scoperte sembrerebbero confermare quella dell'uomo. [34]
In ogni modo, che l'uomo sia o non sia comparso prima del grande diluvio universale, certo è che il suo ruolo umanitario ha incominciato a disegnarsi realmente solo nel periodo postdiluviale. Questo è dunque il periodo che può considerarsi caratterizzato dalla sua presenza.
[34] Vedere: rhomme antédiluvien (L'uomo antidiluviano) di Boucher de Perthes; Des outils de pierre (Utensili di pietra) dello stesso Autore, Casa Editrice Truttel. Discours sur les révolutions du globe (Discorso sulle rivoluzioni del globo) di Georges Cuvier, con note del dottor Hcefer, Casa Editrice Firmin Didot.
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Capitolo VIII - TEORIE SULLA FORMAZIONE DELLA TERRA
Teoria della proiezione
Vedendo tutti i pianeti muoversi nella medesima direzione, da occidente a oriente e nel medesimo piano, percorrendo delle orbite la cui inclinazione non oltrepassa i 7 gradi e mezzo, Buffon concluse, da questa uniformità, che essi dovevano venir messi in movimento dalla medesima causa.
Essendo il Sole, secondo Buffon, una massa incandescente in fusione, egli suppose che una cometa, avendolo urtato obliquamente, ne avesse, sfiorandone la superficie, distaccata una parte, la quale, proiettata nello spazio dalla violenza del colpo, si divise in più frammenti. Questi frammenti hanno formato i pianeti, i quali hanno continuato a muoversi circolarmente, per la combinazione della forza centripeta e della forza centrifuga, nel senso impresso dalla direzione del colpo primitivo, cioè sul piano dell'eclittica.
I pianeti sarebbero così parti della sostanza incandescente del Sole e, di conseguenza, sarebbero stati, alla loro origine, incandescenti essi stessi. Per raffreddarsi e consolidarsi ci avrebbero messo un tempo proporzionato al loro volume. Temperatura permettendo, la vita avrebbe poi preso origine sulla loro superficie.
In seguito all'abbassamento graduale del calore centrale, la Terra arriverebbe, in un determinato tempo, a uno stato di raffreddamento completo; la massa liquida diventerebbe completamente congelata, e l'aria, sempre più condensata, finirebbe per sparire. L'abbassamento della temperatura, rendendo impossibile la vita, condurrebbe alla diminuzione e poi alla sparizione completa di tutti gli esseri organizzati. Il raffreddamento, che avrebbe avuto inizio ai poli, guadagnerebbe successivamente tutte le terre fino a raggiungere l'equatore.
Questo, secondo Buffon, è lo stato attuale della Luna, che, più piccola della Terra, sarebbe oggi un mondo spento, dal quale la vita sarebbe ormai esclusa. Anche lo stesso Sole seguirebbe un giorno la medesima sorte. Secondo i suoi calcoli, la Terra avrebbe impiegato 74.000 anni circa per raggiungere la sua attuale temperatura e tra 93.000 anni vedrebbe la fine dell'esistenza della natura organizzata.
1°) Per lungo tempo si è creduto che le comete fossero dei corpi solidi, il cui scontro con un pianeta avrebbe potuto condurre alla distruzione di quest'ultimo. Secondo questa ipotesi, la teoria di Buffon non aveva nulla d'improbabile. Ma ora sappiamo che le comete sono formate da una materia gassosa condensata, tuttavia abbastanza rarefatta da poter noi scorgere, attraverso il loro nucleo, le stelle di media grandezza. In queste condizioni, offrendo una minor resistenza di quella del Sole, è impossibile che un colpo violento sia stato in grado di scagliare lontano una qualche parte della massa solare.
2°) La natura incandescente del Sole è ugualmente una ipotesi, che nulla, almeno finora, viene a confermare, e che, al contrario, le osservazioni sembrano smentire. Benché non si sia ancora completamente certi circa la sua natura, la potenza dei mezzi di osservazione di cui oggi si dispone ha permesso di studiarlo meglio. È ora generalmente ammesso dalla scienza che il Sole è un globo composto di materia solida, circondato da un'atmosfera luminosa, o fotosfera, la quale non è in contatto con la sua superficie. [35]
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[35] Si troverà una dissertazione, completa e all'altezza della scienza moderna, sulla natura del Sole e delle comete, in Études et lectures sur l'astronomie (Studi e letture sull'astronomia) di Camille Flammarion, Casa Editrice Gauthier-Villars.
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3°) Ai tempi di Buffon, si conoscevano soltanto i sei pianeti conosciuti dagli Antichi: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno. In seguito se n'è scoperto un gran numero, di cui tre principalmente — Giunone, Cerere e Pallade — hanno le loro orbite inclinate di 13, 10 e 34 gradi, il che non si accorda con l'ipotesi di un movimento unico di proiezione.
4°) I calcoli di Buffon sul raffreddamento sono stati riconosciuti del tutto inesatti, dopo la scoperta della legge sul decremento del calore, fatta da M. Fourier. Non sono 74.000 gli anni occorsi alla Terra per arrivare alla sua temperatura attuale, ma milioni di anni.
5°) Buffon ha considerato soltanto il calore centrale del globo, senza tener conto di quello dei raggi solari. Ora, è riconosciuto al giorno d'oggi, attraverso dati scientifici d'una precisione rigorosa e basati sull'esperienza, che in virtù dello spessore della crosta terrestre, il calore interno del globo non ha, da molto tempo ormai, che una influenza insignificante sulla temperatura della superficie esteriore. Le variazioni che questa atmosfera subisce sono periodiche e sono dovute all'azione preponderante del calore solare (cap. VII, n. 25). Essendo permanente l'effetto di questa causa, mentre l'effetto del calore centrale è nullo o quasi nullo, la diminuzione di quest'ultimo non può apportare alla superficie della Terra modifiche sensibili. Perché la Terra diventasse inabitabile a causa del raffreddamento generale, occorrerebbe l'estinzione del Sole. [36]
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[36] Vedere, per maggiori dettagli su questo argomento e per la legge del decremento del calore: Lettres sur les révolutions du globe (Lettere sulle rivoluzioni del globo) del dottor Bertrand, già allievo de 1'École polytechnique. Quest'opera, all'altezza della scienza moderna, scritta con semplicità e senza alcuno spirito di sistema, presenta uno studio geologico di grande interesse.
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Teoria della condensazione
Come si vede, queste due teorie portano al medesimo risultato: lo stato primitivo d'incandescenza del globo, la formazione di uma crosta solida attraverso il raffreddamento, l'esistenza del fuoco centrale, l'apparizione della vita organica non appena la temperatura la rende possibile. Nondimeno esse differiscono nei punti essenziali, ed è probabile che, se Buffon fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe avuto altre idee.
La geologia studia la Terra nel punto in cui l'osservazione diretta è possibile. Il suo stato anteriore, sfuggendo alla sperimentazione, non può essere che congetturale. Ora, tra due ipotesi, il buon senso suggerisce che bisogna scegliere quella che è suffragata dalla logica e che meglio concorda con i fatti osservati.
Teoria dell'incrostazione
“Dio, secondo la Bibbia, creò il mondo in sei giorni, quattromila anni prima dell'era cristiana. È quello che i geologi contestano attraverso lo studio dei fossili e le migliaia di caratteri incontestabili di antichità, che fanno risalire l'origine della Terra a milioni di anni addietro. Tuttavia le Sacre Scritture hanno detto la verità e anche i geologi, ed è un semplice contadino [37] che li mette d'accordo, insegnandoci che la nostra Terra non è che un pianeta incrostato molto moderno, costituito da materie molto antiche.
Dopo la scomparsa del pianeta sconosciuto, giunto a maturità o in armonia con il pianeta che esisteva al posto di quello che abitiamo noi oggi, l'anima della Terra ricevette l'ordine di riunire i suoi satelliti per formare il nostro globo attuale, in tutto e per tutto secondo le regole del progresso. Soltanto quattro di questi astri acconsentirono all'associazione che veniva loro proposta. La sola Luna persistette nella sua autonomia, perché anche i globi hanno il loro libero arbitrio. Per procedere a questa fusione, l'anima della Terra diresse verso i satelliti un raggio magnetico attrattivo che pose in stato catalettico tutto il loro patrimonio vegetale, animale e umano, che essi apportarono alla comunità. L'operazione non ebbe per testimoni che l'anima della Terra e i grandi messaggeri celesti, che l'aiutarono in questa grande opera, aprendo tali globi per mettere le loro viscere in comune. Praticata la saldatura, le acque fluirono nei vuoti lasciati dall'assenza della Luna. Le atmosfere si confusero, e il risveglio o la resurrezione dei germi ch'erano stati catalizzati ebbe inizio. L'uomo fu l'ultimo a essere tratto dal suo stato d'ipnosi e si vide circondato dalla vegetazione lussureggiante del paradiso terrestre, e dagli animali che pacificamente si aggiravano intorno a lui. Tutto questo poteva farsi in sei giorni grazie a dei collaboratori tanto potenti come quelli che Dio aveva incaricati all'uopo. Il pianeta Asia ci portò la razza gialla, quella più anticamente civilizzata; l'Africa, la razza nera; l'Europa, la razza bianca; l'America, la razza rossa. La Luna ci avrebbe forse portato la razza verde o blu.
Così, certi animali, di cui non si trovano che i resti, non sarebbero mai vissuti sulla nostra Terra attuale, ma sarebbero stati portati da altri mondi, sfasciatisi per vecchiezza. I fossili, che si incontrano in climi dove non avrebbero mai potuto esistere qui sulla Terra, vivevano senza dubbio in zone ben differenti, su globi dove essi sono nati. Ai poli della nostra Terra si ritrovano resti di animali che dovevano esser vissuti all'equatore del loro globo.”
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[37] M. Michel de Figagnères, autore de La clef de la vie (La chiave della vita).
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Se le cose si fossero verificate veramente così, come si spiegherebbe il fatto che non si trovano da nessuna parte le tracce di quelle immense suture che scenderebbero fino nelle viscere del globo? Poiché ognuno di quei mondi avrebbe apportato i suoi propri materiali, l'Asia, l'Africa, l'Europa e l'America avrebbero, ognuna, una geologia particolare e differente, cosa che non è. Per prima cosa si nota, al contrario, il nucleo granitico uniforme, di composizione omogenea in tutte le parti del globo, senza soluzione di continuità. Oltre a ciò, gli strati geologici di medesima formazione, identici nella loro costituzione, dappertutto sovrapposti nel medesimo ordine, si susseguono senza interruzione da una costa all'altra dei mari, dall'Europa all'Asia, all'Africa, all'America e viceversa. Questi strati, che offrono testimonianza delle trasformazioni del globo, attestano che queste trasformazioni si sono verificate su tutta la sua superficie e non soltanto su una parte. Essi ci mostrano i periodi di apparizione, esistenza ed estinzione delle medesime specie di animali e vegetali egualmente avvenute nelle differenti parti del mondo. Ci mostrano la fauna e la flora di questi passati periodi procedere dappertutto simultaneamente, sotto l'influenza di una temperatura uniforme, e cambiare dappertutto di carattere nella misura in cui la temperatura si modifica. Un tale stato di cose è inconciliabile con la formazione della Terra attraverso l'aggregazione di più mondi diversi.
Ci si chiede d'altronde che cosa sarebbe avvenuto del mare, che occupa il vuoto lasciato dalla Luna, se questa non si fosse rifiutata di unirsi alle sue sorelle. E che cosa accadrebbe della Terra attuale, se un giorno la Luna avesse la fantasia di venire a riprendersi il suo posto, scacciandone via il mare?
La concordanza che, con questo sistema, si pretende di stabilire tra la Genesi biblica e la scienza, è completamente illusoria, poiché è contraddetta dalla scienza stessa.
L'autore della lettera sopracitata, uomo di gran sapere, sedotto per un istante da questa teoria, ne vide ben presto i lati vulnerabili e non tardò a combatterla con le armi della scienza.
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[38] Quando un tale sistema si lega a tutta una cosmogonia, c'è da chiedersi su quale base razionale può riposare il resto.
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Anima della Terra
Lo sviluppo organico è sempre in rapporto con lo sviluppo del principio intellettivo. L'organismo si completa nella misura in cui le facoltà dell'anima si moltiplicano. La scala organica segue costantemente, in tutti gli esseri, la progressione dell'intelligenza, dal polipo fino all'uomo. Né poteva essere altrimenti, poiché all'anima occorre uno strumento adatto all'importanza delle funzioni ch'essa deve compiere. A che cosa servirebbe all'ostrica possedere l'intelligenza della scimmia senza gli organi necessari alla sua manifestazione? Se dunque la Terra fosse un essere animato, servendo essa da corpo a un'anima speciale, quest'anima, per effetto stesso della sua costituzione, dovrebbe essere ancora più rudimentale di quella del polipo, visto che la Terra non ha nemmeno la vitalità della pianta. Invece, per via del ruolo che viene attribuito a quest'anima, si fa della Terra un essere dotato di ragione e del più completo libero arbitrio, in breve, uno Spirito superiore, il che non è razionale, perché mai uno Spirito è stato più disgraziato e più imprigionato. L'idea dell'anima della Terra, intesa in questo senso, deve dunque essere confinata fra le concezioni sistematiche e chimeriche.
Per anima della Terra, si può intendere, più razionalmente, la collettività degli Spiriti incaricati della elaborazione e della direzione dei suoi elementi costitutivi, il che presuppone già un certo grado di sviluppo intellettivo. Oppure, e meglio ancora, lo Spirito a cui è affidata l'alta direzione dei destini morali e del progresso dei suoi abitanti riceve una missione, la quale non può essere destinata che a un essere eminentemente superiore riguardo a sapere e saggezza. In tal caso, questo Spirito non è, per essere esatti, l'anima della Terra, perché non è in essa incarnato, né subordinato al suo stato materiale; è un capo preposto alla sua direzione, come un generale è preposto al comando di un esercito.
Uno Spirito, incaricato d'una missione così importante, quale quella del governo di un mondo, non potrebbe avere dei capricci, oppure dovremmo riconoscere a Dio l'imprevidenza di affidare l'esecuzione delle sue leggi a degli esseri capaci di contravvenirvi per loro stessa cattiva volontà. Ora, secondo la dottrina della incrostazione, sarebbe la cattiva volontà dell'anima della Luna la causa per cui la Terra è rimasta incompleta. Ci sono idee che si negano da sé stesse (Rivista Spiritista del settembre 1868, pag. 261).
Capitolo IX - RIVOLUZIONI DEL GLOBO
Rivoluzioni generali o parziali
Il fuoco vi ha contribuito: sia a causa delle eruzioni vulcaniche, che hanno sepolto sotto spessi strati di cenere e lava le terre circostanti, facendo scomparire le città e i loro abitanti; sia a causa dei terremoti o dei sollevamenti della crosta solida, i quali hanno convogliato le acque verso le zone più basse; sia a causa dell'affossamento di questa stessa crosta in certe zone di estensione più o meno grande, dove le acque sono precipitate, lasciando allo scoperto altri terreni. È così che alcune isole sono sorte in mezzo all'Oceano, mentre altre sono scomparse; che porzioni di continenti sono stati separati e hanno formato delle isole; che bracci di mare, messi in secca, hanno riunito alcune isole ai continenti.
L'acqua vi ha contribuito: sia a causa dell'irruzione o del ritrarsi del mare su certe coste; sia a causa delle frane che, arrestando i corsi d'acqua, hanno formato dei laghi; sia a causa degli straripamenti e delle inondazioni; sia, infine, a causa degli interramenti formatisi alla foce dei fiumi. Questi interramenti, respingendo il mare, hanno creato nuovi territori: tale è l'origine del delta del Nilo o Basso Egitto, del delta del Rodano o Camargue.
Età delle montagne
Si è così costatato, attraverso l'osservazione, che i monti dei Vosgi, della Bretagna e della Costa d'Oro, in Francia, che non sono affatto elevati, appartengono alle più antiche formazioni. Essi datano dal periodo di transizione e sono anteriori ai depositi carboniferi. Il Giura si è formato verso la metà del periodo secondario ed è contemporaneo dei rettili giganteschi. I Pirenei si sono formati più tardi, all'inizio del periodo terziario. Il Monte Bianco e il gruppo delle Alpi occidentali sono posteriori ai Pirenei e datano dalla metà del periodo terziario. Le Alpi orientali, che comprendono le montagne del Tirolo, sono ancora più recenti, perché non si sono forniate che verso la fine del periodo terziario. Alcune montagne dell'Asia sono posteriori o contemporanee al periodo diluviale. Questi sollevamenti hanno senz'altro dovuto dar luogo a grandi perturbazioni locali e a inondazioni più o meno considerevoli, a causa dello spostamento delle acque, dell'interruzione e del cambiamento del corso dei fiumi. [39]
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[39] Il secolo passato offre un notevole esempio di un fenomeno di questo genere. A sei giorni di marcia da Città del Messico, si trovava, nel 1750, una zona fertile e ben coltivata, dove crescevano in abbondanza il riso, il mais e le banane. Nel mese di giugno, spaventosi terremoti sconvolsero il suolo e si ripeterono senza tregua per due mesi interi. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, la terra ebbe una violentissima scossa. Un terreno di parecchie leghe di estensione si sollevò a poco a poco e finì per raggiungere un'altezza di 500 piedi, su una superficie di 10 leghe quadrate. Il terreno ondeggiava come le onde del mare sotto il mugghiare della tempesta; migliaia di cumuli di terreno si sollevavano e s'inabissavano di volta in volta. Alla fine si spalancò un crepaccio di quasi 3 leghe; fumo, fuoco, pietre roventi e cenere furono lanciati a un'altezza incredibile. Da questa immensa voragine sorsero sei montagne, fra le quali un vulcano, cui è stato dato il nome di Jorullo, si eleva oggi a 550 metri sopra l'antica pianura. Nel momento in cui incominciarono le vibrazioni del suolo, i due fiumi Cuitimba e San Pedro, rifluendo all'indietro, inondarono tutta la pianura occupata oggi dal vulcano Jorullo; ma nel suolo che sempre s'innalzava, si aprì una voragine e li inghiottì. Essi riapparvero a ovest, in un punto molto distante dal loro antico letto (Louis Figuier, La Terra prima del diluvio).
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Diluvio biblico
Per gli uomini di allora, che non conoscevano che una estensione assai limitata del globo e che non avevano alcuna idea della sua configurazione, dal momento che l'inondazione aveva invaso i paesi fino ad allora conosciuti, per loro si trattava naturalmente dell'intera Terra. Se a questa credenza si aggiunge la forma fantasiosa e iperbolica, tipica dello stile orientale, non ci si potrà più meravigliare dell'esagerazione del racconto biblico.
[40] La leggenda indiana sul diluvio narra, secondo il libro dei Veda, che il dio Brahma, trasformatosi in pesce, si rivolse al pio monarca Vaivaswata e gli disse: "Il momento della dissoluzione dell'universo è ormai giunto. Ben presto tutto ciò che esiste sulla Terra sarà distrutto. Bisogna che tu costruisca una nave sulla quale t'imbarcherai, dopo aver preso con te i semi di tutti i vegetali. Mi attenderai su questa nave, e io verrò da te e avrò sulla testa un corno per far sì che tu mi riconosca". Il santo monarca obbedì. Costruì una nave, vi s'imbarcò e attaccò una fune molto resistente al corno del pesce. La nave fu trascinata pei parecchi anni, con una velocità estrema, in mezzo alle tenebre di una spaventosa tempesta, finché approdò sulla sommità del monte Himawat (Himalaya). Il dio Brahma raccomandò quindi a Vaivaswata di creare tutti gli esseri e di ripopolare la Terra. L'analogia di questa leggenda con il racconto biblico di Noè è straordinaria. Dall'India era passata in Egitto, così come un'infinità di altre credenze. Ora, siccome il libro dei Veda è anteriore a quello di Mosè, il racconto che vi si trova sul diluvio non può essere a imitazione di quest'ultimo. È probabile, perciò, che Mosè, il quale aveva studiato le dottrine dei sacerdoti egiziani, abbia tratto da quelle la sua descrizione.
Esso è ugualmente posteriore al grande diluvio universale che segnò l'inizio dell'attuale periodo geologico. Quando si parla di uomini e di animali antidiluviani, il riferimento è sempre rivolto a quel primo cataclisma.
Rivoluzioni periodiche
Questo movimento, che sarebbe impossibile spiegare in breve, senza l'ausilio di disegni e senza una dimostrazione geometrica, consiste in una sorta di oscillazione circolare che è stata paragonata a quella di una trottola piroettante sul punto di fermarsi. A seguito di tale movimento, l'asse della Terra, cambiando inclinazione, descrive un doppio cono, il cui vertice sta nel centro della Terra e le cui basi abbracciano la superficie circoscritta dai circoli polari, cioè un'ampiezza di 23 gradi e mezzo di raggio.
Ma, in seguito al graduale spostamento nell'obliquità dell'asse — il che porta a un altro spostamento nell'obliquità dell'equatore sull'eclittica — l'istante dell'equinozio si trova anticipato, ogni anno, di alcuni minuti (25 minuti e 7 secondi). Questo anticipo è detto precessione degli equinozi (dal latino praecedere, marciare in avanti, composto da prae, avanti, e cedere, andare).
Questi pochi minuti, con il passar del tempo, diventano ore, giorni, mesi e anni. Ne deriva così che l'equinozio di primavera, che ora cade a marzo, cadrà in un dato tempo a febbraio, poi a gennaio, quindi a dicembre. E allora nel mese di dicembre si avrà la temperatura del mese di marzo e nel mese di marzo quella di giugno, e così di seguito finché, ritornando nel mese di marzo, le cose si ritroveranno nello stato attuale, il che avverrà tra 25.868 anni, per ricominciare la medesima rivoluzione indefinitamente. [41]
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[41] La precessione degli equinozi causa un altro cambiamento, quello che si verifica nella posizione dei segni dello zodiaco. Impiegandoci la Terra per girare attorno al Sole un anno, nella misura in cui essa avanza, il Sole si trova ogni mese di fronte a una nuova costellazione. Tali costellazioni sono dodici, e precisamente: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Sono chiamate costellazioni zodiacali o segni dello zodiaco e formano un cerchio sul piano dell'equatore terrestre. Secondo il mese della nascita di un individuo, si diceva che era nato sotto il tale o talaltro segno: da qui i pronostici dell'astrologia. Ma, a causa della precessione degli equinozi, accade che i mesi non corrispondano più alle medesime costellazioni. Uno che nasca nel mese di luglio, per esempio, non è più sotto il segno del Leone, ma sotto quello del Cancro. Cade così l'idea superstiziosa legata all'influenza dei segni (cap. V, n. 12).
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[42] Lo spostamento graduale delle linee isotermiche — fenomeno riconosciuto dalla scienza in modo positivo come quello dello spostamento del mare — è un fatto materiale che poggia questa teoria.
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Tra queste conseguenze, due sono quelle che consideriamo principali e che passiamo qui di seguito a osservare.
1° Il riscaldamento e il raffreddamento alternativo dei poli e, di conseguenza, la fusione dei ghiacci polari durante la metà del periodo di 25.000 anni e la loro nuova formazione, durante l'altra metà di questo periodo, fanno supporre che i poli non sarebbero affatto condannati a una sterilità perpetua, ma godrebbero a turno dei benefici della fertilità.
2° Il graduale spostamento del mare, che invade a poco a poco alcune terre e ne pone allo scoperto altre, per nuovamente abbandonarle e rientrare nel suo antico letto, è un movimento periodico, indefinitamente rinnovato, che costituirebbe una vera marea universale di 25.000 anni.
La lentezza con cui questo movimento del mare si verifica fa sì che esso sia per generazioni e generazioni quasi impercettibile, divenendo sensibile in capo ad alcuni secoli. Il fenomeno non può causare nessun cataclisma improvviso, perché gli uomini, di generazione in generazione, si ritirano man mano che il mare avanza e si spostano su quelle terre da cui il mare si ritira. È a questa causa, più che probabile, che alcuni scienziati attribuiscono l'arretrare del mare su certe coste e la sua invasione su certe altre.
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[43] Tra i fatti che provano lo spostamento del mare, se ne possono citare alcuni appartenenti alla fenomenologia più recente. Nel golfo di Guascogna, tra il vecchio Soulac e la Torre di Cordouan, quando il mare è calmo, si possono scorgere, sul fondo delle acque, dei tratti di muraglia: sono i resti dell'antica e grande città di Noviomagus, invasa dai flutti nel 580. Lo scoglio di Cordouan, che allora si trovava unito alla riva, ora è a 12 chilometri da essa. Nel mare della Manica, sulla costa di Le Havre, le acque guadagnano terreno ogni giorno e minacciano i faraglioni di Sainte-Adresse, che cedono poco a poco. A 2 chilometri dalla costa, tra Sainte-Adresse e il capo di Hève, esiste il banco dell'Éclat, un tempo in vista e unito alla terraferma. Antichi documenti attestano che in quel luogo, su cui oggi si naviga, c'era il villaggio di Saint-Denis-chef-de-Caux. Quando, nel quattordicesimo secolo, le acque invasero quella terra, la chiesa, nel 1378, venne inghiottita. Si dice che, con il bel tempo e il mare calmo, se ne vedano i resti sul fondo del mare.
Su quasi tutta la distesa del litorale dell'Olanda, il mare è trattenuto solo a forza di dighe, che di quando in quando cedono. L'antico lago Flevo, che si riunì al mare nel 1225, forma oggi il Golfo di Zuyderzée. Questa irruzione dell'Oceano inghiottì parecchi villaggi. Per cui, il territorio di Parigi e della Francia tutta sarebbe un giorno nuovamente occupato dal mare, come lo è già stato parecchie volte, secondo quanto attestano le osservazioni geologiche. Le parti montagnose formeranno allora delle isole, come lo sono ora le isole Jersey, Guernesey e l'Inghilterra stessa, un tempo contigue al continente. Si navigherà sopra regioni che attualmente si percorrono in treno; a Montmartre, sul monte Valérien e sulle coste di Saint-Cloud e di Meudon approderanno le navi; i boschi e le foreste, dove ora si passeggia, saranno sepolti sotto le acque, saranno ricoperti di limo e popolati di pesci che sostituiranno gli uccelli. Il diluvio biblico non può aver avuta questa causa, poiché l'invasione delle acque fu repentina, e la loro permanenza di breve durata, mentre, diversamente, essa sarebbe stata di parecchie migliaia di anni — e durerebbe ancora — e gli uomini non se ne sarebbero neppure accorti.
