Età delle montagne
3. L'analisi
dei terreni squarciati dal sollevamento delle montagne e quella degli
strati che ne formano i contrafforti permette di determinare la loro età
geologica. Per età geologica delle montagne non bisogna intendere il
numero di anni della loro esistenza, ma il periodo durante il quale esse
si sono formate e, pertanto, la loro relativa anzianità. Sarebbe un
errore credere che questa anzianità sia in ragione della loro altezza
oppure della loro natura esclusivamente granitica, visto che la massa di
granito, sollevandosi, può avere perforato e separato gli strati
sovrapposti.
Si è così costatato, attraverso l'osservazione,
che i monti dei Vosgi, della Bretagna e della Costa d'Oro, in Francia,
che non sono affatto elevati, appartengono alle più antiche formazioni.
Essi datano dal periodo di transizione e sono anteriori ai depositi
carboniferi. Il Giura si è formato verso la metà del periodo secondario
ed è contemporaneo dei rettili giganteschi. I Pirenei si sono formati
più tardi, all'inizio del periodo terziario. Il Monte Bianco e il gruppo
delle Alpi occidentali sono posteriori ai Pirenei e datano dalla metà
del periodo terziario. Le Alpi orientali, che comprendono le montagne
del Tirolo, sono ancora più recenti, perché non si sono forniate che
verso la fine del periodo terziario. Alcune montagne dell'Asia sono
posteriori o contemporanee al periodo diluviale. Questi sollevamenti
hanno senz'altro dovuto dar luogo a grandi perturbazioni locali e a
inondazioni più o meno considerevoli, a causa dello spostamento delle
acque, dell'interruzione e del cambiamento del corso dei fiumi. [39]
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[39] Il secolo passato offre un notevole esempio di un fenomeno di
questo genere. A sei giorni di marcia da Città del Messico, si trovava,
nel 1750, una zona fertile e ben coltivata, dove crescevano in
abbondanza il riso, il mais e le banane. Nel mese di giugno, spaventosi
terremoti sconvolsero il suolo e si ripeterono senza tregua per due mesi
interi. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, la terra ebbe una
violentissima scossa. Un terreno di parecchie leghe di estensione si
sollevò a poco a poco e finì per raggiungere un'altezza di 500 piedi, su
una superficie di 10 leghe quadrate. Il terreno ondeggiava come le onde
del mare sotto il mugghiare della tempesta; migliaia di cumuli di
terreno si sollevavano e s'inabissavano di volta in volta. Alla fine si
spalancò un crepaccio di quasi 3 leghe; fumo, fuoco, pietre roventi e
cenere furono lanciati a un'altezza incredibile. Da questa immensa
voragine sorsero sei montagne, fra le quali un vulcano, cui è stato dato
il nome di Jorullo, si eleva oggi a 550 metri sopra l'antica pianura. Nel momento in cui incominciarono le vibrazioni del suolo, i due fiumi Cuitimba e San Pedro, rifluendo
all'indietro, inondarono tutta la pianura occupata oggi dal vulcano
Jorullo; ma nel suolo che sempre s'innalzava, si aprì una voragine e li
inghiottì. Essi riapparvero a ovest, in un punto molto distante dal loro
antico letto (Louis Figuier, La Terra prima del diluvio).
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