34. Stranamente
s'ingannerebbe circa il nostro modo di vedere chi supponesse che noi
consigliamo di trascurare i fatti. È attraverso i fatti che siamo
arrivati alla teoria. È vero che ci è occorso per questo un lavoro
assiduo di parecchi anni e di migliaia di osservazioni; ma poiché i
fatti ci sono serviti e ci servono tutti i giorni, saremmo incoerenti
con noi stessi se ne contestassimo l'importanza, soprattutto ora che
stiamo realizzando un libro destinato a farli conoscere. Noi diciamo
soltanto che senza il ragionamento essi non sono sufficienti a
determinare la convinzione. Una spiegazione preventiva, invece, la quale
distrugga i preconcetti e dimostri che essi non sono per nulla opposti
alla ragione, dispone ad accettarli.
Questo è così vero che, su dieci persone completamente agli esordi,
le quali assisteranno a una seduta di sperimentazione — fosse pure una
delle più soddisfacenti dal punto di vista degli adepti — nove usciranno
senza essere convinte, e alcune saranno più incredule di prima, poiché
gli esperimenti non avranno corrisposto alla loro aspettativa. Avverrà
completamente il contrario con quelle persone che potranno rendersene
conto attraverso una conoscenza teorica anticipata. Per loro si tratta
di un mezzo di controllo, ma nulla le sorprende, neppure l'insuccesso,
poiché esse sanno in quali condizioni i fatti si producono, e che non
bisogna da tali fatti aspettarsi se non quello ch'essi possono dare. La
loro preventiva conoscenza, dunque, le mette in grado di rendersi conto
di tutte le anomalie, permettendo di cogliervi un'infinità di dettagli e
di gradualità spesso delicatissime. Questi sono per loro mezzi di
convincimento che sfuggono all'osservatore ignorante.
Tali
motivi ci inducono ad ammettere alle nostre sedute sperimentali
solamente le persone che possiedono delle nozioni preparatorie
sufficienti per comprendere quello che vi si fa, persuasi che le altre
persone vi perderebbero il loro tempo o ci farebbero perdere il nostro.