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Cataclismi futuri
Potranno certamente ancora prodursi delle perturbazioni locali, in seguito a eruzioni vulcaniche, all'apertura di qualche nuovo cratere vulcanico, a inondazioni improvvise di certi territori; potranno sorgere dal mare alcune isole e altre inabissarvisi; ma il tempo dei cataclismi generali, come quelli che hanno segnato i grandi periodi geologici, è passato. La Terra ha raggiunto una stabilità che, senza essere del tutto invariabile, mette d'ora in avanti il genere umano al riparo dalle perturbazioni generali, a meno che non intervengano cause ignote, estranee al nostro globo e che in nessun modo si possano prevedere.
Né più temibile è la loro coda. Questa altro non è che il riflesso della luce solare nell'immensa atmosfera che le circonda, poiché essa è costantemente rivolta in direzione opposta a quella del Sole e cambia direzione secondo la posizione di questo astro. Questa materia gassosa potrebbe anche, a causa della rapidità con cui esse si muovono, formare una specie di chioma, come la scia al seguito di una nave o il fumo al seguito di una locomotiva. Del resto, molte comete si sono già avvicinate alla Terra senza produrvi alcun danno. E, in virtù della loro rispettiva densità, la Terra eserciterebbe sulla cometa un'attrazione maggiore di quella che la cometa eserciterebbe sulla Terra. Soltanto alcuni brandelli dei vecchi pregiudizi possono ispirare timori circa la loro presenza. [44]
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[44] La cometa del 1861 ha attraversato l'orbita della Terra in un punto dal quale questa si trovava a una distanza di venti ore soltanto. La Terra era dunque immersa nell'atmosfera della cometa, senza che da ciò sia scaturito alcun incidente.
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La Terra, tuttavia, avrà una fine. Come? Questo è ancora nel campo delle congetture. Ma, siccome essa è ancora lontana dalla perfezione, che è nelle sue potenzialità raggiungere, e lontana da quella vetustà che sarebbe un segno di declino, i suoi attuali abitanti possono star certi che un tale accadimento non apparterrà al loro tempo (cap. VI, n. 48 e ss.).
Aumento o diminuzione del volume della Terra
A sostegno dell'aumento del volume della Terra, alcuni si basano sul fatto che le piante rendano al terreno più di quanto ne traggano, cosa che è vera in un senso, ma non nell'altro. Le piante si nutrono tanto — e anche di più — delle sostanze gassose che attingono nell'atmosfera, quanto di quelle sostanze che aspirano attraverso le loro radici. Orbene, l'atmosfera fa parte integrante del globo; i gas che la costituiscono provengono dalla decomposizione dei corpi solidi, e questi, ricomponendosi, le riprendono ciò che le avevano dato. È questo uno scambio o piuttosto una trasformazione perpetua, dimodoché — attuandosi l'accrescimento dei vegetali e degli animali per mezzo degli elementi costitutivi del globo —, i loro resti, per quanto considerevoli possano essere, non aggiungono un solo atomo alla massa. Se la parte solida del globo aumentasse per questa causa in maniera permanente, ciò sarebbe a scapito dell'atmosfera che diminuirebbe altrettanto e finirebbe per essere inadatta alla vita. Ma essa recupera, attraverso la decomposizione dei corpi solidi, ciò che perde attraverso la loro composizione.
All'origine della Terra, i primi strati geologici si sono formati con materie solide momentaneamente volatilizzatesi per effetto dell'alta temperatura, e che più tardi, condensatesi per il raffreddamento, sono precipitate. Tali materie hanno incontestabilmente elevato un poco la superficie del suolo, ma senza nulla aggiungere alla massa totale, poiché ciò altro non era che uno spostamento di materia. Allorché l'atmosfera, purificata dagli elementi estranei che tratteneva in sospensione, si è trovata nel suo stato normale, le cose hanno seguito il corso regolare che hanno avuto successivamente. Oggi, la minima modifica nella costituzione dell'atmosfera condurrebbe, per forza di cose, all'annientamento degli attuali abitanti della Terra. Ma anche così, probabilmente, si formerebbero delle nuove razze in condizioni diverse.
Considerata da questo punto di vista, la massa del globo, vale a dire la somma delle molecole che compongono l'insieme delle sue parti solide, liquide e gassose, è incontestabilmente la medesima, fin dalla sua origine. Se il globo terrestre subisse una dilatazione o una condensazione, il suo volume aumenterebbe o diminuirebbe, ma la massa non subirebbe alcuna alterazione. Se, dunque, la Terra aumentasse la sua massa, ciò avverrebbe per effetto di una causa estranea, poiché non è possibile ch'essa attinga in sé stessa gli elementi necessari al suo aumento.
Secondo un'altra opinione, il globo aumenterebbe di massa e di volume per l'afflusso della materia cosmica interplanetaria. Questa idea non ha nulla d'irrazionale, ma è troppo ipotetica per essere ammessa come principio. Questo non è che un sistema combattuto da sistemi contrari, sui quali la scienza non ha ancora stabilito nulla. Su questo argomento, riportiamo qui di seguito l'opinione dell'eminente Spirito che ha dettato i sapienti studi uranografici, inseriti più indietro, precisamente nel capitolo VI.
"I mondi invecchiano, si esauriscono e tendono a dissolversi per servire da elementi di formazione ad altri universi. Essi, a poco a poco, rendono al fluido cosmico universale dello spazio ciò che ne hanno tratto per formarsi. Inoltre, tutti i corpi si usurano per attrito; il movimento rapido e incessante del globo attraverso il fluido cosmico ha come effetto quello di diminuirne costantemente la massa, benché di una quantità inapprezzabile in un determinato tempo. [45]
L'esistenza dei mondi può, secondo me, dividersi in tre periodi. — Primo periodo: condensazione della materia. Durante questo periodo il volume del globo diminuisce considerevolmente mentre la massa resta la stessa. È il periodo dell'infanzia. — Secondo periodo: contrazione e solidificazione della scorza; schiusa dei germi, sviluppo della vita fino all'apparizione del tipo più perfettibile. In questo momento il globo è in tutta la sua pienezza. È il periodo della virilità, e il globo perde, ma in maniera molto blanda, i suoi elementi costitutivi. — Nella misura in cui i suoi abitanti progrediscono spiritualmente, esso passa al periodo di decrescita materiale. Subisce delle perdite non soltanto in seguito all'attrito, ma anche per la disgregazione delle molecole, come una pietra dura che, corrosa dal tempo, finisca ridotta in polvere. Nel suo duplice movimento di rotazione e traslazione, il globo rilascia allo spazio particelle fluidificate della sua sostanza, fino al momento in cui la sua dissoluzione sarà completa.
Ma allora, siccome il potere d'attrazione è in ragione della massa — non dico del volume —, diminuita la massa del globo, si modificano le sue condizioni di equilibrio nello spazio. Dominato da pianeti più potenti, ai quali non può più fare da contrappeso, ne conseguono delle deviazioni nei suoi movimenti e, quindi, anche dei profondi cambiamenti nelle condizioni di vita nella sua superficie. Così, nascita, vita e morte, oppure infanzia, virilità e decrepitezza sono le tre fasi attraverso le quali passa ogni agglomerato di materia organica o inorganica. Solo lo Spirito, che non è materia, è indistruttibile." (Galileo, Società di Parigi, 1868)
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[45] Nel suo movimento di traslazione attorno al Sole, la velocità della Terra è di 400 leghe al minuto. Essendo la sua circonferenza di 9.000 leghe, nel suo movimento di rotazione sul suo asse, ogni punto dell'equatore percorre 9.000 leghe in 24 ore, cioè 6,3 leghe al minuto.
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Capitolo X — GENESI ORGANICA
Prima formazione degli esseri viventi.
Questa ultima supposizione è la più probabile, e si può anche dire che essa nasce dall'osservazione. In effetti, lo studio degli strati geologici attesta, nei terreni della medesima formazione, e ciò in proporzioni enormi, la presenza della medesima specie nei punti più lontani del globo. Questa moltiplicazione così generale e, in qualche modo, contemporanea sarebbe stata impossibile con un tipo primitivo unico.
D'altronde, la vita di un individuo, soprattutto la vita di un individuo nascente, è sottoposta a tante e tali vicissitudini che tutta una creazione, senza la pluralità dei tipi, avrebbe potuto essere compromessa. Ciò, inoltre, implicherebbe una imprevidenza inammissibile da parte del sovrano Creatore. D'altro canto se un tipo ha potuto formarsi su un punto, esso potrebbe essersi formato su parecchi altri punti per effetto della medesima causa.
Tutto concorre, dunque, a provare che vi è stata una creazione simultanea e multipla delle prime coppie di ciascuna specie animale e vegetale.
La combinazione di due corpi per formarne un terzo esige uno speciale concorso di circostanze: sia un determinato grado di calore, di secchezza o di umidità, sia il movimento o il riposo, sia una corrente elettrica ecc. Se non esistono queste condizioni, la combinazione non si attuerà.
Così l'ossigeno, combinato secondo certe proporzioni con il carbonio, lo zolfo e il fosforo, forma l'acido carbonico, l'acido solforico e l'acido fosforico. L'ossigeno e il ferro formano l'ossido di ferro o ruggine. L'ossigeno e il piombo, tutti e due innocui, danno luogo agli ossidi di piombo, quali il litargirio, la biacca e il minio, che sono velenosi. L'ossigeno, con metalli quali il calcio, il sodio e il potassio, forma la calce, la soda, la potassa. La calce unita all'acido carbonico forma i carbonati di calcio, o pietre calcaree, come il marmo, il gesso, la pietra da costruzione, le stalattiti delle grotte. Unita all'acido solforico, la calce forma il solfato di calce, o gesso, e l'alabastro; unita all'acido fosforico forma il fosfato di calcio, base solida delle ossa. Il cloro e l'idrogeno danno luogo all'acido cloridrico o idroclorico; il cloro e il sodio formano il cloruro di sodio o sale marino.
La Terra, alla sua origine, non conteneva queste materie in combinazione, ma soltanto i loro principi costituenti volatilizzati. Quando le terre calcaree e altre, divenute poi col tempo pietrose, si sono depositate sulla sua superficie, quelle materie non erano ancora del tutto formate. Ma nell'aria, allo stato gassoso, si trovavano tutte le sostanze primitive. Queste sostanze, precipitate per effetto del raffreddamento, sotto l'influenza di circostanze favorevoli, si sono combinate secondo il grado della loro affinità molecolare. Ed è allora che si sono formate le differenti varietà di carbonati, di solfati ecc., dapprima in dissoluzione nelle acque, in seguito depositate sulla superficie del suolo.
Supponiamo che, per una causa qualsiasi, la Terra ritornasse al suo stato primitivo d'incandescenza: tutto ciò si decomporrebbe. Gli elementi si separerebbero; tutte le sostanze fusibili si fonderebbero; tutte quelle che sono volatilizzabili si volatilizzerebbero. Poi un secondo raffreddamento porterebbe con sé una nuova precipitazione, e le antiche combinazioni si formerebbero di nuovo.
La disposizione regolare dei cristalli corrisponde alla forma particolare delle molecole di ciascun corpo. Queste particelle, infinitamente piccole per noi, ma che non tralasciano per questo di occupare un certo spazio, sollecitate le une verso le altre dall'attrazione molecolare, si sistemano e si giustappongono, secondo l'esigenza della loro forma, in maniera da prendere ciascuna il suo posto attorno al nucleo, o primo centro d'attrazione, e formare così un insieme simmetrico.
La cristallizzazione si attua soltanto sotto l'influenza di determinate circostanze favorevoli, in assenza delle quali essa non può aver luogo. Costituiscono condizioni essenziali il grado della temperatura e lo stato di quiescenza. Ben si comprende come un calore troppo forte, mantenendo le molecole distanziate, non permetterebbe loro di condensarsi. Inoltre, opponendosi l'agitazione alla loro disposizione simmetrica, esse non formerebbero che una massa confusa e irregolare, e non, pertanto, una cristallizzazione propriamente detta.
L'analisi chimica dimostra che tutte le sostanze vegetali e animali sono composte dai medesimi elementi che compongono i corpi inorganici. Di questi elementi, quelli che svolgono il ruolo principale sono l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio; gli altri non vi rientrano che accessoriamente. Come nel regno minerale, anche nel regno animale e vegetale la differenza di proporzione nella combinazione di quegli elementi produce tutte le varietà di sostanze organiche e le loro proprietà diverse, quali i muscoli, le ossa, il sangue, la bile, i nervi, la materia cerebrale, il grasso, presso gli animali; mentre presso i vegetali produce la linfa, il legno, le foglie, i frutti, le essenze, gli oli, le resine ecc. Così nella formazione degli animali e delle piante non entra alcun corpo speciale che non si incontri altrettanto nel regno minerale.*
* La tabella dell'analisi di alcune sostanze, che qui sotto riportiamo, mostra la differenza delle proprietà che risulta dalla sola differenza nella proporzione degli elementi costituenti. Su 100 parti abbiamo:
Carbonio |
Idrogeno |
Ossigeno |
Azoto |
|
Zucchero di canna |
42.470 |
6.900 |
50.530 |
- |
Zucchero d’uva |
36.710 |
6.780 |
56.510 |
- |
Alcol |
51.980 |
13.700 |
34.320 |
- |
Olio d’oliva |
77.210 |
13.360 |
9.430 |
- |
Olio di noce |
79.774 |
10.570 |
9.122 |
0,534 |
Grasso |
78.996 |
11.700 |
9.304 |
- |
Fibrina |
53.360 |
7.021 |
19.686 |
19.934 |
Nel succo d'uva non ci sono ancora né vino né alcol, ma semplicemente dell'acqua e dello zucchero. Quando questo succo è arrivato a maturazione e si trova nelle condizioni propizie, si produce in esso una trasformazione interna, alla quale si dà il nome di fermentazione. In questo travaglio, una parte dello zucchero si decompone; l'ossigeno, l'idrogeno e il carbonio si separano e si combinano nelle proporzioni necessarie a produrre l'alcol. Cosicché, bevendo del succo d'uva, in realtà non si beve affatto dell'alcol, dal momento che questo ancora non esiste: esso andrà formandosi con le parti costituenti dell'acqua e dello zucchero, senza che vi sia una molecola in più o in meno.
Nel pane e nei legumi che noi mangiamo non ci sono certamente né carne né sangue né ossi né bile né materia cerebrale; tuttavia quegli stessi alimenti, decomponendosi e ricomponendosi attraverso il lavoro della digestione, producono queste diverse sostanze attraverso la sola trasformazione dei loro elementi costitutivi.
Nel seme di un albero non vi sono né legno né foglie né fiori né frutti, e sarebbe puerile credere che l'intero albero, in forma microscopica, si trovi nel seme. Non c'è in questo seme, neppure lontanamente, la quantità d'ossigeno, d'idrogeno e di carbonio necessaria a formare una foglia di quell'albero. Il seme racchiude un germe che si schiude quando si trova in condizioni favorevoli; questo germe cresce attraverso i succhi che attinge dalla terra e i gas che aspira dall'aria. Questi succhi, che non sono né del legno né delle foglie né dei fiori né dei frutti, infiltrandosi nella pianta, ne formano la linfa, così come gli alimenti, presso gli animali, ne formano il sangue. Questa linfa, trasportata per mezzo della circolazione in tutte le parti del vegetale, si trasforma — a seconda degli organi in cui giunge e nei quali subisce una elaborazione particolare — in legno, foglie, frutti, proprio come il sangue si trasforma in carne, ossa, bile ecc. E, nondimeno, sono sempre i medesimi elementi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio diversamente combinati.
Siccome gli elementi costitutivi degli esseri organici e inorganici sono i medesimi; siccome noi li vediamo formare incessantemente, sotto l'influenza di certe circostanze, le pietre, le piante e i frutti, possiamo concludere che i corpi dei primi esseri viventi si sono formati, come le prime pietre, attraverso l'unione di molecole elementari grazie alla legge di affinità, nella misura in cui le condizioni di vitalità del globo terrestre sono state propizie alla tale o talaltra specie.
La similitudine di forma e di colore, nella riproduzione degli individui di ciascuna specie, può essere paragonata alla similitudine della forma di ogni specie di cristallo. Le molecole, giustapponendosi, sotto l'influenza della medesima legge, producono un insieme analogo.
Principio vitale.
Ma qualunque sia l'opinione che ci si possa fare sulla natura del principio vitale, esso esiste, poiché se ne vedono gli effetti. Si può dunque logicamente ammettere che, formandosi, gli esseri organici abbiano assimilato il principio vitale che era necessario alla loro destinazione. Oppure, se si vuole, si può affermare che questo principio si è sviluppato in ogni individuo, per l'effetto stesso della combinazione degli elementi, come vediamo svilupparsi, sotto l'influsso di determinate circostanze, il calore, la luce e l'elettricità.
L'attività del principio vitale è alimentata durante la vita dall'azione del funzionamento degli organi, allo stesso modo che il calore è mantenuto dal movimento di rotazione di una ruota. Quando questa azione cessa con la morte, il principio vitale si spegne, come avviene per il calore quando la ruota cessa di girare. Ma l'effetto prodotto sullo stato molecolare del corpo, attraverso il principio vitale, sussiste anche dopo l'estinzione di questo principio, come la carbonizzazione del legno persiste dopo l'estinzione del calore. Nell'analisi dei corpi organici, la chimica ne ritrova gli elementi costitutivi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio; ma non può ricostituirli, perché, non esistendo più la causa, essa non può riprodurre l'effetto, mentre può ricostituire una pietra.
Secondo questo modo di vedere, il principio vitale non sarebbe altro che quella specie particolare di elettricità, denominata elettricità animale, liberata durante la vita dall'azione degli organi, e la cui produzione viene arrestata alla morte dalla cessazione di questa azione.
Generazione spontanea.
La questione della generazione spontanea, di cui oggi tanto s'interessa la scienza, benché ancora presenti varie e differenti soluzioni, non può mancare di gettare una luce su questa argomentazione. Il problema da affrontare è questo: si formano ancora spontaneamente, ai nostri giorni, esseri organici attraverso la sola unione degli elementi costitutivi, senza germi previamente prodotti secondo il modo ordinario di generare, altrimenti detto senza né padri né madri?
I sostenitori della generazione spontanea rispondono affermativamente, appoggiandosi su osservazioni dirette che sembrano risolutive. Altri invece pensano che tutti gli esseri viventi si riproducono gli uni attraverso gli altri, e si basano sul fatto, comprovato dalla esperienza, secondo cui i germi di certe specie vegetali e animali, anche dispersi, possono conservare una vitalità latente per un tempo considerevole, fin quando le circostanze non siano favorevoli al loro schiudersi. Questa opinione lascia sempre sussistere la questione della formazione dei primi tipi di ciascuna specie.
Qui, per il momento, s'interrompono le indagini; si perde il filo conduttore, e, finché non lo si sarà trovato, il campo resta aperto alle ipotesi. Sarebbe quindi imprudente e prematuro presentare puri sistemi come verità assolute.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, noi non possiamo stabilire la teoria della generazione spontanea permanente se non come una ipotesi probabile e che, forse un giorno, potrà prendere posto tra le verità scientifiche riconosciute.*
* Rivista Spiritista, luglio 1868, pag. 201: "Sviluppo della teoria della generazione spontanea".
Scala degli esseri organici.
Come gli animali, anche le piante nascono, vivono, crescono, si nutrono, respirano, si riproducono e muoiono. Come gli animali, per vivere esse hanno bisogno di luce, di calore e di acqua; se ne vengono private, appassiscono e muoiono; l'assorbimento di aria viziata e di sostanze deleterie le avvelena. Il loro carattere distintivo più accentuato è quello di essere fissate al suolo e di trarre da esso il loro nutrimento senza spostarsi.
Lo zoofito ha l'aspetto esteriore di una pianta; come pianta si mantiene fisso al suolo, mentre come animale, la vita in esso è più accentuata e trae il suo nutrimento dall'ambiente.
Un gradino più su, l'animale è libero e va a cercarsi il nutrimento: vediamo in primo luogo le innumerevoli varietà di polipi dal corpo gelatinoso, senza organi ben distinti, e che differiscono dalle piante solo per la loro facoltà di movimento. Seguono poi, secondo l'ordine di sviluppo degli organi, dell'attività vitale e dell'istinto, gli elminti o vermi intestinali; i molluschi, animali carnosi, senza ossa, alcuni dei quali sono nudi, come le limacce, i polpi o piovre, mentre altri sono provvisti di conchiglia, come le chiocciole e le ostriche; i crostacei, la cui pelle è rivestita da una crosta dura, come i gamberi e le aragoste; gli insetti, presso i quali la vita assume un'attività prodigiosa, e si manifesta l'istinto industrioso, come nella formica, nell'ape e nel ragno. Alcuni di questi insetti subiscono una metamorfosi, come il bruco che si trasforma in elegante farfalla. Viene poi l'ordine dei vertebrati, animali con struttura ossea, che comprende i pesci, i rettili, gli uccelli. Seguono, infine, i mammiferi, la cui organizzazione è la più completa.
Secondo quanto detto, ben si comprende come non esista una generazione spontanea se non per gli esseri organici elementari. Le specie superiori sarebbero il prodotto delle trasformazioni successive di questi stessi esseri, nella misura in cui le condizioni climatiche fossero divenute loro propizie. Acquisendo ogni specie la facoltà di riprodursi, gli incroci hanno portato a innumerevoli varietà. E poi, una volta installata la specie, in condizioni durature di vitalità, chi ci dice che i germi primitivi, da cui essa è sorta, non siano spariti per sempre, come ormai inutili? Chi ci dice che il nostro attuale acaro sia lo stesso che, di trasformazione in trasformazione, ha prodotto l'elefante? Si spiegherebbe così perché non esiste generazione spontanea tra gli animali a organizzazione complessa.
Questa teoria, senza essere stata ancora ammessa in maniera definitiva, è quella che tende evidentemente a. predominare al giorno d'oggi in seno alla scienza. Essa è accolta dagli osservatori seri come la più razionale.
L'uomo corporeo.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
Lo Spiritismo avanza di pari passo con il materialismo sul terreno della materia. Esso ammette tutto ciò che il materialismo ammette; ma là, dove il materialismo si arresta, lo Spiritismo va oltre. Lo Spiritismo e il materialismo sono come due viaggiatori che procedano insieme, partendo da un medesimo punto; da qui, arrivati a una certa distanza, uno dei due dice: "Io non posso andare più lontano". L'altro continua la sua strada e scopre un mondo nuovo. Perché dunque il primo dice che il secondo è pazzo? Per il fatto, forse, che questi, intravedendo nuovi orizzonti decide di superare il limite dove all'altro conviene fermarsi? Cristoforo Colombo non fu forse anche lui trattato da folle, perché credeva a un mondo al di là dell'oceano? Quanti la storia ne annovera di tali pazzi sublimi, che hanno fatto avanzare l'umanità, e sui quali si intrecciano corone d'alloro, dopo aver loro gettato tanto fango!
Ebbene, lo Spiritismo, questa follia del diciannovesimo secolo, secondo quelli che si ostinano a rimanere sul ciglio terrestre, ci disvela tutto un mondo, un mondo ben più importante, per l'uomo, dell'America! Gli uomini, infatti, non vanno tutti in America, mentre tutti, senza eccezioni, vanno nel mondo degli Spiriti, facendo incessanti traversate dall'uno all'altro.
Giunti al punto della Genesi in cui siamo arrivati, il materialismo si arresta, mentre lo Spiritismo prosegue le sue ricerche nel campo della Genesi spirituale.
Capitolo XI - GENESI SPIRITUALE
Principio spirituale
Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.
Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.
Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.
All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.
Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).
Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.
Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.
Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.
Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.
Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.
Unione del principio spirituale con la materia
Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.
Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.
Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.
Ipotesi sull'origine del corpo umano
Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.
Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.
Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.
Incarnazione degli Spiriti
Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.
Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.
Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.
Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.
Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.
Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.
Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.
Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.
Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.
La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.
Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").
Reincarnazioni
Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).
Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.
Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.
All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).
Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.
Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.
Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.
Emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti
Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.
I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.
È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.
Razza adamitica
La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.
Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.
Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).
Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]
"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".
È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.
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[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
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Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.
Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.
Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto
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[49] Quando, nella Rivista Spiritista del gennaio 1862, noi abbiamo pubblicato un articolo sulla interpretazione della dottrina degli angeli decaduti, abbiamo presentato questa teoria solo come ipotesi, avendo noi solo l'autorità di una opinione personale controvertibile, perché difettavamo allora di elementi sufficientemente completi per un'affermazione assoluta. Noi l'abbiamo esposta a titolo di saggio, con l'intenzione di provocarne l'analisi, ben determinati ad abbandonarla o a modificarla, se fosse stato necessario. Oggi, questa teoria ha subito la prova del controllo universale. Non solo essa è stata accolta, dalla grande maggioranza degli Spiritisti, quale la più razionale e la più conforme alla sovrana giustizia di Dio, ma è stata anche confermata dalla generalità delle istruzioni date dagli Spiriti su questo argomento. La stessa cosa si è verificata con quanto concerne l'origine della razza adamitica.
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43. I mondi progrediscono fisicamente attraverso l'elaborazione della materia e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti che tali mondi abitano. La felicità in essi è direttamente proporzionale al predominio del bene sul male, e il predominio del bene è il risultato dell'avanzamento morale degli Spiriti. Il progresso intellettuale non è sufficiente, poiché con la sola intelligenza essi possono anche fare del male.
Quando, dunque, un mondo è giunto in uno dei suoi periodi di trasformazione, al fine di salire nella gerarchia dei mondi, nella sua popolazione incarnata e disincarnata si operano dei mutamenti; è allora che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni (nn. 34 e 35). Coloro che, malgrado la loro intelligenza e il loro sapere, hanno perseverato nel male, nella loro ribellione contro Dio e contro le sue leggi, sarebbero ormai un ostacolo per l'ulteriore progresso morale, una permanente causa di turbamento per la tranquillità e la felicità dei buoni. Ed è appunto per questo che ne vengono esclusi e inviati in mondi meno avanzati. Qui essi applicheranno la loro intelligenza e l'intuizione delle conoscenze che hanno acquisite, al progresso di coloro tra i quali sono chiamati a vivere. Nello stesso tempo, espieranno così, in una serie di esistenze dolorose e con un duro lavoro, le loro colpe passate e il loro volontario indurimento.
Che cosa saranno mai tali esseri, fra quelle popolazioni, nuove per loro e che ancora sono nello stato d'infanzia della barbarie, se non degli angeli o Spiriti decaduti inviati in espiazione? La terra da cui essi sono stati espulsi non è forse per loro un paradiso perduto? Non era forse per loro un luogo di delizie, in confronto all'ambiente ingrato in cui vanno a trovarsi, relegati per migliaia di secoli, fino a quando non avranno meritato la loro liberazione? Il vago ricordo intuitivo, che della terra da dove sono venuti custodiscono, è come un lontano miraggio che ricorda loro quanto per loro stessa colpa hanno perduto.
Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.
Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.
È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.
Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.
Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:
“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.
Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.
Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.
La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.
La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."
Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".
Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".
Capitolo XII - GENESI MOSAICA
I sei giorni
6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.
9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.
20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.
24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.
26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.
D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.
Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.
SCIENZA | GENESI |
I. PERIODO ASTRONOMICO — Agglomerazione della materia cosmica
universale su un punto dello spazio, in una nebulosa che ha dato
origine, attraverso la condensazione della materia su diversi punti,
alle stelle, al Sole, alla Terra, alla Luna e a tutti i pianeti. Stato primitivo fluidico e incandescente della Terra. — Immensa atmosfera carica di tutta l'acqua allo stato di vapore, e di tutte le materie volatilizzabili. | 1º GIORNO — Il Cielo e la Terra. — La luce. |
II. PERIODO PRIMÁRIO. — Indurimento della superficie della Terra, a
causa del raffreddamento; formazione degli strati granitici. —
Atmosfera densa e ardente, impenetrabile ai raggi del Sole. —
Precipitazione graduale dell'acqua e delle materie solide
volatilizzatesi nell'aria. — Assenza completa di vita organica. |
2º GIORNO — Il Firmamento. — Separazione dele acque che stanno al
di sopra del Firmamento da quelle che stanno al di sotto. |
III. PERIODO DE TRANSIZIONE. — Le acque coprono tutta la superficie
del globo. — Primi depositi di sedimento formati dalle acque. — Calore
umido. — Il Sole incomincia a perforare l'atmosfera brumosa. — Primi
esseri organizzati della più rudimentale costituzione. — Licheni,
muschi, felci, licopodi, piante erbacee. Vegetazione colossale. —Primi
animali marini: zoofiti, polipi, crostacei. —Depositi carboniferi. |
3º GIORNO. — Le acque che stanno sotto il Firmamento si riuniscono:
appare l’elemento arido. — La terra e i mari. — Le piante. |
IV. PERIODO SECUNDARIO. — Superficie della Terra poco accidentata;
acque poco profonde e paludose. Temperatura meno ardente; atmosfera
più depurata. Considerevoli depositi di calcare attraverso le acque. —
Vegetazioni meno colossali; nuove specie; piante legnose; primi
alberi. — Pesci; cetacei; animali con guscio; grandi rettili acquatici e
anfibi. | 4º GIORNO. — Il Sole, la Luna e le stelle. |
V. PERIODO TERZIARIO. — Grandi sollevamenti della crosta solida;
formazione dei continenti. Ritirata delle acque verso i luoghi bassi;
formazione dei mari. — Atmosfera depurata; temperatura attuale grazie al
calore solare. — Animali terrestri giganteschi. Vegetazioni e animali
attuali. Uccelli. DILUVIO UNIVERSALE | 5º GIORNO. — I pesci e gli uccelli. |
VI. PERIODO QUATERNARIO OU POSTDILUVIANO. — Terreni alluvionali. — Vegetali e anima li attuali. — L’uomo. | 6º GIORNO. — Gli animali terrestri. — L’uomo. |
Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.
D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.
C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.
Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.
In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.
Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.
Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.
Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.
Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.
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[50] Per quanto grossolano sia l'errore di una tale credenza, con essa ancora ai nostri giorni si cullano i fanciulli, come se si trattasse di una sacra verità. È soltanto tremando che gli educatori osano azzardare una timida interpretazione. Come pretendere che ciò non ne faccia più tardi degli increduli?
La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.
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[51] Il termine ebraico haadam, uomo, da cui si è fatto derivare Adamo, e il termine haadama, terra, hanno la stessa radice.
Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.
Il paradiso perduto
15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] – 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].
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[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.
[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
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6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]
8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.
9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".
14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".
16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".
20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.
21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]
23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
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[54] Dall'ebraico cherub, keroub, bue, charab, lavorare: angeli del secondo coro della prima gerarchia, che erano rappresentati con quattro ali, quattro facce e con zampe di bue.
Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.
Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]
L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]
La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.
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[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.
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È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" — Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.
È soltanto nella versione dei Settanta, — i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]
È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).
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[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.
Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.
È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.
Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.
Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.
Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).
Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)
Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.
Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.
La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]
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Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.
I Miracoli
Capitolo XIII - CARATTERI DEI MIRACOLI
I miracoli in senso teologico
Nella sua abituale accezione, questa parola ha perduto, come tante altre, il suo primitivo significato. Da generale che era, la parola miracolo è andata via via limitandosi a un ordine particolare di fatti. Nel pensiero delle masse, un miracolo implica l'idea di un fatto soprannaturale; in senso teologico, è una deroga alle leggi della natura, attraverso cui Dio manifesta la sua potenza. Tale è in effetti la sua accezione volgare, divenuta il suo stesso significato, ed è solo per confronto e per metafora che la si applica alle circostanze ordinarie della vita.
Una delle caratteristiche del miracolo propriamente detto è quella di essere inspiegabile, per il fatto stesso ch'esso avviene al di fuori delle leggi naturali. E questa idea è talmente legata al miracolo che, se un fatto miracoloso giunge a trovare una sua spiegazione, si dice allora che questo non è più un miracolo, per quanto sorprendente esso possa apparire. Ciò che dà, per la Chiesa, valore ai miracoli è esattamente la loro origine soprannaturale e l'impossibilità di spiegarli. La Chiesa è così saldamente attaccata a questa prerogativa, che ogni assimilazione dei miracoli ai fenomeni della natura viene tacciata di eresia, di attentato contro la fede. La Chiesa ha scomunicato e persino bruciato sul rogo persone che non avevano voluto credere a certi miracoli.
Un'altra caratteristica del miracolo è quella di essere insolito, isolato ed eccezionale. Dal momento che un fenomeno si riproduce, sia spontaneamente sia per un atto della volontà, significa che è sottoposto a una legge e che, di conseguenza, — sia questa legge nota o no — quello non può essere un miracolo.
I secoli dell'ignoranza sono stati fecondi in miracoli, poiché tutto ciò la cui causa fosse sconosciuta passava per soprannaturale. Nella misura in cui la scienza ha rivelato nuove leggi, il cerchio del meraviglioso si è ristretto. Ma siccome la scienza non aveva ancora esplorato tutto il campo della natura, una assai vasta parte restava ancora riservata al meraviglioso.
Lo Spiritismo non fa miracoli
Questi fenomeni, è vero, si ricollegano all'esistenza degli Spiriti e al loro intervento nel mondo materiale. Orbene, si dice, è qui che sta il soprannaturale. Ma allora bisognerebbe provare che gli Spiriti e le loro manifestazioni sono contrari alle leggi della natura: cosa che non è, né può essere l'azione di alcuna di queste leggi.
Lo Spirito altro non è se non l'anima che sopravvive al corpo; è l'essere principale poiché non muore, mentre il corpo è solo un accessorio che si distrugge. La sua esistenza è dunque del tutto naturale sia dopo sia durante l'incarnazione. L'anima è sottoposta alle leggi che reggono il principio spirituale, come il corpo è sottoposto a quelle che reggono il principio materiale. Ma siccome questi due principi hanno una necessaria affinità, per cui reagiscono incessantemente l'uno sull'altro e dalla loro azione simultanea risultano il movimento e l'armonia dell'insieme, ne consegue che la spiritualità e la materialità sono le due parti d'un medesimo tutto, naturale l'uno quanto l'altra, e che la spiritualità non è un'eccezione né un'anomalia nell'ordine delle cose.
Il soprannaturale, basato su apparenze inspiegabili, lascia liberocorso all'immaginazione, la quale, vagando nell'ignoto, genera così le credenze superstiziose. Una spiegazione razionale fondata sulle leggi della natura, riconducendo l'uomo sul terreno della realtà, fissa un punto d'arresto agli sviamenti dell'immaginazione e distrugge le superstizioni. Lungi dall'ampliare il dominio del soprannaturale, lo Spiritismo lo restringe fino ai suoi estremi limiti e lo sradica dal suo ultimo rifugio. Se esso fa credere alla possibilità di certi fatti, impedisce che si possa credere a molti altri, perché dimostra nel campo della spiritualità — come la scienza nel campo della materialità — ciò che è possibile e ciò che non lo è. Tuttavia, siccome non ha la pretesa di avere l'ultima parola su tutte le cose, neppure su quelle che sono di sua competenza, non si pone affatto nella posizione di regolatore assoluto del possibile e tiene conto delle conoscenze che l'avvenire riserva.
Ma che questi fenomeni siano o non siamo il risultato di un atto della volontà, la causa prima è esattamente la stessa, e non ci si allontana affatto dalle leggi naturali. I medium non producono, perciò, assolutamente nulla di soprannaturale; di conseguenza essi non fanno alcun miracolo. Le stesse guarigioni improvvise non sono più miracolose di altri effetti, poiché esse sono dovute all'azione di un agente fluidico che svolge il ruolo di agente terapeutico, le cui proprietà non sono meno naturali per il fatto di essere rimaste sconosciute fino a oggi. L'appellativo di taumaturghi, che viene dato a certi medium da una certa critica, la quale ignora i principi dello Spiritismo, è dunque del tutto improprio; la qualifica di miracoli, data in parallelo a questa specie di fenomeni, non può che indurre in errore circa il loro vero carattere.
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Lo Spiritismo, illuminandoci su questo potere, ci dà la chiave di una miriade di cose non spiegate e inspiegabili con ogni altro mezzo, e che sono potute passare, nei secoli scorsi, per dei prodigi. Lo Spiritismo rivela, allo stesso modo che il magnetismo, una legge che, se non proprio sconosciuta, era stata certamente mal compresa; o per meglio dire, di essa si conoscevano gli effetti perché si erano prodotti in ogni tempo, ma non se ne conosceva la legge, ed è stata l'ignoranza di questa legge che ha generato la superstizione. Conosciuta questa legge, il meraviglioso scompare, e i fenomeni rientrano nell'ordine delle cose naturali. Ecco perché gli Spiritisti non fanno miracoli facendo ruotare una tavola o facendo scrivere i trapassati, più di quanto non ne faccia un medico quando riporta in vita un moribondo, o un fisico quando fa cadere il fulmine. Colui che pretendesse, con l'aiuto di tale scienza, di fare dei miracoli sarebbe o un ignorante riguardo a tale argomento o un artefice d'inganni.
Diciamo, prima di tutto, che, tra i fatti reputati miracolosi, che si sono verificati prima dell'avvento dello Spiritismo e che ancora si verificano ai nostri giorni, la maggior parte, se non tutti, trovano la loro spiegazione nelle nuove leggi che lo Spiritismo è venuto a rivelare. Questi fatti rientrano dunque, benché sotto un altro nome, nell'ordine dei fenomeni spiritisti e come tali non hanno niente di soprannaturale. È chiaro che si tratta qui solo di fatti autentici, e non di quelli che, sotto il nome di miracoli, sono il prodotto di una indegna ciarlataneria col proposito di sfruttare una certa credulità. Né si tratta qui di certi fatti leggendari, che possono aver avuto, in origine, un fondo di verità, ma che la superstizione ha amplificati fino all'assurdo. È su questi fatti che lo Spiritismo viene a gettare luce, dando i mezzi per separare l'errore dalla verità.
Dio fa miracoli?
Perché mai, dunque, farebbe Egli dei miracoli? Per attestare il Suo potere, si dice. Ma il potere di Dio non si manifesta forse in maniera ben altrimenti sorprendente attraverso l'insieme grandioso delle opere della creazione, attraverso la previdente saggezza che presiede alle sue più infime parti come a quelle più alte, e attraverso l'armonia delle leggi che reggono l'universo, piuttosto che attraverso alcune piccole e infantili deroghe che ogni saltimbanco sa imitare? Che cosa si direbbe di uno scienziato della meccanica, il quale, per provare la sua abilità, distruggesse l'orologio ch'egli ha costruito e che è un capolavoro della scienza, al fine di dimostrare ch'egli può disfare ciò che ha fatto? Il suo sapere non risulta forse, al contrario, dalla regolarità e dalla precisione del movimento?
La questione dei miracoli propriamente detti non è quindi di competenza dello Spiritismo. Ma basandosi esso sul ragionamento secondo cui Dio non fa niente d'inutile, esprime questa opinione: Non essendo i miracoli necessari alla glorificazione di Dio, niente nell'universo si allontana dalle leggi generali. Dio non fa miracoli perché, essendo le Sue leggi perfette, Egli non ha bisogno di derogarvi. Se ci sono dei fatti che noi non comprendiamo, è perché ci mancano ancora le conoscenze necessarie.
Così la Chiesa distingue tra miracoli buoni, quelli che vengono da Dio, e miracoli cattivi, quelli che vengono da Satana. Ma come stabilire una simile differenza? Che un miracolo sia satanico o divino, non per questo è una minore deroga alle leggi emanate solo da Dio. Se un individuo è guarito in modo cosiddetto miracoloso, sia per opera di Dio, sia per opera di Satana, non cesserà per questo di essere guarito. Bisogna avere una ben gretta idea dell'intelligenza umana per sperare che simili dottrine possano venire accettate ai nostri giorni.
Essendo riconosciuta la possibilità di alcuni fatti reputati miracolosi, bisogna concluderne che, qualunque sia la fonte che viene a essi attribuita, sono effetti naturali di cui Spiriti o incarnati possono servirsi — come d'altronde di tutto, come della propria intelligenza o delle conoscenze scientifiche di cui dispongono — per il bene o per il male, secondo la loro bontà o la loro perversità. Un essere perverso, mettendo a profitto il suo sapere, può dunque fare delle cose che passano per prodigi agli occhi degli ignoranti. Ma quando questi effetti hanno per risultato un qualsiasi bene, sarebbe illogico attribuire loro un'origine diabolica.
Il soprannaturale e le religioni
Lo Spiritismo considera la religione cristiana da un punto di vista più elevato; le dà una base più solida di quella dei miracoli: le immutabili leggi di Dio, che reggono tanto il principio spirituale quanto il principio materiale. Questa base sfida il tempo e la scienza, poiché il tempo e la scienza la confermeranno.
Dio non diventa meno degno della nostra ammirazione, della nostra riconoscenza, del nostro rispetto, per non aver derogato alle Sue leggi, grandi soprattutto per la loro immutabilità. Non c'è bisogno del soprannaturale per rendere a Dio il culto che Gli è dovuto. La natura non è di per sé stessa abbastanza imponente? Che cosa bisogna ancora aggiungervi per provare la suprema potenza? La religione troverà tanto meno increduli, quanto più essa sarà in tutti i suoi punti sanzionata dalla ragione. Il Cristianesimo non ha nulla da perdere con una tale sanzione; al contrario, esso non può che guadagnarci. Se qualcosa ha potuto nuocergli, secondo l'opinione di certa gente, è proprio l'abuso del meraviglioso e del soprannaturale.
Capitolo XIV - I FLUIDI
I - Natura e proprietà dei fluidi
Elementi fluidici
Ciascuno di questi due stati dà necessariamente luogo a dei fenomeni speciali: al secondo appartengono quelli del mondo visibile, al primo quelli del mondo invisibile. Gli uni, detti fenomeni materiali, sono di competenza della scienza propriamente detta; gli altri, qualificati col nome di fenomeni spirituali o psichici, perché sono legati in modo più specifico all'esistenza degli Spiriti, rientrano nelle attribuzioni dello Spiritismo. Ma, siccome la vita spirituale e la vita corporale sono incessantemente in contatto, i fenomeni di questi due ordini si presentano sovente simultaneamente. L'uomo, nello stato d'incarnazione, può avere la percezione soltanto dei fenomeni psichici, che sono legati alla vita corporale. Quelli che sono di dominio esclusivo della vita spirituale sfuggono ai sensi materiali e non possono essere percepiti che allo stato di Spiriti. [61]
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Essendo tutto relativo, questi fluidi hanno per gli Spiriti, che sono essi stessi fluidici, un'apparenza materiale quanto quella degli oggetti tangibili per gli incarnati, e sono per loro ciò che sono per noi le sostanze dal mondo terrestre. Essi li elaborano, li combinano per produrre determinati effetti, come fanno gli uomini con i loro materiali, anche se con procedimenti differenti.
Ma anche là, come sulla Terra, solo agli Spiriti più illuminati è concesso comprendere il molo costitutivo del proprio mondo. Gli ignoranti del mondo invisibile sono incapaci di spiegarsi i fenomeni di cui sono testimoni e ai quali essi partecipano, spesso macchinalmente, quanto gli ignoranti della Terra lo sono nello spiegare gli effetti della luce e dell'elettricità o nel descrivere come essi li vedono o li intendono.
Ma, fra questi fluidi, alcuni sono intimamente legati alla vita corporale e appartengono in qualche modo all'ambiente terreno. In mancanza di una percezione diretta se ne possono osservare gli effetti, come si osservano quelli del fluido della calamita, fluido che nessuno ha mai visto, e acquisire così sulla loro natura delle conoscenze d'una certa precisione. Questo studio è essenziale, perché è la chiave di una infinità di fenomeni che non si riescono a spiegare attraverso le sole leggi della materia.
Lo stesso accade sulla superficie di tutti i mondi, eccezion fatta per le differenze di costituzione e le condizioni di vitalità, proprie di ciascuno individuo. Meno la vita su questi mondi è materiale, meno i fluidi spirituali hanno affinità con la materia propriamente detta.
La qualifica di fluidi spirituali non è rigorosamente esatta, poiché in definitiva si tratta sempre della materia, più o meno quintessenziata. Di realmente spirituale non vi è che l'anima o principio intelligente. Li si designa così in senso relativo e in ragione soprattutto della loro affinità con gli Spiriti. Si può dire che sono la materia del mondo spirituale: è per questo che li si chiama fluidi spirituali.
La materia tangibile, che ha per elemento primitivo il fluido cosmico etereo, deve poter ritornare, disgregandosi, allo stato di eterizzazione, così come il diamante, il più duro dei corpi, può volatilizzarsi in gas impalpabile. La solidificazione della materia non è in realtà che uno stato transitorio del fluido universale, che può ritornare al suo stato primitivo quando le condizioni di coesione cessano di esistere.
Chissà se la materia, anche allo stato di tangibilità, è suscettibile di acquisire una sorta di eterizzazione che le donerebbe delle proprietà particolari. Certi fenomeni, che sembrano autentici, tenderebbero a farlo supporre. Noi non possediamo finora che i punti essenziali del mondo invisibile, e l'avvenire ci riserva senza dubbio la conoscenza di nuove leggi che ci permetteranno di comprendere ciò che per noi è ancora un mistero.
Formazione e proprietà del perispirito
Gli Spiriti superiori, al contrario, possono venire nei mondi inferiori e anche incarnarvisi. Essi attingono, negli elementi costitutivi del mondo dove entrano, i materiali dell'involucro fluidico o carnale, appropriato all'ambiente dove essi si trovano. Fanno, insomma, come il gran signore, che lascia i suoi begli abiti per rivestirsi momentaneamente di rozzo panno, senza per questo cessare d'essere un gran signore.
È così che Spiriti dell'ordine più elevato possono manifestarsi agli abitanti della Terra o incarnarsi in mezzo a questi, in una missione. Tali Spiriti portano con sé non l'involucro, ma il ricordo, per intuizione, delle regioni da cui provengono, e che vedono con il pensiero. Sono vedenti tra i ciechi.
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Gli Spiriti, chiamati a vivere in questo ambiente, traggono da qui il loro perispirito. Ma, a seconda che lo Spirito sia lui stesso più o meno purificato, il suo perispirito si va formando delle parti più pure o di quelle più grossolane del fluido che è peculiare al mondo in cui egli si incarna. Lo Spirito produce qui — sempre per fare un paragonee non una similitudine — l'effetto di un reattivo chimico che attira a sé le molecole assimilabili alla sua natura.
Da ciò risulta questo fatto capitale: la costituzione intima del perispirito non è identica presso tutti gli Spiriti incarnati o disincarnati che popolano la Terra o lo spazio circostante. Non è lo stesso per il corpo carnale che, come è stato dimostrato, è formato dai medesimi elementi, qualunque sia la superiorità o inferiorità dello Spirito. Così, presso tutti, gli effetti prodotti dal corpo sono i medesimi, e simili sono le necessità, mentre tutti differiscono in tutto ciò che è inerente al perispirito.
E ne risulta ancora che l'involucro perispiritistico del medesimo Spirito si modifica con il progresso morale di questo a ogni incarnazione, benché s'incarni nel medesimo ambiente; che gli Spiriti superiori, incarnandosi eccezionalmente in missione su un mondo inferiore, hanno un perispirito meno grossolano di quello degli indigeni di quel mondo.
La potenza divina risplende in tutte le parti di questo grandioso insieme. E si vorrebbe che, per meglio attestare la Sua potenza, Dio, non contento di ciò che ha fatto, venisse a turbare questa armonia? Si vorrebbe ch'Egli si abbassasse al ruolo di mago, producendo effetti puerili degni di un prestigiatore? E si osa, inoltre, darGli come rivale in abilità Satana stesso? Mai, in verità, si è maggiormente svilita la divina maestà. E poi ci si meraviglia dell'avanzare della miscredenza!
Voi avete ragione di dire: "La fede se ne va!" Ma è la fede, in tutto ciò che sconvolge il buon senso e la ragione, quella che se ne va. È la fede identica a quella che un tempo faceva dire: "Gli dei se ne vanno!" Ma la fede nelle cose serie, la fede in Dio e nell'immortalità dell'anima è sempre viva nel cuore dell'uomo. E se è stata soffocata sotto le puerili storie di cui la si è sovraccaricata, essa si è risollevata ancora più forte, non appena ne è stata liberata, proprio come la pianta che sia stata schiacciata si risolleva non appena rivede il sole!
Sì, tutto è miracolo nella natura, perché tutto è mirabile e testimonia della saggezza divina! Questi sono miracoli per tutti, per tutti coloro che hanno occhi per vedere e orecchie per sentire; per tutti e non a vantaggio solo di alcuni. No! Non ci sono affatto miracoli, nel significato che comunemente si attribuisce a questo termine, poiché tutto risulta dalle leggi eterne della creazione e poiché queste leggi sono perfette.
Azioni degli Spiriti sui fluidi. Creazioni fluidiche. Fotografia del pensiero
Talvolta, queste trasformazioni sono il risultato di una intenzione; spesso, sono il prodotto di un pensiero inconscio. Allo Spirito è sufficiente pensare a una cosa perché questa cosa si realizzi, così come gli è sufficiente modulare un'aria, perché questa si ripercuota nell'atmosfera.
È così, per esempio, che uno Spirito si rende visibile a un incarnato, dotato della vista psichica, sotto le sembianze che aveva da vivo, all'epoca in cui lo si è conosciuto, quantunque egli abbia avuto, dopo quell'epoca, parecchie incarnazioni. Egli si presenta con le vesti, i segni esteriori — infermità, cicatrici, membra amputate ecc. — che aveva allora; un decapitato si presenterà senza la testa. Ciò, però, non vuol dire che abbia conservato quelle apparenze; no certamente, perché, come Spirito, egli non è né zoppo né monco né guercio né decapitato. Ma riportandosi il suo pensiero all'epoca in cui era così, il suo perispirito ne prende istantaneamente le apparenze, che egli abbandona altrettanto istantaneamente non appena il pensiero cessa di agire. Se dunque egli è stato una volta negro e un'altra volta bianco, egli si presenterà come negro o come bianco, secondo quella di queste due incarnazioni sotto la quale sarà evocato, e anche secondo quella cui si riporterà il suo pensiero.
Per un effetto analogo, il pensiero dello Spirito crea fluidicamente gli oggetti di cui aveva l'abitudine di servirsi. Un avaro maneggerà dell'oro, un militare avrà le sue armi e la sua uniforme, un fumatore la sua pipa, un contadino il suo aratro e i suoi buoi, una vecchia donna la sua rocca. Questi oggetti fluidici sono tanto reali per lo Spirito, il quale è lui stesso fluidico, quanto reali lo erano, allo stato materiale, per l'uomo vivo. Ma, per la ragione stessa che tali oggetti sono creati dal pensiero, la loro esistenza è fuggevole quanto il pensiero. [63]
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Ma c'è di più. Il pensiero, creando delle immagini fluidiche, si riflette nell'involucro perispiritistico come in uno specchio; prende in esso corpo e, in certo qual modo, vi si fotografa. Ammettiamo, per esempio, che un uomo abbia in mente di ucciderne un altro; per quanto il suo corpo materiale possa essere impassibile, il suo corpo fluidico verrebbe messo in azione dal pensiero, di cui riproduce tutte le sfumature. Esso esegue fluidicamente il gesto, cioè l'atto che ha in progetto di compiere. Il pensiero crea l'immagine della vittima, e l'intera scena si dipinge, come in un quadro, tale e quale si svolge nel suo spirito.
È così che i più segreti movimenti dell'anima si ripercuotono nell'involucro fluidico; è così che un'anima può leggere in un'altra anima come in un libro e vedervi ciò che non è percettibile con gli occhi del corpo. Tuttavia, scorgendo l'intenzione, l'anima può presentire l'esecuzione dell'atto che ne sarà la conseguenza, ma non può determinare il momento in cui l'atto stesso sarà eseguito, né precisarne i dettagli e neppure affermare se l'atto stesso avrà luogo, poiché circostanze ulteriori possono modificare i piani prestabiliti e cambiare le disposizioni. L'anima non può vedere ciò che non è ancora nel pensiero; ciò che essa vede sono le preoccupazioni abituali dell'individuo, i suoi desideri, i suoi progetti, i suoi disegni buoni o cattivi.
Qualità dei fluidi
I fluidi non hanno qualità sui generis, ma quelle che acquisiscono nell'ambiente dove si elaborano. Essi si modificano a causa degli effluvi di questo ambiente, così come l'aria viene modificata a causa delle esalazioni, e l'acqua a causa dei sali degli strati che essa attraversa. A seconda delle circostanze, queste qualità sono, come l'aria e l'acqua, temporanee o permanenti, la qual cosa le rende più particolarmente adatte alla produzione del tale o talaltro determinato effetto.
I fluidi non hanno neppure delle denominazioni speciali. Come gli odori, essi sono designati secondo le loro proprietà, i loro effetti e il loro tipo originale. Dal punto di vista morale, essi portano il marchio dei sentimenti dell'odio, dell'invidia, della gelosia, dell'orgoglio, dell'egoismo, della violenza, dell'ipocrisia, della bontà, della benevolenza, dell'amore, della carità, della dolcezza ecc. Dal punto di vista fisico, essi sono eccitanti, calmanti, penetranti, astringenti, irritanti, addolcenti, soporiferi, narcotizzanti, tossici, riparatori, espulsori; possono anche diventare una forza di trasmissione, di propulsione ecc. Il quadro dei fluidi sarebbe, dunque, quello di tutte le passioni, di tutte le virtù e di tutti i vizi dell'umanità, nonché il quadro delle proprietà della materia corrispondente agli effetti che essi producono.
Per la sua intima unione con il corpo, il perispirito svolge un molo preponderante nell'organismo. Per la sua espansione, il perispirito mette lo Spirito incarnato in un rapporto più diretto con gli Spiriti liberi e anche con gli Spiriti incarnati.
Il pensiero dello Spirito incarnato agisce sui fluidi spirituali come quello degli Spiriti disincarnati; esso si trasmette da Spirito a Spirito attraverso le medesime vie e, a seconda che sia buono o cattivo, esso purifica o vizia i fluidi circostanti.
Se i fluidi ambientali vengono modificati dalla proiezione dei pensieri dello Spirito, il suo involucro perispiritistico, che è parte costituente del suo essere e che riceve in modo diretto e permanente l'impressione dei suoi pensieri, deve ancor di più portare il marchio delle sue qualità buone o cattive. I fluidi viziati dagli effluvi dei cattivi Spiriti possono purificarsi per mezzo dell'allontanamento di questi, ma i loro perispirito saranno sempre quel che sono, fin quando lo Spirito non si modificherà da solo.
Il perispirito degli incarnati, essendo di natura identica a quella dei fluidi spirituali, li assimila con facilità, come una spugna si imbeve di liquido. Questi fluidi hanno sul perispirito un'azione tanto più diretta, quanto più esso, per la sua espansione e per il suo irraggiamento, si confonde con loro.
Quando questi fluidi agiscono sul perispirito, questo reagisce a sua volta sull'organismo materiale con il quale è in contatto molecolare. Se gli effluvi sono di buona natura, il corpo riceve una impressione salutare; se sono, invece, di cattiva natura, l'impressione è dolorosa. Se, poi, gli effluvi malvagi sono permanenti ed energici, possono determinare dei disordini fisici: certe malattie non hanno altra causa.
Gli ambienti in cui abbondano i cattivi Spiriti sono perciò impregnati di cattivi fluidi, che vengono assorbiti da tutti i pori perispiritistici, così come si assorbono da tutti i pori del corpo i miasmi pestilenziali.
Ma come vi sono irradiazioni sonore armoniche o discordanti, così vi sono pensieri armonici o discordanti. Se l'insieme è armonioso, l'impressione è gradevole; se esso è discordante, l'impressione è sgradevole. Orbene, per questo non c'è bisogno che il pensiero sia formulato; l'irradiazione fluidica esiste sempre, sia che il pensiero venga espresso, sia che non venga espresso.
Tale è la causa del sentimento di soddisfazione che si prova in una riunione simpatica, animata da pensieri buoni e benevoli. Qui regna una specie di atmosfera morale salubre, dove si respira a proprio agio; se ne esce, così, riconfortati, perché ci si è impregnati di effluvi fluidici salutari. Ma se vi si mescola qualche pensiero cattivo, esso produce l'effetto di una corrente d'aria gelida in un ambiente tiepido, o di nota falsa in un concerto. Si spiegano in tal modo l'ansietà o il malessere indefinibile che si provano in un ambiente antipatico, dove pensieri malevoli provocano effetti simili a correnti di fluido nauseabondo.
Quando si dice che un medico guarisce il suo malato con le buone parole, si è nel vero assoluto, poiché il pensiero benevolo porta con sé fluidi riparatori che agiscono tanto sul fisico quanto sul morale.
Il mezzo è molto semplice, perché dipende dalla volontà dell'uomo stesso, il quale porta in sé la difesa necessaria. I fluidi si uniscono in ragione della somiglianza della loro natura; i fluidi dissimili si respingono: c'è incompatibilità tra i buoni e i cattivi fluidi, come ce n'è tra l'olio e l'acqua.
Che cosa si fa quando l'aria è viziata? La si rende nuovamente salubre, la si purifica, distruggendone il focolaio dei miasmi, espellendone gli effluvi malsani, per mezzo di correnti più forti di aria salubre. All'invasione dei cattivi fluidi, bisogna dunque opporre i buoni fluidi. Siccome ognuno ha nel suo stesso perispirito una fonte fluidica permanente, ognuno porta il rimedio in sé stesso. Non si tratta di far altro che purificare questa fonte e dare a essa delle qualità tali che possano fungere, nei confronti delle cattive influenze, da repulsori, anziché da forza attrattiva. Il perispirito è, dunque, una corazza che bisogna sottoporre alla miglior tempra possibile. Orbene, siccome le qualità del perispirito sono in relazione alle qualità dell'anima, bisogna impegnarsi al proprio miglioramento, poiché sono le imperfezioni dell'anima che attraggono i cattivi Spiriti.Le mosche vanno dove focolai di materia corrotta le attraggono. Distruggete questi focolai, e le mosche spariranno. Allo stesso modo, i cattivi Spiriti vanno dove li attira il male; distruggete il male ed essi si allontaneranno. Gli Spiriti realmente buoni, incarnati o disincarnati,non hanno nulla da temere circa l'influenza dei cattivi Spiriti.
II - Spiegazione di alcuni fenomeni reputati soprannaturali
Vista spirituale o psichica. Doppia vista. Sonnambulismo. Sogni
È nelle proprietà e nell'irraggiamento del fluido perispiritistico che occorre cercare la causa della doppia vista, o vista spirituale, la quale può anche chiamarsi vista psichica di cui molte persone sono dotate, spesso a loro insaputa, così come molte persone lo sono della vista sonnambolica.
Il perispirito è l'organo sensitivo dello Spirito, ed è per suo tramite che lo Spirito incarnato ha la percezione delle cose spirituali, che sfuggono ai sensi carnali. Per mezzo degli organi del corpo la vista, l'udito e le diverse sensazioni sono localizzati e limitati alla percezione delle cose materiali; per mezzo del senso spirituale, o psichico, esse si generalizzano. Lo Spirito vede, intende e sente con tutto il suo essere ciò che si trova nella sfera d'irraggiamento del suo fluido perispiritistico.
Questi fenomeni sono, nell'uomo, la manifestazione della vita spirituale; è l'anima che agisce al di fuori dell'organismo. Nella doppia vista, o percezione attraverso il senso psichico, l'uomo non vede con gli occhi del corpo, benché spesso, per abitudine, li diriga verso il punto sul quale si concentra la sua attenzione. Egli vede attraverso gli occhi dell'anima, e prova ne è il fatto che vede tutto egualmente bene a occhi chiusi e al di là della portata del suo raggio visivo. Egli legge il pensiero raffigurato nel raggio fluidico (n. 15). [64]
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Lo Spirito è dunque felice di lasciare il suo corpo, come felice è l’uccello che lascia la sua gabbia. Lo Spirito coglie tutte le occasioni per liberarsi del corpo e, per questo, approfitta di tutti gli istanti in cui la sua presenza non è necessaria alla vita di relazione. Si tratta del fenomeno designato con il nome di emancipazione dell'anima. Tale fenomeno avviene sempre durante il sonno: tutte le volte che il corpo riposa e i sensi non sono in attività, lo Spirito si libera (Il libro degli Spiriti, cap. VIII).
In quei momenti, lo Spirito vive della vita spirituale, mentre il corpo non vive che della vita vegetativa. Si trova cioè quasi nello stato in cui si troverà dopo la morte; percorre lo spazio, s'intrattiene con i suoi amici e altri Spiriti, liberi o incarnati come lui.
Il legame fluidico che lo lega al corpo è definitivamente rotto solo alla morte; la separazione completa ha luogo solo con l'estinzione assoluta dell'attività del principio vitale. Finché il corpo vive, lo Spirito, a qualsiasi distanza Si trovi, vi è istantaneamente richiamato non appena la sua presenza si rende necessaria. Allora egli riprende il corso della sua vita esteriore di relazione. Talvolta, al risveglio, conserva, delle sue peregrinazioni, un ricordo, un'immagine più o meno precisa, che costituisce il sogno. In tutti i casi, ne riporta delle intuizioni che gli suggeriscono idee e pensieri nuovi, giustificando così il proverbio: La notte porta consiglio.
In tal modo, egualmente si spiegano certi fenomeni caratteristici del sonnambulismo sia naturale sia magnetico, della catalessi, della letargia, dell'estasi ecc., che altro non sono che le manifestazioni della vita spirituale. [65]
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Tuttavia, la vista spirituale non ha né la medesima estensione né la medesima penetrazione presso tutti gli Spiriti; soltanto i puri Spiriti la possiedono in tutta la sua potenza. Presso gli Spiriti inferiori, la vista spirituale è in certo qual modo indebolita dalla grossolanità del perispirito, che si interpone come una specie di nebbia.
La vista spirituale si manifesta in gradi differenti, presso gli Spiriti incarnati, attraverso il fenomeno della seconda vista, sia nel sonnambulismo naturale o magnetico, sia nello stato di veglia. A seconda del grado di potenza della facoltà, si dice che la lucidità è più o meno grande. È in virtù di questa facoltà che certe persone riescono a vedere l'interno dell'organismo e a descrivere la causa delle malattie.
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Per lo Spirito, invece, esse rappresentano a volte una realtà tale che il corpo ne subisce il contraccolpo, tanto che si sono visti capelli incanutire sotto l'impressione di un sogno. Queste creazioni possono essere provocate: dalla esaltazione delle credenze; da ricordi retrospettivi; da gusti, desideri, passioni, timori e rimorsi; dalle abituali preoccupazioni; dalle necessità del corpo o da un disturbo nelle funzioni dell'organismo; infine da altri Spiriti, con uno scopo benevolo o malevolo, secondo la loro natura. [68]
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[68] Rivista Spiritista, giugno 1866, pag. 172; - settembre 1866, pag. 284; Il libro degli Spiriti, cap. VIII, n. 400.
Catalessi. Resurrezioni
Questa interruzione può aver luogo per la separazione di un membro o per il taglio di un nervo. Ma può anche aver luogo, parzialmente o in maniera generale e senza alcuna lesione, nei momenti di emancipazione, di grande sovreccitazione o preoccupazione dello Spirito. In tale stato, lo Spirito non pensa più al corpo e, nella sua febbrile attività, attira a sé, per così dire, il fluido perispiritistico che, ritirandosi dalla superficie, vi produce una momentanea insensibilità. Si potrebbe anche ammettere che, in talune circostanze, si produca nel fluido perispiritistico stesso una modificazione molecolare, la quale gli tolga temporaneamente la proprietà di trasmissione. Accade così che, spesso, nell'ardore del combattimento, un militare non si accorga che è ferito; che una persona, la cui attenzione è concentrata in un lavoro, non avverta il rumore che avviene attorno a lei. Un effetto analogo, ma più pronunciato, è quello che avviene in certi sonnambuli, durante la letargia e la catalessi. È così, infine, che può spiegarsi l'insensibilità dei convulsionari e di certi martiri (Rivista Spiritista, gennaio 1868, "Studio sugli Aissaouas").
La paralisi non ha assolutamente la medesima causa: qui l'effetto è totalmente organico; sono i nervi stessi, i fili conduttori, che non sono più atti alla circolazione fluidica; sono le corde dello strumento che si sono alterate.
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[69] Esempi in Rivista Spiritista. "Il dottor Cardon", agosto 1863, pag. 251; — "La donna corsa", maggio 1866, pag. 134.
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Guarigioni
1° per mezzo del fluido stesso del magnetizzatore. Si tratta del magnetismo propriamente detto, o magnetismo umano, la cui azione è subordinata alla potenza e soprattutto alla qualità del fluido;
2° per mezzo del fluido degli Spiriti che agiscono direttamente e senza intermediario su di un incarnato, sia per guarirlo o attenuarne una sofferenza, sia per provocarne il sonno sonnambolico spontaneo, sia per esercitare sull'individuo una qualsiasi influenza fisica o morale. Si tratta del magnetismo spirituale, la cui qualità è in ragione delle qualità dello Spirito; [70]
3° per mezzo del fluido che gli Spiriti riversano sul magnetizzatore e al quale questo serve da conduttore. Si tratta del magnetismo misto, semi spirituale o, se si vuole, umano-spirituale. Il fluido spirituale, combinato con il fluido umano, dà a quest'ultimo le qualità che gli mancano. Il concorso degli Spiriti, in una simile circostanza, è talvolta spontanea, ma il più delle volte è provocata dalla richiesta di aiuto da parte del magnetizzatore.
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[70] Esempi: Rivista Spiritista, febbraio 1863, pag. 64; - aprile 1865, pag. 113; - settembre 1865, pag. 264.
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[71] Esempi di guarigioni istantanee riportate dalla Rivista Spiritista. "Il principe di Hohenlohe", dicembre 1866, pag. 368; — "Jacob", ottobre/novembre 1866, pp. 312 e 345; ottobre/novembre 1867, pp. 306 e 339; — "Simonet", agosto 1867, pag. 232; — "Caid Hassan", ottobre 1867, pag. 303; — "Il curato Gassner", novembre 1867, pag. 331.
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Apparizioni.Trasfigurazioni
Secondo il grado di condensazione del fluido perispiritistico, l'apparizione è talvolta vaga e vaporosa; altre volte è, invece, più nettamente definita; altre volte, infine, essa ha tutte le apparenze della materia tangibile. Può anzi arrivare a una tale tangibilità reale che ci si può ingannare sulla natura dell'essere che si ha davanti.
Le apparizioni vaporose sono frequenti, e accade assai spesso che degli individui si presentino sotto tale forma, subito dopo la loro morte, alle persone che essi hanno amato molto. Più rare sono le apparizioni tangibili, benché ve ne siano esempi abbastanza numerosi, perfettamente autentici. Se lo Spirito vuole farsi conoscere, imprime al suo involucro tutte le connotazioni esteriori che aveva da vivo. [72]
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[72] Il libro dei Medium, cap. VI e cap. VII.
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Tale è il carattere degli ageneri, con i quali ci si può intrattenere senza sospettare ciò ch'essi sono realmente. Però, non fanno mai dei lunghi soggiorni, né possono diventare gli abituali commensali di una casa, né figurare tra i membri di una famiglia.
Vi è, d'altronde, in tutta la loro persona e nei loro comportamenti, qualcosa di strano e di insolito che deriva sia dalla materialità sia dalla spiritualità. Il loro sguardo, vago e nello stesso tempo penetrante, non ha la chiarezza dello sguardo indirizzato dagli occhi corporei. Il loro linguaggio conciso e quasi sempre sentenzioso non ha nulla della vivacità e della leggerezza del linguaggio umano. Il loro accostarsi fa provare una particolare e indefinibile sensazione di sorpresa, che ispira una sorta di timore; pur prendendoli per individui simili a tutti gli altri, ci troviamo, a esclamare involontariamente: "Ecco un essere davvero singolare!" [73]
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[73] Esempi di apparizioni vaporose o tangibili e di ageneri: Rivista Spiritista, gennaio 1858, pag. 24; - ottobre 1858, pag. 291; - gennaio 1859, pag. 11; - febbraio 1859, pag. 38; - marzo 1859, pag. 80; - agosto 1859, pag. 210; - novembre 1859, pag. 303; - aprile 1860, pag. 117; - maggio 1860, pag. 150; - luglio 1861, pag. 199; - aprile 1866, pag. 120; - "Il contadino Martin, presentato a Luigi XVIII, dettagli completi"; dicembre 1866, pag. 353.
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[74] Esempi di apparizioni di persone viventi, in Rivista Spiritista. dicembre 1858, pp. 329, 331; - febbraio 1859, pag. 41; - agosto 1859, pag. 197; - novembre 1860, pag. 356.
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La condensazione del fluido perispiritistico nelle apparizioni, anche fino alla tangibilità, non ha dunque le proprietà della comune materia; se così non fosse, le apparizioni, essendo percettibili con gli occhi del corpo, sarebbero visibili a tutte le persone presenti. [75]
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[75] Bisogna accettare solo con una estrema riserva i racconti di apparizioni puramente individuali che, in certi casi, potrebbero essere l'effetto di una immaginazione sovreccitata e, talvolta, un'invenzione fatta con fini interessati. Conviene dunque tenere scrupolosamente conto delle circostanze, della onorabilità della persona, così come dell'interesse ch'ella potrebbe avere nell'abusare della credulità di individui troppo ingenui.
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È così che si effettuano le trasfigurazioni, che sono sempre un riflesso delle qualità e dei sentimenti predominanti dello Spirito. Questo fenomeno è dunque il risultato di una trasformazione fluidica. una sorta di apparizione perispiritistica che si produce sul corpo, pur ancora in vita e qualche volta al momento della morte, invece di prodursi da lontano, come avviene nelle apparizioni propriamente dette. Ciò che distingue le apparizioni di questo genere è che, generalmente, esse sono percettibili da parte di tutti gli astanti e per di più attraverso gli occhi corporei, precisamente perché esse hanno per base la materia carnale visibile, mentre nelle apparizioni puramente fluidiche, non c'è affatto materia tangibile. [76]
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[76] Esempio e teoria della trasfigurazione in Rivista Spiritista, marzo 1859, pag. 62.; ne Il libro dei Medium, Parte seconda, cap. VII.
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Manifestazioni fisiche. Medianità
È egualmente con il concorso del suo perispirito che lo Spirito fa scrivere, parlare o disegnare i medium. Non avendo un corpo tangibile che gli permetta di agire in modo palese, quando vuole manifestarsi si serve del corpo del medium, di cui prende in prestito gli organi, che poi fa agire come se si trattasse del proprio corpo, e ciò mediante l'effluvio fluidico che riversa su di lui.
Qualora le comunicazioni avvengano con questo mezzo, bisogna rappresentarsi lo Spirito, non nella tavola, ma accanto a essa, tal quale era da vivo, e tal quale lo si vedrebbe se, in quel momento, egli potesse rendersi visibile. La medesima cosa avviene nelle comunicazioni attraverso la scrittura; in tal caso si vedrebbe lo Spirito a fianco del medium, mentre guida la sua mano o gli trasmette il suo pensiero attraverso una corrente fluidica.
Si comprenda, di conseguenza, che per uno Spirito non è più difficile sollevare una persona piuttosto che sollevare un tavolo, o trasportare un oggetto da un posto a un altro, o lanciarlo da qualche parte. Questi fenomeni si producono tutti in virtù della medesima legge. [77]
Quando il tavolo insegue qualcuno, non è lo Spirito che corre, dal momento che può restarsene tranquillamente al suo posto. Ma è lui, lo Spirito, che gli dà l'impulso attraverso una corrente fluidica, grazie alla quale lo fa muovere a suo piacimento.
Quando dei colpi si fanno sentire nel tavolo o altrove, non è lo Spirito che li batte, né con la mano né con un qualsiasi altro oggetto. Egli dirige, nel punto da dove parte il rumore, un getto di fluido, che produce un effetto simile a quello di una scossa elettrica; modifica inoltre il rumore, così come si possono modificare i suoni prodotti nell'aria. [78]
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[77] Tale è il principio del fenomeno degli apporti; questo è un fenomeno assai reale, ma che conviene accettare soltanto con estrema riserva, poiché è uno di quelli che maggiormente si prestano all'imitazione e alla ciarlataneria. L'onorabilità incontestabile della persona che ottiene tali apporti, il suo assoluto disinteresse materiale e morale, nonché il concorso delle circostanze accessorie, devono essere presi in seria considerazione. Bisogna soprattutto diffidare della esagerata facilità con cui tali effetti vengono prodotti e ritenere sospetti quelli che vengono rinnovati troppo frequentemente e, per così dire, a volontà. I prestigiatori fanno cose più straordinarie. Il sollevarsi di una persona è un fatto non meno positivo, ma forse molto più raro, perché è più difficile da imitare. È noto che M. Home si è più di una volta sollevato sino al soffitto, facendo il giro della sala. Si dice che san Giuseppe da Copertino avesse la medesima facoltà, il che non è più miracoloso per l'uno che per l'altro.
[78] Esempi di manifestazioni materiali e di perturbazioni da parte degli Spiriti: Rivista Spiritista, "La ragazza dei Panoramas", gennaio 1858, pag. 13; - "La signorina Clairon", febbraio 1858, pag. 44; - "Spirito picchiatore di Bergzabern", racconto completo: maggio, giugno, luglio 1858, pp. 125, 153, 184; -"Dibbelsdorf", agosto 1858, pag. 219; - "Il fornaio di Dieppe", marzo 1860, pag. 76; - "Il mercante di San Pietroburgo", aprile 1860, pag. 115; - "Rue de Noyers", agosto 1860, pag. 236; - "Lo Spirito picchiatore dell'Aube", gennaio 1861, pag. 23; - "Il flagello del sedicesimo secolo", gennaio 1864, pag. 32; - "Poitiers", maggio 1864, pag. 156, e maggio 1865, pag. 134; - "Suor Maria", giugno 1864, pag. 185; - "Marsiglia", aprile 1865, pag. 121; - "Fives", agosto 1865, pag. 225 - "I ratti d'Equihem", febbraio 1866, pag. 55.
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Questo fenomeno è sorprendente quanto quello di vedere un bambino scrivere, guidandogli la mano: è chiaro che in questo modo gli si può far eseguire tutto ciò che si vuole. Si può anche far scrivere il primo che capita in una lingua qualsiasi, dettandogli le parole lettera per lettera. Ben si comprende come la stessa cosa possa accadere nella medianità, se ci si riporta alla maniera con cui gli Spiriti comunicano con i medium, che per loro, in realtà, non sono che degli strumenti passivi. Ma se il medium possiede il meccanismo, se ha vinto le difficoltà pratiche, se le espressioni gli sono familiari, se ha infine nel suo cervello gli elementi di ciò che lo Spirito vuole fargli eseguire, questo medium si trova nella posizione dell'uomo che sa leggere e scrivere correntemente. Il lavoro è più facile e più rapido; lo Spirito non ha che da trasmettere il pensiero, che il suo interprete riproduce con i mezzi di cui dispone.
L'attitudine di un medium a cose che gli sono estranee dipende spesso anche dalle conoscenze che egli ha posseduto in un'altra esistenza, e delle quali il suo Spirito ha conservato l'intuizione. Se, per esempio, è stato un poeta o un musicista, avrà una maggiore facilità ad assimilare il pensiero poetico o musicale che gli si vuole far riprodurre. La lingua che oggi egli ignora potrebbe essergli stata familiare in un'altra esistenza: da qui, per lui, una maggiore attitudine a scrivere medianicamente in quella lingua. [79]
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[79] L'attitudine di certi individui per le lingue, che conoscono, per così dire, senza averle apprese, non ha altra causa se non quella di un ricordo intuitivo di quanto essi hanno appreso in un'altra esistenza. Il caso del poeta Méry, riportato nella Rivista Spiritista del novembre 1864, pag. 328, ne è una prova. È evidente che se, nella sua giovinezza, Méry fosse stato medium, avrebbe scritto in latino altrettanto facilmente che in francese, e di certo si sarebbe gridato al prodigio.
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Ossessioni e possessioni
L'ossessione è l'azione persistente che un cattivo Spirito esercita su un individuo. Essa presenta caratteri molto differenti, che vanno dalla semplice influenza morale senza sensibili segni esteriori, fino al perturbamento completo dell'organismo e delle facoltà mentali. Essa annulla tutte le facoltà medianiche; nella medianità auditiva e psicografica, l'ossessione si traduce con l'ostinazione di uno Spirito a manifestarsi, con l'esclusione di qualsiasi altro.
L'ossessione è quasi sempre il risultato di una vendetta esercitata da uno Spirito. Molto spesso essa ha la sua origine nei rapporti che l'ossesso ha avuto con lui in una precedente esistenza.
Nei casi di ossessione grave, l'ossesso è come avviluppato e impregnato di un fluido pernicioso, che neutralizza l'azione dei fluidi salutari e li respinge. È da questo fluido che bisogna liberarlo. Orbene, un cattivo fluido non può essere respinto da un altrettanto cattivo fluido. Con un'azione identica a quella del medium guaritore nei casi di malattia, bisogna espellere il fluido malvagio con l'aiuto di un fluido migliore.
Questa è l'azione meccanica, che però non sempre è sufficiente. Bisogna anche, e soprattutto, agire sull'essere intelligente, al quale è necessario avere il diritto di parlare con autorità, e questa autorità è data soltanto dalla superiorità morale: più questa è grande, più grande è l'autorità.
Ma questo non è ancora tutto. Per assicurare la liberazione della vittima, bisogna far sì che lo Spirito perverso rinunci ai suoi malvagi disegni; bisogna far sì che nasca in lui il pentimento e il desiderio del bene, con l'aiuto di istruzioni abilmente impartite durante evocazioni particolari, fatte con l'obbiettivo di dargli un'educazione morale. Si può allora avere la dolce soddisfazione di liberare un incarnato e di convertire uno Spirito imperfetto.
Il compito è reso più facile quando l'ossesso, comprendendo la sua situazione, apporta il contributo della sua volontà e della sua preghiera. Non è così quando l'ossesso, sedotto dallo Spirito ingannatore, si fa delle illusioni sulle qualità del suo dominatore e si compiace della erronea situazione in cui quest'ultimo l'ha sprofondato; in questo caso, infatti, lungi dall'assecondare ogni assistenza, egli la rifiuta del tutto. È questo il caso della fascinazione, che è sempre più ribelle del più violento dei soggiogamenti (Il libro dei Medium, cap. XXIII).
In tutti gli episodi di ossessione, la preghiera resta il più potente aiuto per agire contro lo Spirito ossessore.
Nelle possessione, invece di agire esteriormente, lo Spirito libero si sostituisce, per così dire, allo Spirito incarnato; prende domicilio nel suo corpo, senza tuttavia che questo lo abbandoni definitivamente, cosa che non può avvenire se non alla morte. La possessione è dunque sempre temporanea e intermittente, perché uno Spirito disincarnato non può prendere definitivamente il posto e il corpo di uno Spirito incarnato, dato che l'unione molecolare del perispirito e del corpo non può effettuarsi che al momento della concezione (cap. XI n. 18).
Lo Spirito, in momentaneo possesso del corpo dell'incarnato, se ne serve come se fosse il suo proprio; parla con la sua bocca, vede con i suoi occhi, agisce con le sue braccia, come farebbe se fosse vivo. Tutto ciò non è come nella medianità parlante, dove lo Spirito incarnato parla trasmettendo il pensiero d'uno Spirito disincarnato. Nel caso della possessione è proprio quest'ultimo che parla e che agisce; e se lo si è conosciuto da vivo, lo si riconoscerà dal suo linguaggio, dalla sua voce, dai suoi gesti e perfino dall'espressione della sua fisionomia.
Quando lo Spirito possessore è malvagio, le cose vanno ben altrimenti. Egli non prende affatto in prestito il corpo, se ne impadronisce, qualora il proprietario non abbia la forza morale per resistergli. Egli agisce così per cattiveria nei confronti di questo, che tortura e martirizza in tutte le maniere, fino al punto di volerlo far perire, sia per strangolamento sia spingendolo nel fuoco o in altri luoghi pericolosi. Servendosi delle membra e degli organi dell'infelice paziente, bestemmia e ingiuria, maltrattando coloro che l'attorniano. Poi si lascia andare a eccentricità e ad atti che hanno tutte le caratteristiche della pazzia furiosa.
Casi di questo genere, in gradi diversi d'intensità, sono molto numerosi, e molti casi di follia non hanno altra causa. Spesso vi si aggiungono disordini patologici, i quali non ne sono che la conseguenza, e contro i quali i trattamenti medici sono impotenti fino a quando sussiste la causa originaria. Lo Spiritismo, facendo conoscere questa fonte, da cui proviene una parte delle miserie umane, indica il mezzo per rimediarvi. Questo mezzo consiste nell'agire sull'autore del male, il quale, essendo un essere intelligente, deve essere trattato con intelligenza. [80]
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[81] È un'epidemia di questo genere che da alcuni anni infierisce nel villaggio di Morzine, nella Savoia (si veda la relazione completa di questa epidemia sulla Rivista Spiritista, dicembre 1862, pag. 353; gennaio, febbraio, aprile e maggio 1863, pp. 1, 33, 101, 133).
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Capitolo XV - I MIRACOLI DEL VANGELO
Superiorità della natura di Gesù
Il principio dei fenomeni psichici poggia, come si è visto, sulle proprietà del fluido perispiritistico, che costituisce l'agente magnetico; poggia sulle manifestazioni della vita spirituale, durante la vita e dopo la morte; poggia infine sullo stato costitutivo degli Spiriti e sul loro ruolo come forza attiva della natura. Conosciuti questi elementi e costatati i loro effetti, si deve ammettere, di conseguenza, la possibilità di certi fatti, che venivano respinti quando si attribuiva loro un'origine soprannaturale.
Come uomo, egli aveva l'organismo di ogni essere carnale; ma come puro Spirito, distaccato dalla materia, doveva vivere senz'altro più della vita spirituale che di quella carnale, di cui però non possedeva affatto le debolezze. La superiorità di Gesù sugli uomini non derivava affatto dalle qualità particolari del suo colpo, ma dalle qualità del suo Spirito, che dominava la materia in maniera assoluta, e da quelle del suo perispirito, tratto dalla parte più quintessenziata dei fluidi terrestri (cap. XIV, n. 9). La sua anima non doveva essere legata al corpo che per i legami strettamente indispensabili; costantemente liberata, essa doveva dargli una doppia vista non solo permanente, ma anche di una penetrazione eccezionale e ben altrimenti superiore a quella ordinaria che possiedono gli uomini comuni. Lo stesso doveva essere riguardo a tutti i fenomeni che dipendono dai fluidi perispiritistici o psichici. La qualità di questi fluidi gli donava una immensa potenza magnetica, favorita dall'incessante desiderio di compiere il bene.
Nelle guarigioni ch'egli operava, agiva come medium? Possiamo considerarlo come un potente medium guaritore? No, perché il medium è un intermediario, uno strumento di cui si servono gli Spiriti disincarnati. Orbene, il Cristo non aveva certo bisogno di assistenza, proprio lui che assisteva gli altri! Egli agiva perciò da solo, in virtù del suo potere personale, come possono fare in certi casi gli incarnati e nella misura delle loro forze. Quale Spirito d'altronde avrebbe mai osato insinuargli i suoi propri pensieri, incaricandolo di trasmetterli? Se egli riceveva un influsso estraneo, questo non poteva essere che quello di Dio. Secondo una definizione data da uno Spirito, egli era medium di Dio.
I sogni
Gli avvertimenti per mezzo dei sogni rivestono un molo importante nei libri sacri di tutte le religioni. Senza garantire l'esattezza di tutti i fatti riportati e senza discuterli, il fenomeno in sé stesso non ha nulla di anormale, quando si sa che il tempo del sonno è quello in cui lo Spirito, liberandosi dai legami della materia, rientra momentaneamente nella vita spirituale, dove si ritrova con quelli che ha conosciuto. È spesso questo il momento che gli Spiriti protettori scelgono per manifestarsi ai loro protetti e dar loro dei consigli più diretti. Gli esempi di autentici avvertimenti per mezzo dei sogni sono numerosi, ma non se ne deve dedurre che tutti i sogni siano degli avvertimenti e, ancor meno, che tutto ciò che si vede in sogno abbia un suo significato. È doveroso includere tra le credenze superstiziose e assurde l'arte d'interpretare i sogni (cap. XIV, nn. 27-28).
La stella dei magi
Il problema non è sapere se il fatto riportato da san Matteo è reale o se è soltanto una immagine per indicare che i magi furono guidati in maniera misteriosa verso il luogo dov'era il Bambino — dato che non esiste alcun mezzo di controllo — ma sapere se un fatto di tale natura è possibile.
Certo è che in quella circostanza la luce non poteva essere una stella. Lo si poteva credere a quell'epoca, quando si pensava che le stelle fossero dei punti luminosi attaccati al firmamento e che potevano cadere sulla Terra, ma non al giorno d'oggi che si conosce la loro natura.
Per il fatto di non avere la causa che gli si attribuisce, il fenomeno dell'apparizione di una luce avente l'apparenza di una stella non è per questo una cosa meno possibile. Uno Spirito può apparire sotto una forma luminosa oppure trasformare una parte del suo fluido perispiritistico in un punto luminoso. Parecchi fatti di questo genere, recenti e perfettamente autentici, non hanno altra causa, e questa causa non ha nulla di soprannaturale (cap. XIV, n. 13 e ss.).
Doppia vista
L'ingresso di Gesù in Gerusalemme
Questo avvenne affinché si adempisse la parola del profeta:
`Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te,
mansueto e montato sopra un'asina, e un asinello, puledro d'asina'".
I discepoli andarono e fecero come Gesù aveva loro ordinato; condussero l'asina e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere. (Matteo 21:1-7) [10]
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Il bacio di Giuda
Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una gran folla con spade e bastoni, da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo. Colui che lo tradiva, aveva dato loro un segnale, dicendo: "Quello che bacerò, è lui; prendetelo". E in quell'istante, avvicinatosi a Gesù, gli disse: "Ti saluto, Maestro!" e gli diede un lungo bacio. Ma Gesù gli disse: "Amico, che cosa sei venuto a fare?" Allora, avvicinatisi, gli misero le mani addosso e lo presero. (Matteo 26:46-50)
La pesca miracolosa
Com'ebbe terminato di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo, e gettate le reti per pescare". Simone gli rispose: "Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti". E, fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano. Allora fecero segno ai loro compagni dell'altra barca, di venire ad aiutarli. Quelli vennero e riempirono tutt'e due le barche, tanto che affondavano. (Luca 5:1-7)
Vocazioni di Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Matteo
Passato oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, i quali nella barca con Zebedeo, loro padre, rassettavano le reti; e li chiamò. Essi, lasciando subito la barca e il padre loro, lo seguirono. (Matteo 4:18-22)
Poi Gesù, partito di là, passando, vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte e gli disse: "Seguimi". Ed egli, alzatosi, lo seguì. (Matteo 9:9)
La pesca definita miracolosa egualmente si spiega con la doppia vista. Gesù non ha affatto prodotto spontaneamente dei pesci là dove non ce n'erano; egli ha visto — come avrebbe fatto chiunque avesse potuto vedere con lucidità — con la vista dell'anima il punto dove i pesci si trovavano e ha così potuto dire con sicurezza ai pescatori di gettarvi le loro reti.
L'acutezza del pensiero e, di conseguenza, certe previsioni derivano dalla vista spirituale. Quando Gesù chiama a sé Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Matteo, bisognava ch'egli conoscesse le loro disposizioni intime, per sapere che lo avrebbero seguito e che sarebbero stati in grado di compiere la missione che doveva affidare loro. Bisognava anche ch'essi stessi avessero l'intuizione di questa missione, per affidarsi così a lui. Avviene la stessa cosa quando, il giorno della Cena, Gesù annuncia che uno dei dodici lo tradirà, e lo indica dicendo che è quello che mette la mano nel piatto, e quando ancora dice che Pietro lo rinnegherà.
In molti passi del Vangelo, si legge: "Ma Gesù, conoscendo il loro pensiero, disse loro..." Ora, come poteva egli conoscere il loro pensiero se ciò non fosse avvenuto attraverso l'irraggiamento fluidico, che gli portava questo pensiero e, nello stesso tempo, attraverso la vista spirituale, che gli permetteva di leggere nell'intimo degli individui?
Spesso, supponendo che un pensiero si trovi profondamente sepolto nelle pieghe dell'anima, l'uomo non sospetta che porta dentro di sé uno specchio in cui quel pensiero si riflette, una sorta di rivelatore nel suo stesso irraggiamento fluidico, che ne è impregnato. Se si vedesse il meccanismo del mondo invisibile che ci circonda, le ramificazioni di questi fili conduttori del pensiero che legano tutti gli esseri intelligenti, corporei e incorporei, gli effluvi fluidici carichi delle impronte del mondo morale — e che, come delle correnti aeree, attraversano lo spazio — si sarebbe molto meno sorpresi di certi effetti, che solo l'ignoranza può attribuire al caso (cap. XIV, nn. 15, 22 e ss.).
Guarigioni
Perdita di sangue
Ma perché questo irraggiamento si è diretto verso questa donna piuttosto che verso altri, dal momento che Gesù non pensava a lei ed era attorniato dalla folla?
La ragione di ciò è molto semplice. Poiché il fluido viene elargito come materia terapeutica, bisogna ch'esso riguardi il disordine organico al fine di rimediarvi. Tale fluido può essere diretto sulla parte malata attraverso la volontà del guaritore oppure attirato dal desiderio ardente, dalla fiducia, in una parola dalla fede del malato. Riguardo alla corrente fluidica, nel primo caso si ha un effetto simile a quello di una pompa premente, nel secondo caso di una pompa aspirante. Alcune volte è necessaria la simultaneità dei due effetti, altre volte ne basta uno solo. Nella circostanza di cui abbiamo parlato si è verificato il secondo caso.
Gesù aveva dunque ragione di dire: «La tua fede ti ha salvata». Ben si comprende come qui la fede non sia quella virtù mistica, quale la intendono certe persone, ma sia invece una vera forza attrattiva; chi non la possiede oppone alla corrente fluidica una forza repulsiva o, quanto meno, una forza d'inerzia che paralizza l'azione. Stando così le cose, è pertanto facile comprendere che tra due malati colpiti dal medesimo male e che si trovino entrambi di fronte a un guaritore, uno possa essere guarito e l'altro no. È questo uno dei più importanti principi della medianità guaritrice, e che spiega, attraverso una causa molto naturale, certe apparenti anomalie (cap. XIV, nn. 31-33).
Il cieco di Betsaida
Il paralitico
Il paralitico si alzò e se ne andò a casa sua. Visto ciò, la folla fu presa da timore e glorificò Dio, che aveva dato tale autorità agli uomini. (Matteo 9:1-8)
Se dunque l'infermità di quell'uomo era una punizione per il male che aveva potuto commettere, dicendogli Gesù: "I tuoi peccati ti sono perdonati", era come dirgli: "Tu hai pagato il tuo debito. La causa della tua malattia è cancellata dalla tua fede presente; di conseguenza tu meriti d'essere liberato dalla tua infermità". È per questo ch'egli dice agli scribi: "Quanto è facile dire: i tuoi peccati ti sono perdonati, altrettanto lo è: alzati e cammina". Poiché la causa è cessata, deve cessare anche l'effetto. Il caso è analogo a quello del prigioniero a cui si sta per dire: "Il tuo reato è espiato e perdonato", il che equivarrebbe a dirgli: "Puoi uscire di prigione".
I dieci lebbrosi
Uno di loro vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo; ed era un samaritano.
Gesù, rispondendo, disse: "I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo straniero?" E gli disse: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato". (Luca 17:11-19)
La mano paralizzata
I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui, per farlo morire.
Poi Gesù si ritirò con i suoi discepoli verso il mare; e dalla Galilea una gran folla lo seguì; e dalla Giudea, da Gerusalemme, dalla Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e di Sidone una gran folla, udendo quante cose egli faceva, andò da lui. (Marco 3:1-8)
La donna paralitica
Or il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato, disse alla folla: "Ci sono sei giorni nei quali si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire, e non in giorno di sabato".
Ma il Signore gli rispose: "Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie, di sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per condurlo a bere? E questa, che è figlia di Abraamo, e che Satana aveva tenuto legata per ben diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?" Mentre diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, e la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute. (Luca 13:10-17)
Il paralitico della piscina
Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua; perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito.
Là c'era un uomo che da trentotto anni era infermo. Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?" L'infermo gli rispose: "Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me". Gesù gli disse: "Àlzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina". In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare.
Quel giorno era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: "È sabato, e non ti è permesso portare il tuo lettuccio". Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: 'Prendi il tuo lettuccio e cammina. Essi gli domandarono: "Chi è l'uomo che ti ha detto: 'Prendi il tuo lettuccio e cammina'?" Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c'era molta gente. Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: "Ecco tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio". L'uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.
Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero". (Giovanni 5:1-17)
La piscina di Betesda, a Gerusalemme, era una cisterna, vicino al tempio, alimentata da una sorgente naturale, la cui acqua pareva avesse delle proprietà curative. Senza dubbio era, questa, una sorgente intermittente, da cui in certe epoche l'acqua sgorgava con forza agitandone la massa. Secondo la credenza popolare, era questo il momento più favorevole per le guarigioni. In realtà, è probabile che, nel momento del suo maggior deflusso, l'acqua possedesse proprietà più attive, oppure che il sommovimento, provocato dall'acqua che sgorgava con forza, rimuovesse la fanghiglia del fondo, che si rivelava salutare in certe malattie. Questi effetti sono molto naturali e perfettamente conosciuti al giorno d'oggi; ma allora le scienze erano poco avanzate, e si scorgeva una causa soprannaturale nella maggior parte dei fenomeni incompresi. I Giudei attribuivano dunque l'agitazione di quest'acqua alla presenza di un angelo, e tale credenza sembrava loro tanto più fondata, in quanto in quei momenti l'acqua era più benefica.
Dopo aver guarito quell'uomo, Gesù gli disse: "Per l'avvenire non peccare più, di modo che non ti capiti qualcosa di peggio". Con queste parole, egli fa intendere a quell'uomo che la sua malattia era una punizione e che s'egli non fosse migliorato, avrebbe potuto essere punito di nuovo e ancor più rigorosamente. Questa dottrina è completamente conforme a quella che insegna lo Spiritismo.
Il cieco fin dalla nascita
Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco e gli disse: "Va’, làvati nella vasca di Siloe" (che significa mandato). Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva. Perciò i vicini e quelli che l'avevano visto prima, perché era mendicante, dicevano: "Non è questo colui che stava seduto a chieder l'elemosina?" Alcuni dicevano: "È lui". Altri dicevano: "No, ma gli somiglia". Egli diceva: "Sono io". Allora essi gli domandarono: "Com'è che ti sono stati aperti gli occhi?" Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù fece del fango, me ne spalmò gli occhi e mi disse: 'Va’ a Siloe e làvati'. Io quindi sono andato, mi son lavato e ho ricuperato la vista". Ed essi gli dissero: "Dov'è costui?" Egli rispose: "Non so".
Condussero dai farisei colui che era stato cieco. Or era in giorno di sabato che Gesù aveva fatto il fango e gli aveva aperto gli occhi. I farisei dunque gli domandarono di nuovo come egli avesse ricuperato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Perciò alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non è da Dio perché non osserva il sabato". Ma altri dicevano: "Come può un peccatore fare tali miracoli?" E vi era disaccordo tra di loro. Essi dunque dissero di nuovo al cieco: "Tu, che dici di lui, poiché ti ha aperto gli occhi?" Egli rispose: "È un profeta".
I Giudei però non credettero che lui fosse stato cieco e avesse ricuperato la vista, finché non ebbero chiamato i genitori di colui che aveva ricuperato la vista, e li ebbero interrogati così: "È questo vostro figlio che dite esser nato cieco? Com'è dunque che ora ci vede?" I suoi genitori risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda, non sappiamo, né sappiamo chi gli abbia aperto gli occhi; domandatelo a lui; egli è adulto, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. Per questo, i suoi genitori dissero: "Egli è adulto, domandatelo a lui".
Essi dunque chiamarono per la seconda volta l'uomo che era stato cieco, e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Egli rispose: "Se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo". Essi allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti aprì gli occhi?" Egli rispose loro: "Ve l'ho già detto e voi non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventar suoi discepoli anche voi?" Essi lo insultarono e dissero: "Sei tu discepolo di costui! Noi siamo discepoli di Mosè. Noi sappiamo che a Mosè Dio ha parlato; ma in quanto a costui, non sappiamo di dove sia". L'uomo rispose loro: "Questo poi è strano: che voi non sappiate di dove sia; eppure mi ha aperto gli occhi! Si sa che Dio non esaudisce i peccatori; ma se uno è pio e fa la volontà di Dio, egli lo esaudisce. Da che mondo è mondo non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco. Se quest'uomo non fosse da Dio, non potrebbe far nulla". Essi gli risposero: "Tu sei tutto quanto nato nel peccato e insegni a noi?" E lo cacciarono fuori. (Giovanni 9:1-34)
Essere scacciato dalla sinagoga equivaleva a esser allontanato dalla Chiesa; si trattava di una sorta di scomunica. Gli Spiritisti, la cui dottrina è quella del Cristo interpretata secondo il progresso dei lumi attuali, vengono trattati come i Giudei che riconoscevano in Gesù il Messia. Scomunicandoli, li si mette fuori dalla Chiesa, come fecero gli scribi e i farisei nei confronti dei seguaci di Gesù. Così ecco un uomo che viene scacciato, perché non può credere che colui che l'ha guarito sia un posseduto del demonio, e perché egli glorifica Dio per la sua guarigione! Non è forse ciò che viene fatto nei confronti degli Spiritisti? Quanto questi ottengono — saggi consigli dagli Spiriti, ritorno a Dio e al bene, guarigioni — tutto è opera del diavolo, e anatemi vengono scagliati contro di loro. Non si è forse sentito dire da certi preti, dall'alto dei loro pulpiti, che val meglio rimanere miscredenti piuttosto che riacquistare la fede attraverso lo Spiritismo? Non si è forse sentito dire a dei mala ti che mai avrebbero dovuto farsi guarire dagli Spiritisti, i quali possedevano tale dono, in quanto questo è un dono satanico? Da altri non si è forse sentito predicare che gli sventurati non dovevano accettare il pane distribuito dagli Spiritisti, perché era il pane del diavolo? Forse che i sacerdoti ebrei e i farisei dicevano e facevano qualcosa di più? D'altronde è detto: tutto deve accadere oggi come ai tempi del Cristo.
La domanda dei discepoli: "È stato il peccato di quest'uomo che ha fatto sì che egli nascesse cieco?" rivela ch'essi avevano l'intuizione di una esistenza anteriore, altrimenti tale domanda non avrebbe senso. Infatti, il peccato che fosse la causa di una infermità fin dalla nascita dovrebbe essere stato commesso prima della nascita e, di conseguenza, in una esistenza anteriore. Se Gesù avesse ravvisato in ciò una idea falsa, avrebbe detto loro: "Come quest'uomo avrebbe potuto peccare prima d'essere nato?" Invece di ciò, egli dice loro che se quest'uomo è cieco, non è perché egli ha peccato, ma è cieco affinché la potenza di Dio risplenda in lui; vale a dire ch'egli doveva essere lo strumento di una manifestazione della potenza di Dio. Se non si trattava di una espiazione del passato, si trattava di una prova che doveva servire al suo avanzamento, perché Dio, che è giusto, non poteva certamente imporgli una sofferenza senza ricompensa.
In quanto al mezzo impiegato per guarirlo, è evidente che quella specie di fango fatto di terra e saliva non poteva avere altra virtù se non per l'azione del fluido guaritore di cui quel fango era impregnato. È così che le sostanze più insignificanti, per esempio l'acqua, possono acquisire potenti ed effettive qualità sotto l'azione del fluido spirituale o magnetico, al quale esse servono da veicolo o, se si preferisce, da serbatoio.
Numerose guarigioni di Gesù
Alleviando la sofferenza, egli legava a sé la gente dalla parte del cuore e raccoglieva così proseliti più numerosi e più sinceri che se costoro fossero stati colpiti solo dallo spettacolo che si svolgeva davanti ai loro occhi. Con questo mezzo egli si faceva amare, mentre se si fosse limitato a produrre degli effetti materiali sorprendenti, come ne richiedevano i farisei, la maggior parte della gente non avrebbe visto in lui che un mago o un abile prestigiatore che i perdigiorno sarebbero stati lì a guardare per distrarsi.
Così, quando Giovanni Battista gli manda a chiedere dai suoi discepoli se è il Cristo, egli non dice: "Lo sono", poiché qualsiasi impostoreavrebbe potuto dire altrettanto; non parla loro né di prodigi né di cose meravigliose, ma risponde loro semplicemente: "Andate a dire a Giovanni: i ciechi vedono, i malati sono guariti, i sordi odono, il Vangelo è annunciato ai poveri". Era lo stesso che dire: "Riconoscetemi dalle mie opere, giudicate l'albero dal suo frutto", perché questo è il vero carattere della sua missione divina.
Coloro che vedono nello Spiritismo soltanto degli effetti materiali non possono comprendere la sua forza morale. Anche gli increduli, i quali non lo conoscono se non attraverso quei fenomeni di cui non ammettono la causa prima, non vedono negli Spiritisti se non dei prestigiatori e dei ciarlatani. Non è dunque attraverso dei prodigi che lo Spiritismo trionferà sull'incredulità, ma moltiplicando i suoi benefici morali. Infatti se gli increduli non ammettono i prodigi, essi conoscono, come tutti, le sofferenze e le afflizioni, e nessuno, si sa, rifiuta il sollievo e la consolazione.
I posseduti
In quel momento si trovava nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale prese a gridare: "Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: Il Santo di Dio!" Gesù lo sgridò, dicendo: "Sta' zitto ed esci da costui!" E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. E tutti si stupirono e si domandavano tra di loro: "Che cos'è mai questo? È un nuovo insegnamento dato con autorità! Egli comanda perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!" (Marco 1:21-27)
Quando Gesù fu entrato in casa, i suoi discepoli gli domandarono in privato: "Perché non abbiamo potuto scacciarlo noi?" Egli disse loro: “Questa specie di spiriti non si può fare uscire in altro modo che con la Preghiera”. (Marco 9:14-29) [12]
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Ma i farisei, udendo ciò, dissero: "Costui non scaccia i demoni se non per l'aiuto di Belzebù, principe dei demoni". Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse loro: "Ogni regno diviso contro sé stesso va in rovina; e ogni città o casa divisa contro sé stessa non potrà reggere. Se Satana scaccia Satana, egli è diviso contro sé stesso; come dunque potrà sussistere il suo regno? E se io scaccio i demoni con l'aiuto di Belzebù, con l'aiuto di chi li scacciano i vostri figli? Per questo, essi stessi saranno i vostri giudici. Ma se è con l'aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demoni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio. (Matteo 12:22-28)
Senza presentare carattere epidemico, le ossessioni individuali sono estremamente frequenti e appaiono sotto gli aspetti più svariati, che solo una conoscenza approfondita dello Spiritismo fa riconoscere con facilità. Esse possono spesso avere conseguenze dannose per la salute, sia aggravando affezioni organiche preesistenti, sia determinandole. Un giorno esse saranno incontestabilmente catalogate tra le cause patologiche che richiedono, per la loro natura speciale, mezzi curativi speciali. Lo Spiritismo, facendo conoscere la causa del male, apre una strada nuova all'arte di guarire e fornisce alla scienza il mezzo di riuscire là dove spesso essa si arena per il solo fatto di non affrontare la causa prima del male (Il libro dei Medium, cap. XXIII).
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"Se Gesù avesse operato i suoi miracoli grazie al demonio, il demonio avrebbe dunque lavorato a distruggere il suo stesso dominio e avrebbe impiegato il suo potere contro sé stesso. In verità, un demonio che cercasse di distruggere il regno del vizio per instaurare quello della virtù, sarebbe un demonio assai strano. Ecco perché Gesù, per respingere l'assurda accusa dei Giudei, diceva loro: 'Se io opero dei prodigi nel nome del demonio, il demonio è in discordia con sé stesso; egli, insomma, cerca di distruggersi!' Risposta, questa, che non consente repliche".
È precisamente il medesimo argomento che oppongono gli Spiritisti a coloro che attribuiscono al demonio i buoni consigli che ricevono dagli Spiriti. Il demonio agirebbe come un ladro professionista che restituisse tutto ciò che ha tubato e spingesse gli altri ladri a divenire persone oneste.
Resurrezioni
La figlia di Iairo
(...) Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: "Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?" Ma Gesù udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: "Non temere; soltanto continua ad aver fede!" E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero a casa del capo della sinagoga; ed egli vide una gran confusione e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Ed essi ridevano di lui. Ma egli li mise tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui, ed entrò là dove era la bambina. E, presala per mano, le disse: "Talità cum!" che tradotto vuol dire: "Ragazza, ti dico: àlzati!" Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni. E furono subito presi da grande stupore. (Marco 5:21-24, 35-42)
Il figlio della vedova di Nain
Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra di noi" e: "Dio ha visitato il suo popolo". E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno. (Luca 7:11-17)
Se, presso di noi, le apparenze ingannano talvolta addirittura gli specialisti della medicina, casi di questo genere dovevano essere ben più frequenti in un paese dove non si prendeva nessuna precauzione in tal senso e dove la sepoltura era immediata. [83]
È dunque con ogni probabilità che, nei due esempi sopracitati, non si trattasse che di una sincope o letargia. Gesù stesso lo disse espressamente riguardo alla figlia di Iairo: La bambina, disse, non è morta, ma dorme.
Dato il potere fluidico che possedeva Gesù, non c'è affatto da stupirsi che questo fluido vivificante, diretto da una forte volontà, abbia rianimato i sensi in preda al torpore; che abbia perfino potuto richiamare nel corpo lo Spirito pronto ad abbandonarlo, non appena il legame perispiritistico si fosse definitivamente rotto. Per gli uomini di quel tempo, i quali consideravano un individuo morto non appena quello non respirava più, si trattava di una resurrezione, ed essi hanno potuto affermarlo in assoluta buona fede; mentre, in realtà, si trattava di una guarigione e non già di una resurrezione nell'accezione propria del termine.
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E chi poteva sapere s'egli puzzava? È sua sorella Marta che lo dice. Ma lei come poteva saperlo? Dal momento che Lazzaro era sepolto già da quattro giorni, ella poteva supporlo, ma non poteva averne la certezza (cap. XIV, n. 29). [84]
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Gesù cammina sull'acqua
Frattanto la barca, già di molti stadi lontana da terra, era sbattuta dalle onde, perché il vento era contrario. Ma alla quarta vigilia della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare. [85] E i discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono e dissero: "È un fantasma!" E dalla paura gridarono. Ma subito Gesù parlò loro e disse: "Coraggio, sono io; non abbiate paura!" Pietro gli rispose: "Signore, se sei tu, comandami di venire da te sull'acqua". Egli disse: "Vieni!" E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull'acqua e andò verso Gesù. Ma, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!" Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" E, quando furono saliti sulla barca, il vento si calmò. Allora quelli che erano nella barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: "Veramente tu sei Figlio di Dio!" (Matteo 14:22-33)
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Esempi analoghi provano che tale fenomeno non è né impossibile né miracoloso, poiché rientra nelle leggi della natura. In due modi esso può essersi prodotto.
Gesù, sebbene fosse vivo, è potuto apparire sull'acqua sotto una forma tangibile, mentre il suo corpo carnale era altrove; questa è l'ipotesi più probabile. Si possono perfino riconoscere, nel racconto, certi segni caratteristici delle apparizioni tangibili (cap. XIV, nn. 35-37).
D'altra parte, il suo corpo avrebbe potuto essere sostenuto, e la sua pesantezza essere neutralizzata dalla medesima forza fluidica che mantiene una tavola sospesa nello spazio senza alcun punto d'appoggio. Il medesimo effetto si è parecchie volte verificato su dei corpi umani.
La trasfigurazione
Poi, mentre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti. (Marco 92-10)
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Di tutte le facoltà che si sono rivelate in Gesù, nessuna è al di fuori dalle condizioni dell'umanità e nessuna che non si riscontri nel più comune degli uomini, perché tali facoltà sono tutte nell'ordine della natura. Ma per la superiorità della sua essenza morale e delle sue qualità fluidiche, esse raggiungevano in Gesù proporzioni molto al di sopra di quelle dell'uomo comune. A parte il suo involucro carnale, Gesù ci mostrava lo stato dei puri Spiriti.
La tempesta placata
In ogni caso, Gesù che dorme tranquillamente durante la tempesta, attesta una sicurezza da parte sua che può spiegarsi con la circostanza secondo cui il suo Spirito vedeva che non c'era alcun pericolo e che la tempesta stava per placarsi.
Le nozze di Cana
Considerato in sé stesso, questo fatto ha poca importanza in confronto a quelli che veramente attestano le qualità spirituali di Gesù. Ammettendo che le cose si siano verificate come vengono riferite, è da notare che questo è il solo fenomeno di tal genere ch'egli abbia prodotto. Gesù era di una natura troppo elevata per interessarsi a degli effetti puramente materiali, adatti soltanto a provocare la curiosità della folla, che così l'avrebbe poi paragonato a un mago. Egli sapeva che le cose utili gli avrebbero procurato più simpatie e più adepti di quelle che possono passare per dei giochi di prestigio e che non toccano però il cuore (n. 27).
Benché, a rigor di logica, il fatto possa spiegarsi, sia pure fino a un certo punto, con un'azione fluidica, la quale — come negli esempi che il magnetismo ci offre — avrebbe cambiato le proprietà dell'acqua dandole il sapore del vino, questa ipotesi è tuttavia poco probabile. Infatti in tal caso l'acqua, che del vino avrebbe avuto soltanto il gusto, avrebbe però conservato il suo colore, cosa questa che non avrebbe mancato d'essere vistosamente notata. È più razionale vedervi una di quelle parabole così frequenti negli insegnamenti di Gesù, come quella del Figliol prodigo, della festa di nozze, del ricco malvagio, del fico disseccato e tante altre che hanno tuttavia il carattere di fatti compiuti da Gesù. Egli avrà forse fatto, durante il pranzo, un'allusione al vino e all'acqua, da cui avrà tratto un insegnamento. A giustificare questa opinione ci sono le parole che egli rivolge al maestro di tavola: "Tutti servono all'inizio il vino buono, e dopo che se n'è bevuto molto, allora servono quello di qualità inferiore; ma da parte vostra si è riservato il vino buono fino a quest'ora".
Tra le due ipotesi, è necessario scegliere la più razionale, e gli Spiritisti non sono tanto sprovveduti da vedere dappertutto soltanto fatti di manifestazione divina, né tanto assolutisti da pretendere di poter spiegare tutto con i fluidi.
La moltiplicazione dei pani
Vi si può tuttavia scorgere più di una semplice figura e ammettere, da un certo punto di vista, la realtà di un fatto materiale, senza che per questo si debba ricorrere al prodigio. Si sa che una grande preoccupazione spirituale o l'attenzione fortemente rivolta a una determinata cosa fanno dimenticare la fame. Ora, coloro che seguivano Gesù erano persone avide di ascoltarlo. Non c'è dunque niente di stupefacente nel fatto che, affascinati dalla sua parola e forse anche dalla potente azione magnetica ch'egli esercitava su di loro, essi non abbiano provato il bisogno materiale di mangiare.
Gesù, che prevedeva questo risultato, ha dunque potuto tranquillizzare i suoi discepoli dicendo, nel linguaggio figurato a lui abituale — ammesso che realmente fossero stati portati alcuni pani — che quei pani sarebbero stati sufficienti a sfamare la folla. Nello stesso tempo, egli dava loro una lezione: "Date loro, come nutrimento, voi stessi" diceva. Così insegnava loro che anch'essi potevano nutrire attraverso la parola.
Pertanto, a fianco del senso allegorico morale, si è potuto produrre un effetto fisiologico naturale molto conosciuto. Il prodigio, in questo caso, sta nell'influenza insita nella parola di Gesù, tanto potente da conquistare l'attenzione di una folla immensa, al punto di farle dimenticare di mangiare. Questa potenza morale testimonia della superiorità di Gesù molto più del fatto puramente materiale della moltiplicazione dei pani, che deve essere considerato come un'allegoria.
Questa spiegazione, d'altronde, si trova confermata da Gesù stesso, nei due passi che riportiamo di seguito.
Il lievito dei farisei
Ma Gesù se ne accorse e disse: "Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del fatto di non aver pane? Non capite ancora? Non vi ricordate dei cinque pani dei cinquemila uomini e quante ceste ne portaste via? Né dei sette pani dei quattromila uomini e quanti panieri ne portaste via? Come mai non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei".
Allora capirono che non aveva loro detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei. (Matteo 16:5-12)
Il pane del cielo
Gesù rispose loro: "In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio sigillo". Essi dunque gli dissero: "Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". Allora essi gli dissero: "Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo".
Gesù disse loro: "In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo". Essi quindi gli dissero: "Signore, dacci sempre di codesto pane".
Gesù disse loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete". Ma io ve l'ho detto: "Voi mi avete visto, eppure non credete!" (Giovanni 6:22-36)
In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia". (Giovanni 6:47-50)
Ed è ciò che non meno chiaramente risulta dal discorso di Gesù sul pane del cielo, nel quale egli cerca di far comprendere il vero significato del nutrimento spirituale. "Lavorate", egli dice, "non per avere il nutrimento che perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'Uomo vi darà". Questo nutrimento è la sua parola, che è il pane disceso dal cielo e che dà vita al mondo. "Io sono", egli dice, "il pane di vita; colui che viene a me non avrà fame, e colui che crede in me non avrà mai sete".
Ma queste distinzioni erano troppo sottili per quelle rozze nature, che comprendevano soltanto le cose tangibili. La manna che aveva nutrito il corpo dei loro avi era per essi il vero pane del cielo. Là stava il miracolo. Se, dunque, l'episodio della moltiplicazione dei pani aveva avuto luogo materialmente, come mai quegli stessi uomini, a favore dei quali tale moltiplicazione si sarebbe prodotta pochi giorni prima, ne sarebbero rimasti così poco colpiti? Così poco colpiti da chiedere a Gesù: "Quale miracolo fai dunque tu, affinché noi, vedendolo, possiamo crederti? Che cosa fai tu di straordinario?" Il fatto è che essi per miracoli intendevano quei prodigi che anche i farisei reclamavano, vale a dire dei segnali nel cielo, effettuati a comando, come con la bacchetta magica di un incantatore. Ciò che faceva Gesù era troppo semplice né troppo si allontanava dalle leggi della natura; le guarigioni stesse non avevano un carattere né abbastanza strano né abbastanza straordinario; i miracoli spirituali non possedevano sufficiente corpo per loro.
La tentazione di Gesù
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Cercate di comprendere dunque il senso di questa parabola, perché come quella de Il Figliol prodigo e quella de Il Buon Samaritano, anch'essa è una parabola. L'una ci mostra i pericoli che corrono gli uomini, se non resistono a quella voce intima che grida loro senza tregua: "Tu puoi essere più di quello che sei; tu puoi possedere più di quello che possiedi; tu puoi ingrandirti, tu puoi ottenere molto di più. Cedi alla voce dell'ambizione, e tutti i tuoi desideri saranno esauditi." La parabola vi mostra il pericolo e vi dà il mezzo per evitarlo, dicendo alle cattive ispirazioni: Ritirati, Satana! o con altre parole: Indietreggia, tentazione!
Le altre due parabole che ho ricordato vi mostrano ciò che può ancora sperare colui che, troppo debole per scacciare il demonio, ha ceduto alle sue tentazioni. Vi mostrano la misericordia del padre di famiglia che stende la sua mano sulla fronte del figlio pentito e che gli accorda, con amore, il perdono implorato. Vi mostrano il colpevole, lo scismatico, l'uomo respinto dai suoi fratelli, che vale di più, agli occhi del Giudice supremo, di coloro che lo disprezzano, perché egli pratica le virtù insegnate dalla legge d'amore.
Considerate bene gli insegnamenti dati nei Vangeli. Sappiate distinguere ciò che va preso alla lettera da ciò che va preso in senso figurato, e gli errori, che vi hanno reso ciechi per tanti secoli, si cancelleranno a poco a poco, per far posto alla luce splendente della verità (Bordeaux, 1862. GIOVANNI, EVANG).
Prodigi alla morte di Gesù
Ed ecco, la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, le tombe s'aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti. (Matteo 27:51-53)
La durata di questa oscurità è pressappoco proprio quella di una eclisse di sole, ma questo genere di eclisse non si verifica che con la luna nuova, e la morte di Gesù ebbe luogo durante i plenilunio, il giorno 14 del mese di Nissan, giorno della Pasqua dei Giudei. L'oscuramento del Sole può anche essere causato dalle macchie che si osservano sulla sua superficie. In tal caso lo splendore della luce è sensibilmente affievolita, ma giammai al punto di produrre l'oscurità e le tenebre. Supponendo che un fenomeno di questo genere si sia verificato a quell'epoca, si sarebbe comunque trattato di una causa perfettamente naturale. [88]
In quanto ai morti resuscitati, può darsi che alcune persone abbiano avuto delle visibili o apparizioni, la qual cosa non è affatto eccezionale; ma siccome allora non si conosceva la causa di questo fenomeno, si è immaginato che gli individui apparsi uscissero dai sepolcri.
Sconvolti dalla morte del loro Maestro, i discepoli di Gesù, hanno senza dubbio legato a essa alcuni fatti particolari, ai quali non avrebbero dato alcuna attenzione in altre circostanze. Potrebbe essere bastato che un frammento di roccia si fosse staccato in quel momento, perché persone predisposte al meraviglioso vi vedessero un prodigio, e che, amplificando il fatto, dicessero che le rocce si erano spaccate.
Gesù è grande per le sue opere, di certo non per i quadri fantastici di cui un entusiasmo poco ponderato ha creduto di doverlo circondare.
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Apparizioni di Gesù dopo la sua morte
Detto questo si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?" Ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: "Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò".
Gesù le disse: "Maria!" Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: "Rabbuní!" che vuol dire: "Maestro!" Gesù le disse: "Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: 'Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro'".
Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose. (Giovanni 20:11-18)
Ed essi dissero l'uno all'altro: "Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr'egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?" E, alzatisi in quello stesso momento, tornarono a Gerusalemme e trovarono riuniti gli undici e quelli che erano con loro, i quali dicevano: "Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone". Essi pure raccontarono le cose avvenute loro per la via, e come era stato da loro riconosciuto nello spezzare il pane.
Ora, mentre essi parlavano di queste cose, Gesù stesso comparve in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi!" Ma essi, sconvolti e atterriti, pensavano di vedere un fantasma. Ed egli disse loro: "Perché siete turbati? E perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono proprio io; toccatemi e guardate; perché un fantasma non ha carne e ossa come vedete che ho io". E, detto questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma siccome per la gioia non credevano ancora e si stupivano, disse loro: "Avete qui qualcosa da mangiare?" Essi gli porsero un pezzo di pesce arrostito; egli lo prese, e mangiò in loro presenza.
Poi disse loro: "Queste sono le cose che io vi dicevo quand'ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi". Allora aprì loro la mente per capire le Scritture e disse loro: "Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Voi siete testimoni di queste cose.
Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall'alto. (Luca 24:13-49)
Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi!" Poi disse a Tommaso: "Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente". Tommaso gli rispose: "Signor mio e Dio mio!" Gesù gli disse: "Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Giovanni 20:24-29)
Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. Simon Pietro disse loro: "Vado a pescare". Essi gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. Allora Gesù disse loro: "Figlioli, avete del pesce?" Gli risposero: "No". Edi egli disse loro: "Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete". Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!" Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete con i pesci. (Giovanni 21:1-8)
Gesù s'è dunque mostrato con il suo corpo perispiritistico, la qual cosa spiega perché non è stato visto se non da coloro ai quali egli ha voluto farsi vedere. Se avesse avuto il suo corpo carnale, sarebbe stato visto da chiunque, come quando era vivo. I suoi discepoli, ignorando la causa fondamentale del fenomeno delle apparizioni, non si rendevano conto di queste particolarità, cui probabilmente non prestavano attenzione. Vedevano Gesù, lo toccavano, e per loro quello doveva essere il suo corpo resuscitato (cap. XIV, nn. 14, 35-38).
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In effetti Gesù, oscuro, povero, nato nella più umile delle condizioni, presso un piccolo popolo quasi ignorato e senza alcuna preponderanza né politica né artistica né letteraria, non predica che per soli tre anni. Durante questo breve spazio di tempo è rinnegato e perseguitato dai suoi concittadini, calunniato, trattato da impostore. È obbligato a fuggire per sottrarsi alla lapidazione. È tradito da uno dei suoi apostoli, rinnegato da un altro, abbandonato da tutti nel momento in cui cade nelle mani dei suoi nemici. Faceva soltanto del bene, e ciò non lo poneva al riparo dalla malevolenza che, dagli stessi servigi ch'egli prestava, traeva i motivi per accusarlo. Condannato al supplizio riservato ai criminali, egli muore ignorato dal mondo, perché la storia di quell'epoca, nulla dice al riguardo. [90] Non ha scritto nulla; tuttavia, grazie a pochi e oscuri uomini come lui, è bastata la sua parola per rigenerare il mondo. La sua dottrina ha ucciso l'onnipotente paganesimo ed è diventata la fiaccola della civilizzazione. Egli aveva contro di sé tutto ciò che può far arrestare il progresso degli uomini. È per questo che noi diciamo che il trionfo della sua dottrina è il più grande dei suoi miracoli, nel tempo stesso che essa dimostra la sua missione divina. Se, al posto di principi sociali e rigeneratori, fondati sull'avvenire spirituale dell'uomo, egli non avesse avuto altro da offrire alla posterità che qualche fatto prodigioso, a stento forse oggi lo si conoscerebbe di nome.
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Scomparsa del corpo di Gesù
Secondo un'altra congettura, Gesù non avrebbe rivestito un corpo carnale, ma soltanto un corpo fluidico. Egli non sarebbe stato, durante tutta la sua vita, che un'apparizione tangibile, in una parola, una sorta di agenere. La sua nascita, la sua morte e tutti gli atti materiali della sua vita non sarebbero stati che un'apparenza. È così, si dice, che il suo corpo, ritornato allo stato fluido, è potuto scomparire dal sepolcro, ed è con quel medesimo corpo che si sarebbe mostrato dopo la sua morte.
Senza dubbio, un simile fatto non è radicalmente impossibile, dopo quello che al giorno d'oggi si sa sulle proprietà dei fluidi; ma sarebbe almeno veramente eccezionale e in deciso contrasto con il carattere degli ageneri (cap. XIV, n. 36). La questione sta dunque nel sapere se una tale ipotesi è ammissibile e se essa è confermata o contraddetta dai fatti.
Dalla nascita alla morte, tutto, nei suoi atti, nel suo linguaggio e nelle diverse circostanze della sua vita, presenta i caratteri inequivocabili della corporeità. I fenomeni di ordine psichico, che si producono in lui, sono accidentali e non hanno niente di anomalo, poiché si spiegano attraverso le proprietà del perispirito, e si riscontrano, in vari gradi, presso altri individui. Dopo la sua morte, al contrario, tutto in lui rivela l'essere fluidico. La differenza tra i due stati è talmente netta che non è possibile equipararli.
Il corpo carnale ha le proprietà inerenti alla materia propriamente detta, e che differiscono essenzialmente da quelle dei fluidi eterei; la disorganizzazione vi si opera attraverso la rottura della coesione molecolare. Uno strumento tagliente, penetrando nel corpo materiale, ne divide i tessuti; se vengono attaccati organi essenziali alla vita, il funzionamento si arresta, e sopraggiunge la morte, cioè, la morte del corpo. Non esistendo questa coesione nei corpi fluidici, la vita non dipende dal molo di organi speciali, e non possono pertanto produrvisi disordini analoghi. Uno strumento tagliente, o qualsiasi altro, penetra in un corpo fluidico come se penetrasse in una massa di vapore, senza perciò causarvi alcuna lesione. Ecco perché questo genere di corpi non può morire, e perché gli esseri designati con il nome di ageneri non possono essere uccisi.
Dopo il supplizio, il corpo di Gesù rimase là, inerte e senza vita; fu sepolto come i corpi normali, e chiunque poté vederlo e toccarlo. Dopo la resurrezione, allorché vuole lasciare la Terra, egli non muore. Il suo corpo s'innalza, svanisce e scompare, senza lasciare nessuna traccia, prova evidente che questo corpo era di una natura diversa da quella del corpo che perì sulla croce. Da ciò si deve concludere che se a Gesù fu possibile morire è perché aveva un corpo carnale.
In virtù delle sue proprietà materiali, il corpo carnale è la sede delle sensazioni e dei dolori fisici che si ripercuotono nel centro sensitivo o Spirito. Pertanto non è il corpo che soffre, ma è lo Spirito che riceve il contraccolpo delle lesioni o alterazioni dei tessuti organici. In un corpo, privato dello Spirito, la sensazione è assolutamente nulla; per la medesima ragione, lo Spirito, che non ha un corpo materiale, non può provare le sofferenze, le quali sono il risultato dell'alterazione della materia. Da ciò si deve egualmente concludere che se Gesù ha sofferto materialmente — siccome non se ne può dubitare — è per il fatto che aveva un corpo materiale di una natura simile a quella di tutti gli uomini.
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Se le condizioni di Gesù, durante la sua vita, fossero state quelle degli esseri fluidici, egli non avrebbe provato né il dolore né alcuna delle necessità del corpo. Supporre che sia stato così, è negargli tutto il merito della vita di privazioni e di sofferenze ch'egli aveva scelto come esempio di rassegnazione. Se tutto in lui era soltanto apparenza, allora tutti gli atti della sua vita, il reiterato annuncio della sua morte, la scena dolorosa del Giardino degli Olivi, la sua preghiera a Dio perché gli allontanasse dalle labbra l'amaro calice, la sua passione, la sua agonia, tutto, fino al suo ultimo grido, nel momento di rendere lo Spirito, sarebbe stato soltanto un vano simulacro, per ingannare tutti riguardo alla sua natura. E ciò per far credere in un sacrificio illusorio della sua vita, una commedia indegna di un uomo semplicemente onesto, e pertanto a maggior ragione indegna di un essere tanto superiore. In una parola: egli avrebbe abusato della buona fede non solo dei suoi contemporanei ma anche della posterità. Tali le conseguenze logiche di un simile sistema, conseguenze inammissibili, poiché, invece di elevarlo, lo sviliscono moralmente.
Gesù dunque ebbe, come ogni uomo, un corpo carnale, ma anche un corpo fluidico, la qual cosa è attestata dai fenomeni materiali e dai fenomeni psichici, che hanno contraddistinto la sua esistenza.
Avevano la medesima credenza i Doceti (dal greco dokéin, sembrare, apparire) e la numerosa setta degli Gnostici, esistita durante i primi tre secoli.
Le Predizioni
Capitolo XVI - TEORIA DELLA PRESCIENZA
Prendiamo, come raffronto, un esempio fra le cose usuali. Esso ci aiuterà a comprendere il principio che dovremo sviluppare.
Si comprende pertanto come uno Spirito possa abbracciare, secondo il suo grado di perfezione, un periodo di alcuni anni, di alcuni secoli e anche di parecchie migliaia di anni. Perché, in fondo, che cos'è un secolo di fronte all'infinito? Gli eventi non si dipanano affatto consequenzialmente davanti a lui, come gli incidenti della strada del viaggiatore: egli vede simultaneamente l'inizio e la fine del periodo; tutti gli avvenimenti che, in quel periodo, sono il futuro per l'uomo della Terra, per lui sono il presente. Potrebbe, pertanto, venire a dirci con sicurezza: la tal cosa accadrà nella tale epoca; infatti egli vede questa cosa, come l'uomo della montagna vede ciò che attende il viaggiatore sulla strada. Se non lo fa è perché la conoscenza del futuro nuocerebbe all'uomo; ostacolerebbe il suo libero arbitrio; lo paralizzerebbe nel lavoro ch'egli deve compiere per il suo progresso. Il bene e il male che l'attendono, trovandosi nel campo dell'ignoto, costituiscono per lui la prova.
Se una tale facoltà, anche se limitata, si può contare fra gli attributi della creatura umana, a quale grado di potere dovrà mai elevarsi nel Creatore, che abbraccia l'infinito? Per Lui il tempo non esiste: l'inizio e la fine dei mondi sono il presente. In questo immenso panorama, che cosa sarà mai la durata della vita d'un uomo, d'una generazione, d'un popolo?
Colui al quale è dato l'incarico di rivelare una cosa occulta può ricevere, a sua insaputa, l'ispirazione da Spiriti che la conoscono, ed egli allora la trasmette macchinalmente, senza rendersene conto. Si sa inoltre che, sia durante il sonno, sia in stato di veglia, nelle estasi della doppia vista, l'anima si libera e acquisisce in grado più o meno elevato, le facoltà dello Spirito libero. Se questo è uno Spirito avanzato, se soprattutto ha, come i profeti, ricevuto una missione speciale per questo effetto, godrà, nei momenti di emancipazione dell'anima, della facoltà di abbracciare, da sé stesso, un periodo più o meno lungo, e vedrà, come fossero al presente, gli avvenimenti di quel periodo. Può allora rivelarli all'istante o conservarne la memoria al suo risveglio. Se questi avvenimenti devono restare segreti, allora egli ne perderà il ricordo oppure non gliene resterà che una vaga intuizione, sufficiente per guidarlo istintivamente.
Il dono della predizione, dunque, non è più soprannaturale di un'infinità di altri fenomeni. Esso si fonda sulle proprietà dell'anima e sulla legge dei rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che lo Spiritismo viene a farci conoscere.
Questa teoria della prescienza non risolve forse in maniera assoluta tutti i casi che la rivelazione del futuro può presentare, ma non si può negare ch'essa ne stabilisce il principio fondamentale.
Questa facoltà è inerente allo stato di spiritualizzazione o, se si preferisce, di smaterializzazione. Vale a dire che la spiritualizzazione produce un effetto che si può paragonare, per quanto molto imperfettamente, a quello della visione d'insieme dell'uomo che è sulla montagna. Questo raffronto aveva semplicemente lo scopo di dimostrare come avvenimenti che sono nel futuro per gli uni, siano nel presente per gli altri e possano così essere predetti, la qual cosa non implica che l'effetto si produca nello stesso modo.
Per godere di tale percezione, lo Spirito non ha dunque bisogno di trasportarsi su di un qualche punto dello spazio. Colui che è sulla Terra, al nostro fianco, può possederla in tutta la sua pienezza, allo stesso modo che se dalla Terra fosse lontano mille leghe, mentre noi non vediamo nulla al di fuori dell'orizzonte visuale. Presso gli Spiriti, non producendosi la visione né nella stessa maniera, né con gli stessi elementi che negli uomini, tutt'altro è il loro orizzonte visuale. Ora, è precisamente questo il senso che ci manca per concepirlo. Lo Spirito, a fianco di un incarnato, è come il vedente a fianco di un cieco.
Benché non siano Spiriti disincarnati, possano gli Spiritisti portarsi avanti anche di soli trent'anni in mezzo alla generazione che cresce. Da lì considerino ciò che accade oggi; ne seguano la marcia progressiva e vedranno così consumarsi in vani sforzi coloro che si ritengono chiamati ad arrestarla. Essi li vedranno sparire a poco a poco dalla scena, accanto all'albero che cresce e le cui radici si estendono ogni giorno di più.
Il tempo, allo stesso modo dello spazio, non può essere valutato se non con l'aiuto di punti di paragone o di riferimento, i quali lo dividono in periodi che si possono contare. Sulla Terra, la divisione naturale del tempo in giorni e anni è contrassegnata dal levarsi e dal tramontare del Sole, e dalla durata del movimento di traslazione della Terra. Le unità di misura del tempo variano necessariamente a seconda dei mondi, poiché i periodi astronomici sono differenti. Avviene così, per esempio, che su Giove un giorno equivale a dieci delle nostre ore, e un anno a circa dodici anni terrestri.
C'è dunque per ogni mondo una maniera diversa di calcolare la durata, a seconda della natura delle rivoluzioni astrali che vi si compiono. Questa sarebbe già una difficoltà per la determinazione delle nostre date, da parte di Spiriti che non conoscessero il nostro mondo. Ma, al di fuori dei mondi, questi sistemi di valutazione non esistono. Per uno Spirito, nello spazio, non vi sono né levarsi né tramontar di sole a segnare i giorni, né rivoluzione periodica a segnare gli anni. Per lui non esistono che il tempo e lo spazio infiniti (cap. VI, n. 1 e ss.). Quello, dunque, che non fosse mai venuto sulla Terra non avrebbe nessuna nozione dei nostri calcoli, che, del resto, gli sarebbero completamente inutili. Ma c'è di più. Quello che non fosse mai stato incarnato su nessuno dei mondi non avrebbe alcuna nozione del frazionamento del tempo. Quando uno Spirito estraneo alla Terra viene qui a manifestarsi, egli non può assegnare una data agli avvenimenti se non adeguandosi ai nostri usi, cosa che è senza dubbio in suo potere, ma che il più delle volte egli non giudica utile fare.
Ecco perché le predizioni circostanziate non possono offrire alcuna certezza e devono essere accolte soltanto come probabilità, quand'anche esse non portino con sé un marchio di legittima suspicione. Pertanto gli Spiriti veramente saggi non predicono mai nulla a epoche prestabilite; essi si limitano a fare previsioni sull'esito di cose che ci è utile conoscere. Insistere per avere dettagli precisi significa esporsi alle mistificazioni degli Spiriti leggeri, che predicono tutto ciò che si vuole, senza per nulla preoccuparsi della verità, e si divertono degli spaventi e degli abbagli che causano.
Comunque sia, bisogna convenire che alcune predizioni hanno un carattere serio e confondono con la loro veridicità. È probabile che, un tempo, questa forma velata abbia avuto la sua ragion d'essere e anche la sua necessità.
Al giorno d'oggi le circostanze non sono più le stesse; il positivismo del secolo mal si adatterebbe al linguaggio sibillino. Perciò, le predizioni dei giorni nostri non ostentano più quelle strane forme di linguaggio; le predizioni che fanno gli Spiriti non hanno niente di mistico; essi parlano usando il linguaggio di tutti, come avrebbero fatto da vivi, poiché non hanno cessato di appartenere all'umanità; ci avvertano delle cose future, personali o generali, quando ciò può essere utile e nella misura della perspicacia di cui sono dotati, proprio come farebbero dei consiglieri o degli amici. Le loro previsioni, dunque, sono degli avvertimenti — che nulla tolgono al libero arbitrio — piuttosto che delle predizioni propriamente dette, che implicherebbero una fatalità assoluta. La loro opinione, inoltre, è quasi sempre motivata, perché essi non vogliono che l'uomo annulli la sua ragione sotto una fede cieca e desiderano ch'egli ne consideri l'esattezza.
Questa attitudine spesso deriva, senza dubbio, dalla rettitudine di giudizio, che dal presente deduce le conseguenze logiche; ma spesso è anch'essa il risultato di una speciale chiaroveggenza inconscia o di una ispirazione che viene dall'esterno. Ciò che questi uomini hanno fatto da vivi, possono a maggior ragione farlo nello stato di Spiriti liberi, quando la vista spirituale non è più ottenebrata dalla materia.
Capitolo XVII - PREDIZIONI DEL VANGELO
Nessuno è profeta nella sua patria
Ma Gesù disse loro: " Un profeta non è disprezzato che nella sua patria e in casa sua". E lì, a causa della loro incredulità, non fece molte opere potenti. (Matteo 13:54-58)
Nel linguaggio comune, questa massima si applica al credito di cui gode un uomo tra i suoi e tra quelli in mezzo ai quali vive, alla fiducia ch'egli ispira loro per la superiorità della sua erudizione e della sua intelligenza. Se tale massima subisce delle eccezioni, queste sono ben rare e, in ogni caso, non sono mai assolute. Il principio di questa verità è una conseguenza naturale della fragilità umana, che si può anche spiegare.
L'abitudine di vedersi fin dall'infanzia, nelle comuni circostanze della vita, stabilisce tra gli individui una sorta di uguaglianza materiale, la quale fa sì che spesso ci si rifiuti di riconoscere una superiorità morale in colui di cui si è stati il compagno o il commensale, che è uscito dal medesimo ambiente e di cui si sono viste le prime debolezze. Il fatto è che l'orgoglio soffre dell'ascendente che è costretto a subire. Chiunque si elevi al di sopra del livello comune è sempre esposto alla gelosia e all'invidia. Quelli che si sentono incapaci di raggiungere la sua altezza cercano in tutti i modi di sottovalutarlo con la denigrazione, la maldicenza e la calunnia. Quanto più piccoli si vedono, tanto più forte gridano, credendo così di elevare sé stessi e di eclissare l'altro con tutto il rumore che fanno. Tale è stata e tale sarà la storia dell'umanità, fintantoché gli uomini non avranno compreso la loro natura spirituale e non avranno ampliato il loro orizzonte morale. Da tutto ciò risulta chiaramente come un simile pregiudizio sia proprio degli spiriti gretti e volgari che assumono la loro persona come punto di riferimento per ogni cosa.
D'altronde, degli uomini che si conoscono solo attraverso il loro spirito, ci si fa generalmente un ideale che cresce nella misura in cui tempi e luoghi vanno distanziandosi. Li si spoglia quasi dell'umanità. Sembra quasi ch'essi non debbano avere né sentito né parlato come tutti; che il loro linguaggio e i loro pensieri debbano essere stati costantemente al massimo grado del sublime, e ciò senza considerare che lo spirito non poteva essere incessantemente teso e in costante sovraeccitazione. Nel contatto giornaliero della vita privata, chiaramente si nota l'uomo materiale, poiché nulla lo distingue dal volgo. L'uomo corporale, sopraffatto dai sensi, quasi cancella l'uomo spirituale. Di quest'ultimo, invece, non si percepisce che lo spirito. Da lontano, non si vede che il lampo del genio; da vicino, si vede il riposo dello spirito.
Dopo la morte, non esistendo più il raffronto, resta soltanto l'uomo spirituale, ed egli sembra tanto più grande quanto più lontano è il ricordo dell'uomo corporale. Ecco perché gli uomini che hanno segnato il loro passaggio sulla Terra con opere di reale valore sono più apprezzati dopo la morte che in vita. Essi sono giudicati con maggiore imparzialità, perché, essendo spariti gli invidiosi e i gelosi, gli antagonismi personali non esistono più. La posterità è un giudice disinteressato che valuta l'opera dello Spirito, l'accetta senza ciechi entusiasmi se è buona, la respinge senza odio se è cattiva, indipendentemente dall'individualità che l'ha prodotta.
Tanto meno poteva sfuggire alle conseguenze di questo principio, che è inerente alla natura umana, Gesù, il quale viveva in un ambiente poco illuminato e fra uomini interamente votati alla vita materiale. I suoi compatrioti non vedevano in lui che il figlio del carpentiere, il fratello di uomini ignoranti quanto loro, e si domandavano che cosa potesse renderlo superiore a loro e dargli il diritto di rimproverarli. Così egli, notando che la sua parola godeva di una minore considerazione presso i compaesani, i quali lo disprezzavano, che presso gli estranei, andò a predicare tra coloro che lo ascoltavano e in mezzo ai quali riscuoteva maggior simpatia.
Ci si può fare un'idea dei sentimenti che verso di lui nutrivano i suoi parenti anche da questo fatto: i suoi fratelli, accompagnati dalla madre, andarono un giorno in un'assemblea dove Gesù si trovava per portarlo via, dicendo che aveva perduto il senso (Marco 3:20 21, 31 35; Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XIV).
Pertanto, da un lato, i sacerdoti e i farisei accusavano Gesù di agire per conto del demoni; dall'altro i suoi parenti più stretti lo tacciavano di follia. Non avviene forse così, ai giorni nostri, nei confronti degli Spiritisti?
E dovranno forse questi lamentarsi di non essere trattati dai loro concittadini meglio di quanto non lo fosse stato Gesù? Ma ciò che non avrebbe avuto nulla di sorprendente duemila anni fa, presso un popolo ignorante, è molto più strano oggi, nel diciannovesimo secolo, in seno a nazioni civilizzate.
Morte e passione di Gesù
"Voi tenete bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini." Ma essi non capivano queste parole che erano per loro velate, così da risultare incomprensibili, e temevano di interrogarlo su quanto aveva detto. (Luca 9:43-45)
Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caiafa e deliberarono di prendere Gesù con inganno e di farlo morire. Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non accada qualche tumulto nel popolo". (Matteo 26:1-5)
Persecuzione contro gli apostoli
Le città impenitenti
La rovina del tempio e di Gerusalemme
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Luca 13:33-35)
Maledizione contro i farisei
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché divorate le case delle vedove e fate lunghe preghiere per mettervi in mostra; perciò riceverete maggior condanna.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non importa;ma se giura per l'oro del tempio, resta obbligato. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro? E se uno, voi dite, giura per l'altare, non importa; ma se giura per l'offerta che c'è sopra, resta obbligato. Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta? Chi dunque giura per l'altare, giura per esso e per tutto quello che c'è sopra; e chi giura per il tempio, giura per esso e per Colui che lo abita; e chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre. Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l'esterno diventi pulito.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia. Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché costruite i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite: 'Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue dei profeti!' In tal modo voi testimoniate contro voi stessi, di essere figli di coloro che uccisero i profeti. E colmate pure la misura dei vostri padri! Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna? Perciò ecco, io vi mando dei profeti, dei saggi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare. Io vi dico in verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione”. (Matteo 23:13-36)
Le mie parole non passeranno
Essendo la verità una, non può trovarsi in affermazioni contrarie, né Gesù ha potuto voler dare alle sue parole un doppio significato. Se, dunque, le varie sette si contraddicono, se le une considerano come vero ciò che le altre condannano' come eresia, è impossibile che esse si trovino tutte nella verità. Se tutte avessero compreso il vero significato dell'insegnamento evangelico, si sarebbero incontrate sul medesimo terreno e non sarebbero esistite delle sette.
Ciò che non passerà è il vero senso delle parole di Gesù; ciò che passerà è quanto gli uomini hanno costruito sul falso senso ch'essi hanno dato a quelle medesime parole.
Avendo Gesù come missione quella di trasmettere agli uomini il pensiero di Dio, soltanto la sua dottrina pura può essere l'espressione di questo pensiero.È per questo ch'egli ha detto: Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata.
La pietra angolare
‘La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri?’ Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà".
I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta. (Matteo 21:42-46)
Parabola dei vignaiuoli omicidi
Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero altro e un altro lo lapidarono. Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li trattarono allo stesso modo. Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo:
‘Avranno rispetto per mio figlio’. Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: 'Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità'. Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?" Essi gli risposero: "Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo". (Matteo 21:33-41)
Così è accaduto con gli scribi, con i principi dei sacerdoti e con i farisei. E così accadrà quando tornerà di nuovo a domandar conto di ciò che ciascuno ha fatto della Sua dottrina. Toglierà l'autorità a colui che ne avrà abusato, perché vuole che il Suo campo sia amministrato secondo la Sua volontà.
Dopo diciotto secoli l'umanità, giunta all'età virile, è matura per comprendere quanto il Cristo ha soltanto adombrato, perché, come diceva egli stesso, altrimenti non sarebbe stato compreso. Ora, a quali risultati sono arrivati coloro che sono stati incaricati dell'educazione religiosa dell'umanità? Sono arrivati a vedere l'indifferenza far seguito alla fede e la miscredenza ergersi a dottrina. In nessun'altra epoca, infatti, lo scetticismo e lo spirito di negazione furono più diffusi che nell'epoca attuale, in seno a tutte le classi sociali.
Ma se alcune delle parole del Cristo sono nascoste sotto il velo dell'allegoria, riguardo invece a tutto ciò che concerne la regola di condotta, i rapporti tra uomo e uomo, i principi morali attraverso i quali espressamente egli condiziona la salvezza., riguardo a tutto ciò i suoi insegnamenti sono chiari, espliciti e senza ambiguità (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XV).
Delle sue massime di carità, di amore e di tolleranza che n'è statò? E delle raccomandazioni fatte ai suoi apostoli circa la conversione degli uomini attraverso la dolcezza e la persuasione? E della semplicità,dell'umiltà, dell'altruismo e di tutte le virtù di cui egli ha dato l'esempio? In suo nome, gli uomini si sono scagliati anatemi e maledizioni; si sono sgozzati in nome di colui che ha detto: "Tutti gli uomini sono fratelli". Di Colui, ch'egli ha proclamato infinitamente giusto, buono e misericordioso, si è creato un Dio geloso, crudele, vendicativo e parziale. A quel Dio di pace e di verità si sono sacrificate migliaia di vittime sui roghi, sotto le torture e con le persecuzioni, più di quante non ne abbiano mai sacrificate i pagani per i loro falsi dei. Si sono venduti i favori del cielo e le preghiere in nome di colui che ha scacciato i mercanti dal tempio e che ha detto ai suoi discepoli: "Date gratuitamente ciò che gratuitamente voi avete ricevuto".
Che cosa direbbe il Cristo, se vivesse oggi fra di noi? Se vedesse i suoi rappresentanti ambire agli onori, alle ricchezze, al potere e ai fasti dei príncipi del mondo, mentre lui, più re di tutti i re della Terra, fece il suo ingresso in Gerusalemme in groppa a un asino? Non si troverebbe egli in diritto di dire loro: "Che avete fatto dei miei insegnamenti, voi che incensate il vitello d'oro, voi che, durante le vostre preghiere, date largo spazio ai ricchi e riservate ai poveri uno spazio esiguo, mentre io vi ho detto: 'I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi del regno dei cieli?" Ma se egli non c'è carnalmente, c'è in Spirito e, come quel padrone della parabola, egli verrà a chieder conto ai suoi vignaiuoli del prodotto della sua vigna, quando sarà giunto il tempo della raccolta.
Un solo gregge e un solo pastore
Tuttavia, l'unità nella religione si farà — come tende a farsi socialmente, politicamente e commercialmente — con la caduta delle barriere che separano i popoli, con l'assimilazione dei costumi, degli usi e dei linguaggi. I popoli dell'intero mondo già fraternizzano, come quelli di province d'uno stesso antico impero. Si presagisce questa unità e tutti la desiderano. Essa si farà per forza di cose, perché diverrà una necessità per stringere i legami di fraternità tra le nazioni; essa si farà attraverso lo sviluppo della ragione umana, che dimostrerà la puerilità di tali dissidenze; si farà grazie al progresso delle scienze, che dimostra ogni giorno gli errori materiali sui quali tali dissidenze si fondano, e che distacca a poco a poco le pietre verminose dalle loro basi. Se la scienza demolisce, nelle religioni, quanto è opera dell'uomo e frutto della sua ignoranza riguardo alle leggi della natura, essa non può distruggere, malgrado l'opinione di alcuni, quanto è opera di Dio e la verità eterna. Allontanando gli accessori, la scienza prepara le vie verso l'unità.
Per giungere all'unità, le religioni dovranno incontrarsi su di un terreno neutro, sebbene comune a tutte; per questo tutte dovranno fare concessioni e sacrifici più o meno grandi, a seconda della molteplicità dei loro dogmi particolari. Ma, in virtù del principio d'immutabilità che tutte professano, l'iniziativa delle concessioni non potrà partire dal campo ufficiale; invece di prendere il loro punto di partenza dall'alto, esse lo prenderanno dal basso, attraverso l'iniziativa individuale.
Si va operando, da qualche tempo, un movimento di decentralizzazione che tende ad acquistare una forza irresistibile. Il principio di immutabilità che le religioni hanno considerato finora un'egida conservatrice, diverrà un elemento di distruzione. Infatti, considerato che i culti s'immobilizzano, mentre la società progredisce, essi verranno superati e, in seguito, assorbiti nella corrente delle idee progressiste.
L'immobilità, invece d'essere una forza, diviene una causa di debolezza e di rovina per chi non segue il movimento generale. Essa rompe l'unità, poiché coloro che vogliono andare avanti si separano da coloro che si ostinano a restare indietro.
Nello stato attuale dell'opinione e delle conoscenze, la religione che dovrà radunare un giorno tutti gli uomini sotto la medesima bandiera, sarà quella che meglio soddisferà la ragione e le legittime aspirazioni del cuore e dello spirito; che non sarà su nessun punto smentita dalla scienza positiva; che, invece di immobilizzarsi, seguirà l'umanità nella sua marcia progressiva, senza mai permettere che la oltrepassino; che non sarà né esclusivista né intollerante; che sarà l'emancipatrice dell'intelligenza, non ammettendone che la fede razionale; quella il cui codice morale sarà il più puro, il più razionale, il più in armonia con le esigenze sociali, il più appropriato, infine, a fondare sulla Terra il regno del bene, per mezzo della pratica della carità e della fraternità universali.
Ciò che alimenta l'antagonismo tra le religioni è l'idea che esse hanno, ciascuna, il proprio dio particolare, nonché la pretesa secondo cui il loro dio è sempre il solo vero dio e anche il più potente, il quale è in costante ostilità con gli dei degli altri culti e costantemente occupato a combattere la loro influenza. Quando esse saranno convinte che non c'è che un solo Dio nell'universo e che, in definitiva, è il medesimo che esse adorano sotto i nomi di Geova, Allah o Dio; quando esse saranno d'accordo sugli attributi essenziali della Divinità, esse comprenderanno che un Essere unico non può avere che una sola volontà; esse si tenderanno la mano, come i servitori di uno stesso Padrone o i figli di uno stesso Padre, e avranno così fatto un grande passo verso l'unità.
Avvento di Elia
Annuncio del Consolatore
Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto." (Giovanni 14:15–17,26; Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. VI)
Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito di Verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. (Giovanni 16:7-14)
Egli annuncia sotto il nome di Consolatore e di Spirito di Verità la venuta di colui che deve insegnare tutte le cose e far ricordare ciò che egli ha detto: dunque il suo insegnamento non era completo. Anzi, egli prevede che ci si dimenticherà di ciò ch'egli ha detto e che lo si snaturerà, dal momento che lo Spirito di Verità dovrà farlo ricordare e, in accordo con Elia, dovrà ristabilire tutte le cose, cioè secondo il vero pensiero di Gesù.
La dottrina di Mosè, incompleta, è rimasta circoscritta al popolo ebraico; quella di Gesù, più completa, si è diffusa su tutta la Terra attraverso il Cristianesimo, ma non ha convertito tutti; lo Spiritismo, ancora più completo, avendo radici in tutte le credenze, convertirà l'umanità. [92]
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Secondo avvento del Cristo
Queste parole: "Ci sono alcuni, di coloro che sono qui, che non patiranno la morte se non quando avranno visto il Figlio dell'uomo venire nel suo regno" sembrano una contraddizione, poiché è certo ch'egli non è venuto da nessuno, ancora in vita, di quelli che erano lì presenti. Gesù non poteva tuttavia ingannarsi su una previsione di questa natura e soprattutto in relazione a una cosa contemporanea che lo riguardava personalmente. Innanzi tutto bisogna chiedersi se le sue parole sono sempre state rese in modo ineccepibilmente fedele. E di ciò si può anche dubitare, se si considera ch'egli non ha scritto nulla, e che le sue parole sono state raccolte soltanto dopo la sua morte. Quando poi si osserva che il medesimo discorso è stato quasi sempre riprodotto con termini differenti presso ciascun evangelista, si ha allora la prova evidente che quelle non sono le espressioni testuali di Gesù. È inoltre probabile che il senso debba essere stato talvolta alterato, attraverso il susseguirsi delle traduzioni.
D'altronde, è certo che se Gesù avesse detto tutto quello che avrebbe potuto dire, si sarebbe espresso in maniera chiara e precisa, così da non dar luogo a nessun equivoco, come fa per i principi morali, mentre ha dovuto velare il suo pensiero su quegli argomenti che ha giudicato opportuno non approfondire. Gli apostoli, persuasi che la generazione di cui essi facevano parte dovesse essere testimone di quanto egli annunciava, hanno dovuto interpretare il pensiero di Gesù secondo la loro idea. Essi hanno potuto, di conseguenza, redigere dal punto di vista del presente ciò che il Maestro aveva detto, facendolo in maniera più assoluta di quanto, forse, non avrebbe fatto lui stesso. Comunque sia, i fatti stanno qui a dimostrare che le cose non sono andate come essi supponevano.
È in questa legge che può trovarsi la spiegazione razionale delle parole di cui sopra, ammesso che siano testuali. Dal momento che non possono essere applicate alle persone degli apostoli, è evidente che si riferiscono al regno futuro del Cristo, cioè al tempo in cui la sua dottrina, in miglior modo compresa, sarà legge universale. Pertanto, dicendo Gesù che alcuni di coloro che erano presenti avrebberoassistito al suo avvento, ciò non poteva intendersi che in un solo senso: essi, cioè, di nuovo sarebbero vissuti in quell'epoca. Ma gli Ebrei s'immaginavano ch'essi fossero sul punto di vedere tutto ciò che Gesù annunciava, e prendevano alla lettera le sue allegorie.
Del resto, alcune delle sue predizioni si sono realizzate al loro tempo, quali la rovina di Gerusalemme, le disgrazie che ne seguirono, e la dispersione degli Ebrei. Ma Gesù proiettava la sua visione molto più lontano e, parlando del presente, alludeva costantemente al futuro.
Segni precursori
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"Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s'andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e la gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell'uomo". (Matteo 24:37-39)
Per una conseguenza naturale di questa disposizione di spirito, la forza suprema non poteva manifestarsi, secondo la credenza di allora, se non attraverso cose straordinarie, soprannaturali; più esse erano impossibili e meglio venivano accettate come probabili.
Il Figlio dell'uomo che viene sulle nuvole del cielo, con una grande maestà, circondato dai suoi angeli e al suono delle trombe, appariva loro ben diversamente imponente da un essere investito del solo potere morale. Così gli Ebrei, che attendevano nel Messia un re della Terra, il più potente tra tutti i re, per porre la loro nazione in primo piano e risollevare il trono di Davide e di Salomone, non vollero riconoscerlo nell'umile figlio del carpentiere, senza alcuna autorità materiale.
Tuttavia, questo povero proletario della Giudea è diventato il più grande tra i più grandi; ha conquistato con la sua sovranità più regni di quanti non ne abbiano conquistati i più potenti tra i potenti; con la sola sua parola e con alcuni poveri pescatori ha rivoluzionato il mondo, ed è a lui che gli Ebrei dovranno la loro riabilitazione. Egli è dunque nel vero quando alla domanda di Pilato: "Sei tu re?" risponde: "Tu l'hai detto".
Senza alcun dubbio questo cambiamento non poteva essersi verificato mentre gli apostoli erano ancora in vita, altrimenti Gesù non avrebbe potuto ignorarlo, né d'altronde una tale trasformazione si sarebbe potuta compiere in pochi anni. Tuttavia Gesù parla loro come se essi ne dovessero essere testimoni; il fatto è che, in effetti, essi potranno rivivere in quell'epoca e impegnarsi essi stessi nella trasformazione. Talvolta egli parla della sorte vicina di Gerusalemme, talaltra egli assume questo fatto come punto di riferimento per quanto sarebbe avvenuto nel futuro.
Non è però razionale supporre che Dio distrugga il mondo nel preciso momento in cui esso entrerà nella via del progresso morale, attraverso la pratica degli insegnamenti evangelici. Nulla, d'altronde, nelle parole del Cristo, indica una distruzione universale, la quale, in simili condizioni, non sarebbe affatto giustificata.
La pratica generale del Vangelo, dovendo portare a un miglioramento nello stato morale degli uomini, porterà, per ciò stesso, al regno del bene e causerà la caduta del regno del male. È dunque alla fine del vecchio mondo, del mondo governato dai pregiudizi, dall'orgoglio, dall'egoismo, dal fanatismo, dalla miscredenza, dalla cupidigia e da tutte le cattive passioni, che il Cristo allude, quando dice: "Allorché il Vangelo sarà predicato su tutta la Terra, è allora che giungerà la fine"; ma questa fine porterà con sé una lotta, ed è da questa lotta che nasceranno i mali ch'egli prevede.
I vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno
Se ora, tenendo conto della forma allegorica di certi quadri e scrutando il senso più profondo delle parole di Gesù, si confrontassero la situazione attuale e quella dei tempi da lui descritti, quali indicatori dell'era del rinnovamento, non si potrebbe negare che molte delle sue predizioni si stanno oggi realizzando. Da ciò si deve concludere che ci avviciniamo ai tempi annunciati, cosa che confermano gli Spiriti, che si manifestano in tutti i punti del globo.
È l'annuncio inequivocabile della divulgazione della medianità, che si rivela ai nostri giorni in individui di ogni età, di ambo i sessi e di tutte le condizioni; di conseguenza, è l'annuncio della manifestazione universale degli Spiriti, posto che senza gli Spiriti non ci sarebbero i medium. Questo, è detto, avverrà nei tempi a venire, ora, poiché noi non ci troviamo alla fine del mondo, ma al contrario alla sua rigenerazione, bisogna intendere quelle parole come indicanti gli ultimi tempi del mondo morale, che sta per giungere al suo termine (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XXI).
Il giudizio finale
Ben si comprende da questo solo fatto che Gesù aveva ragione, quando diceva ai suoi discepoli: "Molte sono le cose che io non posso dirvi, per il fatto che voi non le capireste". Infatti, per una giusta interpretazione di alcune delle sue parole, era indispensabile il progresso delle scienze. Di sicuro, gli apostoli, san Paolo e i primi discepoli avrebbero fissato in modo ben diverso certi dogmi, se avessero avuto le conoscenze astronomiche, geologiche, fisiche, chimiche, fisiologiche e psicologiche che si possiedono al giorno d'oggi. Così, Gesù ha procrastinato il completamento dei suoi insegnamenti e ha annunciato che tutte le cose avrebbero dovuto essere ristabilite.
E poi, se il giudizio finale deve sorprendere gli uomini all'improvviso, nel bel mezzo delle loro abituali occupazioni, e anche le donne incinte, ci si domanda per quale scopo Dio, il quale non fa nulla né d'inutile né d'ingiusto, farebbe nascere dei bambini e creerebbe delle nuove anime in quel momento supremo, al termine fatale dell'umanità. Sarebbe forse per sottoporle a giudizio subito al loro uscire dal grembo materno, prima che abbiano coscienza di sé stesse, quando altri hanno avuto migliaia di anni per prendere coscienza di sé? E da quale lato, a destra o a sinistra, si metteranno queste anime, le quali ancora non possono essere né buone né cattive, e alle quali ogni ulteriore via di progresso è ormai preclusa, dal momento che l'umanità non esisterà più? (cap. II, n. 19).
Quanti di coloro la cui ragione si accontenta di simili credenze le conservino pure: è nel loro diritto, né alcuno vi trovi nulla da ridire; ma non si consideri ingiustamente neppure il fatto che non tutti siano dello stesso parere.
Secondo questa interpretazione, la qualifica di giudizio finale non è esatta, poiché gli Spiriti passano attraverso analoghe corti d'assise a ogni rinnovamento dei mondi da essi abitati, finché non abbiano raggiunto un certo grado di perfezione. Non c'è, dunque, propriamente parlando, un giudizio finale, ma ci sono dei giudizi generali in tutte le epoche di rinnovamento parziale o totale della popolazione dei mondi. È in seguito a ciò che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti.
Capitolo XVIII - I TEMPI SONO ARRIVATI
Segni dei tempi
Ammesso questo, diremo che il nostro globo, come tutto ciò che esiste, è sottoposto alla legge del progresso. Esso progredisce fisicamente attraverso la trasformazione degli elementi che lo compongono, e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti incarnati e disincarnati che lo popolano. Questi due tipi di progresso si susseguono e procedono parallelamente, poiché la perfezione dell'abitazione è in stretto rapporto con quella del suo abitante. Fisicamente, il globo ha subito delle trasformazioni, constatate dalla scienza, che l'hanno successivamente reso abitabile da parte di esseri sempre più perfezionati. Moralmente, l'umanità progredisce attraverso lo sviluppo dell'intelligenza e del senso morale, e per l'ammorbidimento dei costumi. Nel medesimo tempo, il miglioramento del globo si realizza sotto il dominio delle forze materiali, e gli uomini vi concorrono con gli sforzi della loro intelligenza; bonificano le terre insalubri, rendono più facili le comunicazioni e più produttivo il terreno.
Queste duplice progresso si compie in due modi: l'uno lento, graduale e quasi impercettibile; l'altro attraverso cambiamenti più bruschi, a ciascuno dei quali corrisponde un movimento ascensionale più rapido, il quale segnala, con caratteri netti, i periodi progressivi dell'umanità. Questi movimenti, subordinati nei dettagli al libero arbitrio degli uomini, sono praticamente fatali nel loro complesso, perché soggetti a delle leggi, come i movimenti che si verificano nella germinazione, nella crescita e nella maturazione delle piante. È per questo che il movimento progressivo è a volte parziale, limitato cioè a una razza o a una nazione, e altre volte generale.
Il progresso dell'umanità si effettua, dunque, in virtù di una legge. Ora, siccome tutte le leggi della natura sono l'opera eterna della saggezza e della prescienza divine, tutto ciò che è l'effetto di queste leggi è il risultato della volontà di Dio, non di una volontà accidentale e capricciosa, ma di una volontà immutabile. Allorché, dunque, l'umanità è matura per superare un gradino, si può dire che i tempi segnati da Dio sono arrivati, così come si può dire che, nella tale stagione, sono arrivati i tempi per la maturazione dei frutti e per il raccolto.
Tale è il periodo in cui gli uomini stanno ormai per entrare e che segnerà una delle fasi principali dell'umanità. La fase che si sta elaborando in questo momento è il completamento necessario dell'epoca precedente, come l'età virile è il completamento della giovinezza. Essa, perciò, poteva essere prevista e predetta anticipatamente; ed è per questo che si dice che i tempi indicati da Dio sono arrivati.
Del resto, ognuno sa quanto l'ordine attuale delle cose lasci ancora molto a desiderare. Dopo avere, per così dire, considerato il solo benessere materiale, che è il prodotto dell'intelligenza, si giunge a comprendere che il completamento di questo benessere non può trovarsi che nello sviluppo morale. Quanto più si avanza, tanto più si avverte ciò che manca, senza tuttavia poterlo ancora definire chiaramente: è questo l'effetto del travaglio intimo che si opera per la rigenerazione. Si hanno dei desideri, delle aspirazioni che sono come il presentimento di uno stato migliore.
7. Ma un cambiamento così radicale come quello che si sta elaborando non può effettuarsi senza scosse. C'è, inevitabilmente, una lotta di idee. Da questo conflitto nasceranno per forza di cose delle perturbazioni temporanee fino a quando il terreno non sia stato appianato e l'equilibrio ristabilito. È dunque dalla lotta delle idee che sorgeranno i gravi avvenimenti annunciati e non già da cataclismi o catastrofi puramente materiali. I cataclismi generali erano la conseguenza dello stato di formazione della Terra. Oggi non sono più le viscere del pianeta che si agitano: sono quelle dell'umanità.
“Ogni corpo celeste, oltre alle leggi semplici che presiedono alla divisione dei giorni e delle notti, delle stagioni ecc., subisce delle rivoluzioni, che richiedono migliaia di secoli per la loro completa effettuazione, ma che, come le rivoluzioni più brevi, passano attraverso tutti i periodi, dalla nascita fino a un massimo dell'effetto, dopo il quale c'è una decrescita fino al limite estremo, per ricominciare in seguito a percorrere le medesime fasi.
L'uomo si rende conto soltanto delle fasi dalla durata relativamente breve e di cui può constatare la periodicità. Ma vi sono fasi che comprendono lunghe generazioni di esseri e persino successioni di razze, i cui effetti, di conseguenza, hanno per l'uomo le apparenze della novità e della spontaneità, mentre, se il suo sguardo potesse portarsi indietro di alcune migliaia di secoli, vedrebbe, tra questi stessi effetti e le loro cause, una correlazione che neppure suppone. Questi periodi che, per la loro relativa lunghezza, confondono l'immaginazione degli umani, non sono tuttavia che degli istanti rispetto alla durata eterna.In un medesimo sistema planetario, tutti i corpi che lo costituiscono reagiscono gli uni sugli altri. Tutte le influenze fisiche sono in esso solidali e non c'è un solo effetto, di quelli che voi designate con il nome di grandi perturbazioni, che non sia la conseguenza della componente delle influenze di tutto questo sistema.
Vado più lontano: io dico che i sistemi planetari reagiscono gli uni sugli altri, in ragione dell'avvicinamento o dell'allontanamento che risulta dal loro moto di traslazione, attraverso le miriadi di sistemi che compongono la nostra nebulosa. Vado più lontano ancora: io dico che la nostra nebulosa, la quale è come un arcipelago nell'immensità, avendo anche il suo movimento di traslazione attraverso le miriadi di nebulose, subisce l'influenza di quelle cui si avvicina.
Così le nebulose reagiscono sulle nebulose, i sistemi reagiscono sui sistemi, come i pianeti reagiscono sui pianeti, come gli elementi di ogni pianeta reagiscono gli uni sugli altri e così, progressivamente fino all'atomo; da qui, in ogni mondo, avvengono rivoluzioni locali o generali, che non sembrano delle perturbazioni soltanto perché la brevità della vita non permette di averne che gli effetti parziali. Non sarebbe potuta sfuggire a queste influenze la materia organica. Le perturbazioni ch'essa subisce possono dunque alterare lo stato fisico degli esseri viventi e determinare alcune di quelle malattie che imperversano in maniera generale sulle piante, sugli animali e sugli uomini. Queste malattie, come tutti i flagelli, sono per l'intelligenza umana uno stimolo che la spinge, per forza di necessità, alla ricerca dei mezzi per combatterle e alla scoperta delle leggi della natura.
Ma la materia organica agisce a sua volta sullo Spirito; questo, per il suo contatto e intimo legame con gli elementi materiali, subisce anch'esso delle influenze, le quali modificano le sue disposizioni, senza tuttavia privarlo del suo libero arbitrio, sovreccitano o rallentano la sua attività e, per questo stesso motivo, contribuiscono al suo sviluppo. L'effervescenza, che talvolta si manifesta in tutta una popolazione, fra gli uomini di una stessa razza, non è un fatto fortuito né il risultato di un capriccio; essa ha la sua causa nelle leggi della natura. Questa effervescenza, che in principio è a livello inconscio, non è che un vago desiderio, un'aspirazione indefinita verso qualcosa di migliore, un bisogno di cambiamento, i quali si traducono in una sorda agitazione, poi in azioni che conducono alle rivoluzioni sociali, le quali, sappiatelo, hanno anch'esse la loro periodicità, proprio come le rivoluzioni fisiche, poiché tutto si concatena. Se la vista spirituale non fosse arginata dal velo materiale, voi vedreste queste correnti fluidiche legare, al pari di migliaia di fili conduttori, le cose del mondo spirituale a quelle del mondo materiale.
Qualora vi si dica che l'umanità è giunta a un periodo di trasformazione, e che la Terra deve elevarsi nella gerarchia dei mondi, non cercate in queste parole alcunché di mistico, ma, al contrario, il realizzarsi di una delle grandi leggi fatali dell'universo, contro le quali s'infrange ogni malvolere umano.”
ARAGO
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L'umanità terrestre, giunta a uno di questi periodi di crescita, è nel pieno del suo lavoro di trasformazione da quasi un secolo. È per questo che si agita da tutte le parti, in preda a una sorta di febbre e come mossa da una forza invisibile, fino a quando non abbia ripreso il suo assetto su nuove basi. Chi la osserverà allora la vedrà molto cambiata nei suoi costumi, nel suo carattere, nelle sue leggi, nelle sue credenze, per dirla in breve, in tutto il suo stato sociale.
Una cosa che vi sembrerà strana, ma che non per questo è una verità meno rigorosa, sta nel fatto che il mondo degli Spiriti che vi circonda subisce il contraccolpo di tutti i sommovimenti che agitano il mondo degli incarnati; dico persino che vi prende parte attiva. Questa cosa non ha nulla di sorprendente per chiunque sappia che gli Spiriti fanno un corpo solo con l'umanità; che da questa essi escono e a questa devono ritornare; è perciò naturale che s'interessino ai movimenti che si operano tra gli uomini. Siate quindi certi che, quando sulla Terra avviene una rivoluzione sociale, essa sconvolge egualmente il mondo invisibile, e tutte le passioni buone e cattive vi si scatenano come accade presso di voi. Una indicibile effervescenza regna fra gli Spiriti che fanno ancora parte del vostro mondo e che attendono il momento di rientrarvi.
All'agitazione degli incarnati e dei disincarnati si aggiungono a volte, anzi il più delle volte, poiché tutto si svolge nella natura, le perturbazioni degli elementi fisici. Avviene allora, per un certo tempo, una vera confusione generale, che passa però come un uragano, dopodiché il cielo ridiviene sereno, e l'umanità, ricostituita su nuove basi, imbevuta di nuove idee, attraversa una nuova tappa di progresso.
È nel periodo che sta ora iniziando che si vedrà fiorire lo Spiritismo; e porterà i suoi frutti. È dunque per l'avvenire, più che per il presente, che voi lavorate. Ma era necessario che questi lavori fossero elaborati anticipatamente, poiché essi preparano le strade della rigenerazione per l'unificazione e la razionalità delle credenze. Felici quelli che se ne avvantaggiano fin d'ora: ciò sarà per loro tanto di guadagnato e tanto di pene risparmiate."
DOTTOR BARRY
Se, per il concatenarsi e per la connessione delle cause e degli effetti, i periodi di rinnovamento morale dell'umanità coincidono, come tutto induce a credere, con le rivoluzioni fisiche del globo, possono i suddetti periodi essere accompagnati, o preceduti, da fenomeni naturali. Tali fenomeni risultano insoliti per coloro che non vi sono abituati, così come sembrano strane certe meteore, o una particolare recrudescenza, o una atipica intensità, elementi inconsueti nei flagelli distruttori. Questi flagelli non sono né una causa né presagi soprannaturali, ma una conseguenza del movimento generale che si verifica nel mondo fisico e nel mondo morale.
Predicendo l'era di rinnovamento che avrebbe dovuto aprirsi per l'umanità e segnare la fine del vecchio mondo, Gesù ha dunque potuto dire ch'essa sarebbe stata segnalata da fenomeni straordinari, da terremoti, da vari flagelli, da segni nel cielo che altro non sono che meteore, senza abrogazione alcuna delle leggi naturali. Ma il volgo ignorante ha visto in queste parole l'annuncio di fatti miracolosi. [94]
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A colui che viva abbastanza a lungo da abbracciare i due versanti della nuova fase, sembra che un nuovo mondo sia nato dalle rovine del vecchio; il carattere, i costumi, gli usi, tutto è cambiato. Il fatto è che, in effetti, degli uomini nuovi o, meglio, rigenerati, sono nati. Le idee, che la generazione che si sta estinguendo ha portato con sé, hanno fatto posto, nella generazione che si eleva, a idee nuove.
È a uno di questi periodi di trasformazione oppure, se si preferisce, di crescita morale, che l'umanità è pervenuta. Dall'adolescenza essa sta passando all'età adulta; non può più bastare il passato alle sue nuove aspirazioni, alle sue nuove esigenze; non può più essere guidata con i medesimi metodi; non si accontenta più di illusioni e giochi di prestigio: sono necessari alla sua ragione ormai matura alimenti più sostanziosi. Il presente è troppo effimero. Sente che il suo destino è più vasto e che la vita corporale è troppo angusta per racchiuderlo interamente. È per questo che l'umanità spinge il suo sguardo nel passato e nell'avvenire, al fine di scoprirvi il mistero della sua esistenza e attingervi una consolante sicurezza.
Ed è proprio in questo momento — in cui l'umanità si trova troppo stretta nella sua sfera materiale, in cui prorompe la vita intellettuale, in cui sboccia il sentimento della spiritualità — che uomini, sedicenti filosofi, sperano di colmare il vuoto con le dottrine del nichilismo e del materialismo! Singolare aberrazione! Questi stessi uomini, che pretendono di spingere l'umanità in avanti, si sforzano invece di circoscriverla nello stretto cerchio del materialismo, mentre essa aspira soltanto a uscirne. Le negano all'umanità l'aspetto della vita infinita e, mostrandole la tomba, le dicono: Nec plus ultra!
Al contrario, quale ampiezza dà alla mente dell'uomo la certezza della perpetuità nel suo essere spirituale! Che cosa di più razionale, di più grandioso, di più degno del Creatore di questa legge, secondo la quale la vita spirituale e la vita corporale non sono che due modi di esistere, i quali si alternano per la realizzazione del progresso? Che cosa di più giusto e di più consolante dell'idea dei medesimi esseri che progrediscono incessantemente, dapprima attraverso le generazioni dello stesso mondo, e in seguito di mondo in mondo, fino alla perfezione, senza soluzione di continuità? Tutte le azioni hanno allora uno scopo, perché, lavorando per tutti, si lavora per sé stessi, e viceversa; in tal modo né il progresso individuale né il progresso generale saranno mai sterili. Entrambi questi progressi gioveranno alle generazioni e alle individualità future, che altro non sono se non le generazioni e le individualità passate, giunte a un più altro grado di avanzamento.
Questa è la fede che offre lo Spiritismo e che d'ora in avanti sarà il cardine sul quale si muoverà il genere umano, quali che siano i modi di adorazione e le credenze particolari.
È il progresso morale che abbatterà le barriere che separano i popoli, farà cadere i pregiudizi di casta e farà tacere gli antagonismi di setta, insegnando agli uomini a considerarsi fratelli chiamati ad aiutarsi a vicenda e non destinati a vivere gli uni a spese degli altri.
E sarà ancora il progresso morale che, assecondato a questo punto dal progresso dell'intelligenza, riunirà gli uomini in una medesima credenza, fondata sulle verità eterne, non soggette a discussioni e, per questo stesso motivo, accettate da tutti.
L'unità di credenza sarà il legame più potente, il fondamento più solido della fraternità universale, spezzata in ogni tempo dagli antagonismi religiosi, i quali dividono popoli e famiglie, i quali fanno vedere, nei dissidenti religiosi, dei nemici che bisogna fuggire, combattere, sterminare, anziché dei fratelli che bisogna amare.
Oggi l'umanità è matura per volgere il suo sguardo più in alto di quanto non abbia fatto finora, per assimilare idee più vaste e per comprendere ciò ch'essa finora non aveva compreso.
La generazione che scompare porterà con sé i suoi pregiudizi e i suoi errori. La generazione che sorge, ritempratasi a una fonte più pura, imbevuta di idee più sane, imprimerà al mondo il movimento ascensionale, nel senso del progresso morale, che dovrà segnare la nuova fase dell'umanità.
Manca, però, a queste riforme una base che permetta loro di svilupparsi, completarsi, consolidarsi; una predisposizione morale più generale per far sì ch'esse fruttifichino e che le masse le accettino. Ma ciò resta pur sempre un segno caratteristico del tempo, il preludio di ciò che si realizzerà su più vasta scala, nella misura in cui il terreno diventerà più propizio.
La nuova generazione
La Terra, secondo quanto dicono gli Spiriti, non dovrà essere trasformata da un cataclisma che annienterebbe all'improvviso una generazione. La generazione attuale scomparirà gradualmente, e la nuova le succederà allo stesso modo, senza che nulla venga cambiato nell'ordine naturale delle cose.
Tutto, esteriormente, accadrà dunque come d'abitudine, con questa unica, ma capitale differenza: una parte degli Spiriti che s'incarnavano sulla Terra non vi si incarneranno più. In ogni bambino che nasca, al posto di uno Spirito arretrato e portato al male che vi si sarebbe potuto incarnare, ci sarà uno Spirito più avanzato e portato al bene.
Molto meno che di una nuova generazione corporea, si tratta dunque di una nuova generazione di Spiriti. E, senza dubbio, è questo che Gesù intendeva dire con le parole: "In verità, io vi dico che questa generazione non passerà senza che questi fatti si siano verificati". Così, quanti si aspettavano di vedere la trasformazione compiersi con effetti sovrannaturali e meravigliosi saranno delusi.
Le due generazioni che si succedono hanno idee e punti di vista del tutto opposti. Dalla natura delle disposizioni morali, ma soprattutto dalle disposizioni intuitive e innate, è facile riconoscere a quale delle due generazioni appartiene ogni individuo.
La nuova generazione, quella che deve fondare l'era del progresso morale, si distingue per una intelligenza e una razionalità generalmente precoci, unite al sentimento innato del bene e delle credenze spirituali, le quali cose sono il segno indubbio di un certo grado di avanzamento anteriore. Tale nuova generazione non sarà affatto composta da Spiriti esclusivamente ed eminentemente superiori, ma da quegli Spiriti che, avendo già progredito, sono meglio disposti ad assimilare tutte le idee progressiste e più adatti ad assecondare il movimento rigeneratore.
Al contrario, ciò che distingue gli Spiriti arretrati è, innanzi tutto, la rivolta contro Dio attraverso il rifiuto di riconoscere che possa esistere una qualsiasi potenza al di sopra dell'umanità; poi, la propensione istintiva alle passioni, degradanti, ai sentimenti antifraterni dell'egoismo, dell'orgoglio, dell'invidia, della gelosia; infine, l'attaccamento morboso a tutto ciò che è materiale: la sensualità, la cupidigia, l'avarizia.
Sono questi i vizi da cui la Terra deve essere liberata attraverso l'allontanamento di coloro che rifiutano di emendarsi, poiché essi non sono compatibili con il regno della fraternità e poiché il contatto con loro costituirà sempre una sofferenza per gli uomini dabbene.
Quando la Terra se ne sarà liberata, gli uomini marceranno senza ostacoli verso quell'avvenire migliore che è loro riservato già sulla Terra, quale premio dei loro sforzi e della loro perseveranza, mentre attendono che una epurazione ancora più completa dia loro accesso ai mondi superiori.
La maniera in cui avviene la trasformazione è molto semplice e, come si vede, è interamente morale e non si discosta in nulla dalle leggi della natura.
Supponiamo che questi uomini vengano ritirati dal reggimento a uno a uno, a dieci a dieci, a cento a cento e che vengano via via rimpiazzati da un eguale numero di buoni soldati, anche da alcuni di quelli che erano stati espulsi, ma che si saranno seriamente corretti. Di lì a qualche tempo, si avrà sempre lo stesso reggimento, ma trasformato; il buon ordine sarà seguito al disordine. Lo stesso sarà dell'umanità rigenerata.
Essendo molti, malgrado le loro imperfezioni, quelli maturi per questa trasformazione, molti sono quelli che partono allo scopo di andare a ritemprarsi a una sorgente più pura. Fintantoché fossero rimasti nel medesimo ambiente e sotto le medesime influenze, essi avrebbero persistito nelle loro opinioni e nella loro maniera di vedere le cose. È sufficiente, per aprire loro gli occhi, un soggiorno nel mondo degli Spiriti, perché vi vedano ciò che sulla Terra non potevano vedere. Il miscredente, il fanatico, l'assolutista potranno così ritornare con idee innate di fede, di tolleranza e di libertà. Al loro ritorno, essi troveranno le cose cambiate e subiranno l'ascendente del nuovo ambiente dove saranno nati. Invece di fare opposizione alle idee nuove, ne saranno i cooperatori.
Quando questo miglioramento è isolato e individuale passa del tutto inosservato e non ha alcuna evidente influenza sul mondo. Ben diverso è l'effetto, allorché si agisca simultaneamente su grandi masse. In tal caso, infatti, a seconda delle proporzioni, in una generazione, le idee di un popolo o di una razza possono risultare profondamente modificate.
È ciò che quasi sempre si nota dopo i grandi sconvolgimenti che decimano le popolazioni. I flagelli distruttori distruggono soltanto il corpo, ma non raggiungono lo Spirito. Essi attivano il movimento di andirivieni tra il mondo corporale e il mondo spirituale e, in seguito, il movimento progressivo degli Spiriti incarnati e disincarnati. È da osservare che, in tutte le epoche della storia, alle grandi crisi sociali è generalmente seguita un'era di progresso.
I miscredenti rideranno di queste cose e le giudicheranno delle chimere; ma qualsiasi cosa dicano, non sfuggiranno alla legge comune; cadranno a loro volta come gli altri. E allora che sarà di loro? Essi dicono: Nulla! Ma, a dispetto di sé stessi, vivranno. E saranno, un giorno, costretti ad aprire gli occhi.